
di Chiara Giorleo
Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane. Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Roberta Ceretto
Terza generazione di una delle più storiche ed eclettiche famiglie vinicole piemontesi.
Viaggiatrice per passione, studio e lavoro non può fare a meno di tornare alle sue amate colline.
Una laurea in lingue straniere alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino con tesi sulla Letteratura Sud Africana, sceglie però la famiglia e le Langhe alla carriera universitaria.
Nel 1999 inizia a lavorare in famiglia ed è subito coinvolta nel progetto di ristrutturazione della cappella delle Brunate di La Morra (oggi più conosciuta come Cappella del Barolo) reinterpretata coi colori degli artisti Sol LeWitt e David Tremlett. Da allora l’arte è la sua passione che coniuga con il lavoro che maggiormente la vede impegnata ovvero le pubbliche relazioni, la promozione, il marketing e l’organizzazione di eventi per tutte le ormai numerose attività di famiglia, sia vinicole sia ristorative, sono di proprietà della famiglia i ristoranti albesi La Piola e il tristellato Piazza Duomo.
Assieme al fratello Federico e ai cugini Alessandro e Lisa da gennaio 2019 è alla guida delle Aziende Vitivinicole Ceretto srl e ne è Presidente. Dal 2017 produce spumante Alta Langa nella casa natia del marito a Vicoforte, il Monsignore.
Da 9 anni anche mamma di un piccolo uragano di nome Bruno.
Quando e come hai iniziato a fare vino?
La verità? Concretamente, lavorando in vigna e in cantina in prima persona nel 2013 quando con mio marito Giuseppe abbiamo pensato di scommettere su un progetto nuovo e folle in un territorio un po’ marginale rispetto ai blasonati Barolo e Barbaresco. Quell’anno abbiamo piantato i primi vigneti di Pinot Nero e Chardonnay attorno a casa dei suoi genitori a Vicoforte di Mondovì che hanno dato il la alla prima bottiglia di Alta Langa Monsignore nel 2017.
Naturalmente scherzo, perché nel vino ci sono nata e da sempre le vendemmie o le degustazioni hanno caratterizzato la mia vita. Ho ricordi ben precisi di me a 5/6 anni addormentata sui divanetti di alcuni dei più straordinari ristoranti d’Italia dove mio padre ci portava per incontrare clienti o cuochi così come sembrano immagini di ieri nei miei occhi le feste della raccolta in autunno dove con mia cugina correvamo tra i filari e nonna Emilia cucinava per i vendemmiatori (ma erano altre decadi e la Ceretto era una microscopica realtà).
Mio padre Bruno e mio zio hanno vissuto intensamente la cantina. Pur avendo ereditato l’attività dal loro genitore Riccardo che ha fondato la Ceretto, loro hanno plasmato cosa adesso io, mio fratello Federico e i miei 2 cugini Alessandro e Lisa, ci troviamo a condurre. Noi figli eravamo spesso coinvolti nella loro attività, di riflesso, come accade ora anche a me con il piccolo Bruno.
Credo che il mio ricordo possa essere comune a tanti figli di produttori che hanno dedicato la loro vita a realizzare un sogno, bellissimo, che ci hanno poi consegnato. Il lavoro se vissuto con passione come ha fatto mio padre prima e come accade ora a me, lo vuoi condividere con la tua famiglia.
La tua cantina è parte integrante della tua quotidianità.
Viverne ogni fase è stato naturale, non ci sono state imposizioni e tutti noi abbiamo avuto la possibilità di scegliere se partecipare a questo progetto o restarne fuori. Io ci sono arrivata per vie traverse per esempio, attraverso l’arte. Ricordo esattamente quando ho iniziato a lavorare a tempo pieno per la mia famiglia, era il 7 giugno 1999, primo giorno del cantiere della cappella alle Brunate, che ora tutti chiamano Cappella del Barolo. Un progetto apparentemente lontanissimo per un vignaiolo poiché coinvolgeva due pittori ai quali chiedemmo di trasformare un’antica ma anonima chiesetta sconsacrata. Condividere il tempo con i due artisti che per un’estate mi hanno inondata di domande sul luogo, sulla mia famiglia, sul territorio e i suoi prodotti mi ha fatto appassionare al lavoro della mia famiglia, a ciò che significava produrre vino, coltivare un vigneto, perpetrare una cultura vero solo enologica ma intrisa di storia delle nostre colline e unica come sanno esserlo le Langhe. Io ho una formazione umanistica, una laurea in letteratura inglese, e sud africana nello specifico, però mi sono appassionata, ho studiato, ho visitato, degustato tanto e poi mi sono ritagliata incarichi che non sono concretamente legati alla produzione o alla gestione del vigneto (quello è un compito che è stato seguito prima da mio zio Marcello e ora da mio cugino Alessandro) ma ruoli più inclini al marketing e alla comunicazione, all’organizzazione di eventi e progettazione di iniziative culturali.
Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
Io sono nata in una terra di rossi di grande carattere, dove la terra ha un’ascendenza determinante sul vino, nelle Langhe le colline hanno nomi propri perché ognuna ha una sua espressione. Da sempre queste caratteristiche sono state associate ad un’altra regione enologica d’oltralpe, la Borgogna e quindi mi son trovata molto spesso a scegliere come meta di visita le cantine di questo specifico distretto. Poi, amo la Champagne che ho girato anche prima della nuova avventura di Monsignore. Da quando negli ultimi 20 anni abbiamo voluto aprire la nostra attività all’importazione di vini stranieri, soprattutto dalla Borgogna e dalla Champagne con regolarità organizziamo visite e qui, ormai, abbiamo molti amici e nel tempo si sono creati bellissimi momenti di scambi sui rispettivi vini e idee di produzione.
Qual è la tua firma stilistica?
Amo i vini con carattere che non va confuso con la potenza. Mi piace l’armonia nei vini, ovvero quando si fondono eleganza, piacevolezza e persistenza.
Come ti muovi in azienda in tema di sostenibilità, anche sociale?
La sostenibilità è un tema molto caro che decliniamo in più aree. Da quando la mia generazione è entrata in azienda ci siamo impegnati ad un enorme ristrutturazione in ambito agricolo. A guidarci e motivarci è stato mio cugino Alessandro, che interessandosi direttamente di vigneti, ci ha appassionato sul tema del rispetto del patrimonio viticolo. Abbiamo letteralmente ribaltato le regole, forse destabilizzando alcuni storici collaboratori perché quando si affrontano argomenti legati a certe pratiche, quindi la biodinamica, spesso si viene fraintesi. Immaginate nei primi anni 2000. Eravamo dei veri pionieri. Mi piace pensare che il rispetto possa essere la chiave di lettura di un bel lavoro e quindi per noi il rispetto parte da come conduci il tuo vigneto.
Però la sostenibilità per noi è sempre stata anche umana. Noi siamo e viviamo la cantina come una famiglia e quindi si cerca di avere rispetto e comprensione per i collaboratori. Senza di loro non potremmo raggiungere tutti gli obiettivi che ci poniamo. Da anni per esempio, delle molte cascine acquistate assieme a vigneti abbiamo scelto di ristrutturarne e dare casa ad alcuni di loro. Siamo tutti ben consapevoli che l’agricoltura nel nostro paese è portata avanti da centinaia di persone che arrivano nel nostro paese da ogni angolo d’Europa e del mondo e quindi fondamentale trovare un luogo dove farli vivere. Noi ristrutturiamo e preserviamo dei casolari che sarebbero abbandonati e loro trovano casa, confesso a volte anche in luoghi bellissimi di Langa.
Qual è/può essere il contributo della donna rispetto a queste nuove sfide?
Per una donna effettivamente le sfide si ripresentano e nuove tutti i giorni Io penso di essere fortunata perché in una famiglia i ruoli non vengono tanto percepiti in base al sesso. Noi siamo 4, due maschi e due femmine ma non esiste alcun privilegio o limite legato al genere.
Ritengo anche però che non si dovrebbe più parlare o estremizzare le possibili diversità tra uomo e donna. Ci sono concretamente attività dove la donna è svantaggiata se è richiesta forza fisica, ma abbiamo saputo dimostrare che possiamo confrontarci negli stessi campi degli uomini con pari risultati.
Nella quotidianità l’apporto che possono dare le donne è soprattutto nella resilienza, nel saper affrontare le sfide con forza, determinazione ma anche con gentilezza. Siamo perseveranti e non molliamo mai un obiettivo.
Il ruolo della donna è adeguatamente riconosciuto nel nostro settore a tuo parere?
Nel 1999 quando mi affacciavo a questa attività la presenza femminile era decisamente minoritaria. Pochissime le produttrici, pochissime le sommelier. Ora c’è una nutrita presenza femminile. Donne e ragazze bravissime e preparatissime che lavorano in vigna, gestiscono cantine, producono, vendono, consigliano vini.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Mi piace iniziare a parlare dei vantaggi, che preferisco pensare come delle opportunità. Produrre vino significa conoscere il passato della tua terra di origine, rispettarlo e tramandarlo alle generazioni successive. Ci vogliono decadi prima che il lavoro di un produttore veda dei risultati e quindi ciò che io oggi posso fare o pensare avrà un riscontro nella generazione successiva alla mia, quella di mio figlio. Trovo questo pensiero straordinario. Il nostro è un lavoro svolto nel presente che però è proiettato al futuro e attinge al passato. Questo ci deve far riflettere molto bene sulle scelte che intraprendiamo.
Voglio aggiungere anche l’aspetto umano che accompagna la nostra attività. Noi incontriamo tantissime persone, le ospitiamo, ci confrontiamo sia in cantina sia nei nostri ricorrenti viaggi ma molto spesso siamo testimoni e compagni inconsapevoli di momenti memorabili nelle vite di chi sceglie le nostre bottiglie. Regaliamo felicità alle loro celebrazioni, ai compleanni, alle cene con gli amici, sulle tavole del Natale o durante i matrimoni. Una bottiglia di vino intercetta il lato emotivo di chi la apre, lo rende speciale. Ho un ricordo bellissimo di un viaggio in Germania, ad Hannover. A fine cena un ragazzo si avvicina al mio tavolo e da uno zaino estrae una bottiglia di un nostro Barolo 1964 che voleva condividere assieme a me in ricordo del nonno appassionatissimo di vini e nostro collezionista. Sapendo della serata dedicata a Ceretto aveva voluto partecipare e ricordare il nonno morto recentemente brindando con me ed una nostra bottiglia. Ho trovato tutto estremamente commovente e mi ha fatto capire la potenza di un ricordo che una bottiglia può evocare.
Ora gli aspetti negativi ma penso di non dire nulla di nuovo e di unirmi ad un coro di voci che lamentano la troppa carta da firmare, i lunghi passaggi da affrontare nella labirintica quotidianità della burocrazia italiana.
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 1| Manuela Piancastelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 2| Donatella Cinelli Colombini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 3| Angela Velenosi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 4 | Chiara Boschis
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 5| Elena Fucci
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 6 | Graziana Grassini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 12| Chiara Soldati
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 13| Elisabetta Pala
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 14| Elena Walch
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 15| Barbara Galassi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 16 | Chiara Lungarotti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 17 | Pina Terenzi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 18| Lucia Barzanò
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 19| Vincenza Folgheretti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 20| Eleonora Charrère
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 21| Daniela Mastroberardino
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 22| Carla e Laura Pacelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 23| Valentina Abbona
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 24| Camilla Lunelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 25| Carolin Martino
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 26| Marzia Varvaglione
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 27| Antonella Cantarutti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 28 | Marta Trevia
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 29| Pia Donata Berlucchi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 30| Nadia Zenato
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 31| Federica Boffa Pio
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 32| Chiara Condello
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 33 | Sabrina Tedeschi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 34| Marianna Annio
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 35| Laura Verdecchia
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 36| Milena Pepe
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 37| Silvia Tadiello
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 38| Le sorelle Cotarella
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 39| Albiera Antinori
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 40| Antonella Lombardo
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