di Domenico Nicoletti*
Parco del Cilento, la cima innevata del Gelbison
I Comuni cilentani vendono i boschi a imprese del Nord
Dopo averci scaricato rifiuti speciali e pericolosi, le imprese del nord vengono al sud per comprarsi anche l’ossigeno, avviando una pressante campagna di acquisizione dei boschi nel Cilento e Vallo di Diano per un nuovo affare, ampiamente sconosciuto alle nostre comunità, ma di più, a chi ha responsabilità politiche ed amministrative per le nuove economie (verdi) dei nostri territori. L’affare riguarda i crediti di carbonio a cui sono sottoposti i paesi industrializzati per compensare il bilancio di carbonio (somma delle emissioni di Co2 e gli assorbimenti naturali – sintesi clorofilliana). In un anno, un bosco di mille ettari assorbe le emissioni di Co2 di diecimila automobili. Il costo industriale per la riduzione di Co2 è tra 32 e 49 euro per tonnellata. Secondo Kyoto, l’utilizzo di sink agro-forestali è rilevante nel breve periodo, perché riforestazione e nuova gestione agricola sono processi veloci e a basso costo rispetto alla riconversione dei sistemi industriali. I nostri sindaci pressati dallo spopolamento e dai tempi lunghi delle burocrazie, vengono stretti nelle morse del bisogno e cedono i boschi per il versamento annuo dei mancati tagli, l’assistenza tecnica alle certificazioni e l’assunzione per le famose 150 giornate di un numero di persone corrispondente alla “svendita”. Sì, perché di SVENDITA si tratta in quanto il ricavato dai boschi, anzi dai crediti va per il 25% al Comune e per il 75% alla Società acquirente che li spenderà al migliore offerente sul mercato dei crediti. Da gennaio 2008 è scattato, in Europa, lo scambio di emissioni di anidride carbonica per i settori industriali che consumano più energia, come previsto dalla “emissions trading” (commercio d’emissioni). Si tratta di uno strumento del “protocollo” di Kyoto (vertice internazionale del 1997 che ha studiato strategie contro l’inquinamento) che ha stabilito di ridurre la presenza dei gas serra nell’atmosfera, in particolare di Co2. Due le strategie da attuare: diminuire le emissioni e aumentare la superficie forestale (sink) che assorbe Co2. Secondo il principio che “chi inquina paga” molte delle industrie del nord dovranno ricorrere ai crediti di carbonio registrati presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Forestali e Alimentari, secondo quanto previsto dalla Delibera Cipe n.123/2002. Nel Cilento e Vallo di Diano, nessuno sa, nessuno vede, nessuno interviene sulle nostre risorse primarie. L’ambiente e la natura che si riscattano e offrono nuove opportunità di lavoro e prospettive vengono amaramente “svendute”. Le prospettiva di futuro, le strategie di valore sono faticose e richiedono impegno e troppo tempo per raccogliere risultati. Dato che il fenomeno ha già avuto esiti operativi con contratti sottoscritti e “certificati” mi chiedo, dov’è il parco, dov’è la cultura ambientalista, dove sono i responsabili di questi furti a danno delle nostre future generazioni.
*Direttore della Scuola di Alta Formazione per la P.A. delle Aree Protette. Ex direttore del Parco del Cilento
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