C’è un conto lasciato in sospeso dal successo della viticoltura campana, un luogo comune solido come il granito nonostante la verità dimostrata dai grandi vini prodotti negli ultimi quindici anni. Il conto si chiama spumante, il pregiudizio è quello secondo il quale al Sud non è possibile fare buone bollicine, proprio come si diceva per i rossi o per i bianchi sino a qualche tempo fa. Feudi di San Gregorio ha voluto fare questa scommessa con Anselme Selosse: la Falanghina Dubl e l’Aglianico rosato Dubl, entrambi del 2004, hanno fatto ufficialmente il loro debutto sulla terrazza del San Pietro di Positano aprendo le danze alla serata «Il gusto per la ricerca» organizzata dalla famiglia Cinque a favore della Fondazione Città della Speranza di Padova e della Casa Myriam di Meta di Sorrento. Centomila euro battuti all’asta da Davide Paolini che è riuscito a vendere cappelli, cinture, giacche, bandane di Alois Vanlangenaeker, Moreno Cedroni, Massimiliano Alaimo, Michel Troisgros, Massimo Bottura e Annie Feolde impegnati a cucinare le loro ricette in una serata memorabile, abbinate al Meursault 200 di Coche Dury, al Clos de la Roche 2001 di Ponsot, alle magnum di Chateau Evangile 1997 e Chateau Eglise Clinet 1997, al mitico Chateu Leoville La Cases 1994 e infine alla Chateau d’Yquem 1995. Certezze nel piatto e nel bicchiere, con qualche delusione per lo Chardonnay Dury troppo dominato dalle note tostate della barrique. Ma con la assoluta novità del debutto del progetto bollicine di Selosse: «Quando pensiamo al Sud siamo abituati a considerare qualcosa di dolce, lavorando a Sorbo Serpico ho visto invece la durezza di questa terra colpita dal terremoto ed è questa austerità che ho cercato di trasferire nel bicchiere». La Falanghina Dubl 2004 ha dimostrato di avere carattere accompagnando gli apetizer, risponde immediatamente allo stile campano perchè è caratterizzata dalla freschezza, il naso è assolutamente agrumato, la struttura imponente, un grande bianco con lo scheletro minerale da masticare. Durante la cena, però, è venuto fuori il rosato nel quale gioca un ruolo importante per il naso la misteriosa percentuale di fiano inserita nell’aglianico, sicché lo spumante è andato avanti a tutto pasto rivelando la consueta poliedricità di questa tipologia: dal tonno con il gelato di senape di Cedroni alla classica «parmigiano story in 5 consistenze» di Mottura, passando per il maccherone con succo di carne di Alajmo capace di riportarmi ai piatti infantili degli anni ’60 quando ai bimbi si dava appunto il succo di carne per aiutarli a crescere. Entrambe le bollicine hanno mantenuto il tono alto della beva, rispetto al cibo come agli altri vini, sicché alla fine concordiamo con Selosse e con i Feudi: sì, un altro sogno è possibile. Qui, in Campania.