di Daniele Lencioni
Tempi imprevedibili questi.
Per chi mangia e per chi beve.
Tempi dove spesso si cerca di capire con cautela quale territorio si stia calpestando, quando in realtà il confine è già stato varcato abbondantemente.
Tempi di invitanti smarrimenti, dove il solido perde solidità e il liquido assume staticità, tempi dove non si può più pensare all’alimento come organismo morto o reciso e reso appetitoso per averlo sottoposto a repentini cambi di temperatura.
Gli ingredienti diventano sensazioni e intenzioni, diventano ingredienti puri, senza se e senza ma.
E’ a questo punto del mio, non certo innovativo, ragionamento che l’idea di bere una pizza diventa un pensiero ricorrente.
Tra i numerosi piatti che hanno ispirato cocktail e cocktail che hanno ispirato piatti, la pizza rimane un territorio a se stante, si, è vero, in molti ne hanno dato la loro versione, personale o classica, discutibile o geniale, di tutto si può dire sulla pizza tranne che rimane una pietanza stabile nel tempo. La pizza si muove nel tempo pur non perdendo la sua classica impostazione.
E allora.
Credo.
Con la giusta dose di ilarità.
Sia venuto il momento di provare a berla.
Premetto che i mesi in cui mi sono dedicato a questo gioco di liquefare la pizza mi sono stati veramente utili per la difficoltà far legare gli ingredienti con la giusta consistenza e sperimentare quindi varianti interessanti.
L’idea di base invece è arrivata subito e ve la spiego.
Quando parlo di pizza, intanto, parlo di Margherita. L’indiscussa prima donna.
Bene, prendiamola e scomponiamo gli ingredienti che la formano.
La farina e il cereale, combinato con il lievito.
Chi meglio della vodka, il distillato di origine cerealicolo (che per mezzo del lievito fermenta) puro cristallino per eccellenza può formare la nostra base.
Combinato con un goccio di vermouth dry (unico ingrediente estraneo alla pizza) per dare quella struttura cocktail di cui comunque ho bisogno.
Facciamo così un piccolo vodkatini.
Ma non un vodkatini comune, mancherebbe la densità giusta per sostenere la mozzarella, lo vado ad arricchire di una parte di acqua di basilico ottenuta in crio macerazione e fortificata con xantano.
Adesso si che abbiamo la forza per adagiarvi sopra la mozzarella.
Mozzarella di bufala campana ovviamente, lavorata e alleggerita.
E questa è stata la parte più faticosa.
La mozzarella viene spezzettata e frullata con una parte del suo siero e una parte di latte di bufala, viene passata al setaccio e mescolata ulteriormente.
Si aggiunge un preparato a base di lecitina di soia per ottenere un velluto inglobando aria sul fondo.
La adagiamo sul vodkatini precedentemente versato in coppa.
Il pomodoro lo spolveriamo a chiudere la nostra ricetta (meglio se polvere di pomodoro ottenuta per essiccazione di pomodorini campani) decorando infine con una foglia di basilico fresco.
Questa è a mia idea, bella, banale, provocatoria, stupida, carina, di pizza in coppa da sorseggiare.
Mi sono divertito.
Vorrei infine ringraziare gli chef Igles Corelli e Marco Cahssai per i preziosi consigli.
Salute!
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