Il nuovo DPCM del Governo, presentato come al solito con una conferenza stampa del Presidente Giuseppe Conte, ha il sapore della beffa. La chiusura dei ristoranti, delle pizzerie, dei bar e delle gelaterie prevista per le ore 18.00 a partire da lunedì 26 ottobre e fino al 24 novembre, sa tanto di funerale.
In pratica non avendo a disposizione le risorse, aggiungo io male impiegate, durante lo scorso lockdown, il Governo ha disposto una misura che mette in grave difficoltà il comparto ristorativo, senza chiuderlo definitivamente e quindi senza doverlo ristorare economicamente per intero.
Una scelta che dimostra ancora una volta il fallimento delle associazioni di categoria legate alla ristorazione e di un peso specifico quasi inesistente. Il Governo ha scelto il capro espiatorio, quello che ha rispettato le regole anti contagio, più di tutti. Non sono tardati gli sfoghi e le loro considerazione amare di alcuni tra gli chef più noti in Italia.
Antonino Cannavacciulo: «Ci siamo messi in regola da maggio, rispettando leggi e regolamenti, riducendo i coperti, prevedendo i distanziamenti. Abbiamo fatto tutto per riaprire in sicurezza – ha detto in un’intervista esclusiva a Cook del Corriere della Sera – e ora rischiamo di dover chiudere un’altra volta. Non dovevamo arrivare a questo punto. Per l’impegno che ci abbiamo messo non ce lo meritiamo. Ci organizzeremo come abbiamo sempre fatto – ha spiegato Cannavacciuolo – Dopo di che, però, perché ci siamo ridotti così? Quest’estate abbiamo visto feste ovunque, barche piene… E i ristoratori che hanno, giustamente, rispettato le regole ora si trovano di nuovo a rischio chiusura. No, bisognava evitare di allentare troppo nei mesi scorsi. Del resto, l’Italia ha fatto un ottimo lavoro chiudendosi per mesi. All’estero, invece, dove hanno aperto troppo presto o non hanno mai chiuso stanno peggio di noi. Questo vantaggio non andava sprecato».
Davide Oldani: «La salute pubblica, quella dei clienti e dei nostri collaboratori ha la priorità. Seguiremo le regole, come del resto abbiamo fatto in questi mesi – ha spiegato a Cook del Corriere della sera-. Naturalmente è un colpo pesante per noi ristoratori»
Andrea Berton: «È una situazione difficile, ma ci voleva più attenzione per le attività di ristorazione. Forse era giusto diversificare tra le differenti attività e i non penalizzare chi ha fatto tanti sforzi e investimenti per rispettare regole e protocolli, in modo da garantire la sicurezza»
Ciccio Sultano: «il mio ristorante come chiunque si sia attenuto alle regole e le abbia fatte rispettare, ha rappresentato una sorta di presidio medico. Nel mare magnum della ristorazione le situazioni e i comportamenti non sono sempre gli stessi. Fare di tutta l’erba un fascio, di solito, denota un fondo di paura o di incomprensione della realtà»
Niko Romito: «Questo decreto mi sembra ipocrita perché ci lascia aperti come contentino ma di fatto, chiudendoci a cena, quando la maggior parte di noi lavora di più, taglia oltre il 60 per cento del nostro fatturato. Sarebbe stato più responsabile chiudere tutti i ristoranti per 20 giorni e darci un ristoro economico. Così invece è folle, anche la gestione dei dipendenti: cosa facciamo, li mettiamo part time? E ancora: con che spirito la gente viene al ristorante se i tavoli devono essere da 4 e solo per congiunti? Tutto ciò ci danneggia e basta»
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