Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Milena Pepe
Milena Pepe è nota per la determinazione, la passione per il suo lavoro, l’approccio spontaneo alle pubbliche relazioni con quell’accento francese che la caratterizza. Professionista scrupolosa di formazione internazionale, enologa attenta, imprenditrice di successo, è l’erede della tradizione di famiglia, legata all’amore per il vino e per la propria terra. Sono questi i valori che hanno proiettato l’Azienda Tenuta Cavalier Pepe nel panorama internazionale del settore enologico di alta qualità in appena due decenni.
Nasce a Bruxelles da madre belga e padre italiano, originario dell’Irpinia. Ai tempi del Liceo si impegna tra scuola, scout, catechismo, corsi di lingua e ristorante di famiglia. Si laurea in Marketing e gestione aziendale. Si specializza in Marketing del Vino, Viticultura ed Enologia in Francia. Nel 2005 arriva in Italia per portare avanti il sogno di famiglia nel cuore dell’Irpinia. Sposata e con due figli è l’immagine di Tenuta Cavalier Pepe – Tenuta Cavalier Pepe – Un Sogno nel cuore dell’Irpinia (tenutapepe.it)
Quando e come hai iniziato a fare vino?
Ho preso le redini dell’azienda nel luglio del 2005. Avevo 25 anni. Ho realizzato la mia prima vendemmia con 23 ettari di vigneti, piantati da mio padre Angelo Pepe e dalla sua famiglia. Così, ho iniziato a vinificare e a produrre i nostri primi vini: Fiano di Avellino DOCG, Greco di Tufo DOCG, Taurasi DOCG, Coda di Volpe DOC ed Irpinia Aglianico DOC. Ero arrivata in Irpinia dopo la laurea in Marketing e gestione aziendale all’Ephec e la borsa di studio “Erasmus” in Olanda, alla HOOGENSCHOOL di Utrecht, per potermi specializzare in Comunicazione e Management. Avevoiniziato i miei studi tecnici in Francia.
Qui, avevo frequentato il corso di Marketing del Vino presso “l’Universitè du Vin” a Suze-la-Rousse in Provenza e il corso di Viticoltura ed Enologia a Macon-Davayé in Borgogna, per poter approfondire gli aspetti tecnici relativi alla gestione di un vigneto e alle vinificazioni. In principio, la cantina non era ancora strutturata.
Ho portato avanti la vendemmia e le vinificazioni con uve che per me erano totalmente nuove, affiancata da mio zio Giuseppe che gestiva i vigneti e dall’enologo Raffaele Inglese.
All’inizio, come per tutti coloro che cominciano una nuova attività, dovevo seguire tutto; lavoravo come cantiniere, curavo l’amministrazione, la scelta dei fornitori e dei prodotti, la creazione della rete di vendita e il marketing.
Giornalmente, mi dovevo confrontare con le difficoltà del territorio e con la legislazione che regolamentava il mondo del vino.
Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
La mia fonte d’ispirazione è legata alla mia formazione in Francia. Ho lavorato presso due cantine a gestione familiare nelle Côtes du Rhône. Presso “le Domaine Chapoutier” a Tain l’Hermitage, una cantina situata nel cuore della DOC francese, vocata alla produzione del Syrah, mi sono concentrata sulla tecnica della degustazione, sull’accoglienza e sulla vendita dei vini agli ospiti.
A “Le DomaineLA Janasse” à Châteauneuf-du-Pape, ho seguito la vendemmia e le vinificazioni di diverse uve autoctone.
Grazie allo stretto contatto con i produttori, ho appreso il loro lavoro e il loro rigore per la produzione di vini a forte personalità territoriale.
Per me, questi anni di studio e formazione sono stati fondamentali, per assimilare i valori di agricoltori che producono vini fortemente legati al territorio, di cui diventano un emblema.
Una volta arrivata in Irpinia, ho sempre cercato di applicare questi valori al mio contesto, al territorio e alle uve irpine, che ritengo siano straordinarie.
Ho cercato di creare legami con produttori irpini che avevano la mia stessa sensibilità, entrando a far parte di associazioni di produttori locali.
In Italia, guardo con ammirazione a diversi produttori e produttrici della Toscana e del Piemonte,che considero modelli per la qualità dei vini che producono e per l’accoglienza degli ospiti. Con il tempo, hanno saputo creare un forte brand, riconosciuto anche all’estero, che è sinonimo di qualità nel mondo intero.
Qual è la tua firma stilistica?
Considero importante la biodiversità e il rispetto per quello che offre il territorio, ad iniziare dalla vigna, per una gestione sempre più controllata del nostro impatto sull’ambiente. Mi sono sempre dedicata all’aspetto agronomico, puntando,
ad esempio, sulla selezione massale, che garantisce longevità alle nostre vigne e permette di avere dei vini più identitari. Sono vini definiti anche gastronomici perché pensati per accompagnare i pasti, valorizzando la gastronomia italiana.
Nei vini che creo per la Tenuta ricerco equilibrio, pulizia olfattiva, complessità, struttura e freschezza.
Tutto questo restando sempre fedele alle caratteristiche delle diverse vigne dove vengono coltivate le uve, lavorando in modo diverso su ogni particella, valorizzando il patrimonio di partenza con fedeltà all’espressione del territorio.
Come ti muovi in azienda in tema di sostenibilità, anche sociale?
È un tema importantissimo, al quale mi dedico personalmente. Sono molto orgogliosa del fatto che la Tenuta Cavalier Pepe è
stata tra le prime aziende in Campania ad ottenere la Certificazione di Sostenibilità secondo lo Standard Equalitas, rilasciata da Agroqualità SpA, che affronta il tema secondo i tre pilastri: ambientale, sociale ed economico. Per me è primario il tema legato alla sostenibilità e al rispetto dei criteri ESG su tutta la catena del valore, ad iniziare da una corretta gestione della vigna e delle operazioni di cantina fino ad arrivare al packaging. In quest’ottica, la Tenuta limita l’utilizzo di fitofarmaci e diserbanti, utilizza pratiche naturali, come il sovescio, per la concimazione del terreno e non usa insetticidi. Massima è la cura in cantina, dove gli interventi sono minimi, osservando l’andamento naturale che porta l’uva a diventare vino e impattando il meno possibile sul vino. Il senso di responsabilità è un altro elemento chiave della Tenuta. Siamoconsapevoli che ogni cantina deve battersi per conservare l’integrità delle denominazioni e il proprio sistema di qualità, attenendosi ai disciplinari. Per questo motivo, abbiamo formalizzato il nostro impegno, redigendo la Politica della Sostenibilità e il Bilancio di Sostenibilità. Abbiamo conseguito la Certificazione SQNPI (sistema di qualità nazionale per la produzione integrata), una garanzia di qualità per le attività in vigneto, al fine di salvaguardare la salute del territorio e dei consumatori, ma anche quella dei viticoltori. Inoltre, Sensobio è un progetto sperimentale che utilizza tecnologie avanzate, a basso impatto ambientale, per il monitoraggio dei vigneti, tramite l’utilizzo di sensori ecocompatibili e biodegradabili, che permettono un miglioramento della gestione agricola,
per mezzo di centraline meteo di ultima generazione che rilevano in tempo reale le condizioni climatiche in vigna. La selezione massale è una pratica che la Tenuta Cavalier Pepe ha intrapreso da 10 anni per l’impianto dei nuovi vigneti. Tenendo sotto continua osservazione le vigne storiche dell’areale irpino, esperti vivaisti provvedono a selezionare ed isolare le migliori piante di Aglianico, Coda di Volpe, Greco e Falanghina, dalle quali sono prelevate le marze per le barbatelle, oppure per innestare direttamente in campo su piede selvatico. La pratica dell’innesto a gemma permette alle piante di vivere più a lungo ed in modo più sano. Dal punto di vista sociale,tuteliamo i lavoratori e i consumatori, sensibilizziamo il pubblico sulla nostra realtà e sul nostro lavoro attraverso tour in azienda, dove avviciniamo le persone al mondo rurale e al contatto con la natura, anche con laboratori speciali per i bambini.
Qual è/può essere il contributo della donna rispetto a queste nuove sfide?
Dalla mia esperienza personale, posso dire che il contributo della donna in queste nuove sfide è prezioso ed indispensabile. Le donne possono portare una prospettiva diversa e un approccio più olistico alle attuali tematiche della sostenibilità e a tutte le dinamiche aziendali. Il loro coinvolgimento attivo contribuisce a creare un ambiente lavorativo più inclusivo, più stimolante e con una grande sensibilità verso le tematiche sociali e ambientali.
Ad esempio, le nostre collaboratrici sono sicuramente le più sensibili verso tutti gli aspetti sociali dell’azienda.
Inoltre, hanno un ruolo essenziale nelle attività legate all’enoturismo: si prendono cura dei nostri ospiti per farli sentire sempre a proprio agio, garantendo una perfetta accoglienza in Tenuta Cavalier Pepe dal lunedì alla domenica.
Il ruolo della donna è adeguatamente riconosciuto nel nostro settore a tuo parere?
Forse sarò impopolare, ma credo di no. Ci si scontra ancora con retaggi culturali che fanno fatica a essere superati, purtroppo. Io credo che le donne debbano faticare molto di più rispetto agli uomini per raggiungere gli stessi risultati ed avere gli stessi riconoscimenti per il lavoro che fanno. A questo va aggiunto che, molte volte, le donne manager sono madri, mogli e si prendono cura della casa: è difficile far conciliare tutto e spesso non se ne tiene conto. Io ho trovato molta difficoltà, ho avuto sempre l’impressione di dover faticare il doppio per far capire il valore del mio lavoro, del mio impegno e della mia totale dedizione al lavoro.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Iniziamo dai vantaggi.
Siamo in un Paese dove il territorio è particolarmente adatto alla produzione di uva. Alcune zone vocate sono straordinarie: l’Irpinia è tra queste. Ci sono uve interessanti dal punto di vista organolettico e territori fantastici. Inoltre, l’Italia è un Paese con una varietà ampelografica molto ampia.
Ogni regione ha numerosi suoi vitigni autoctoni e conserva tradizioni che resistono al tempo e che conferiscono un carattere, un’identità e una tipicità unica ad ogni prodotto realizzato sul territorio. Purtroppo, a fronte di tutta questa bellezza, ci sono dei limiti legati alla burocratizzazione eccessiva in tutti gli aspetti della filiera. La normativa italiana e quella europea sono particolarmente stringenti per le aziende comunitarie. Le aziende con sede al di fuori della comunità europea e che entro i suoi confini possono vendere i loro prodotti non hanno gli stessi costi e gli stessi obblighi normativi.
Così facendo, gli agricoltori non sono più tutelati e subiscono una concorrenza sleale autorizzata. Oggi, esiste una crisi comune a tutti i produttori e gliagricoltori, dovuta all’aumento del costo delle materie prime, della tassazione e della burocrazia.
Questa crisi ha un forte impatto su tutte le imprese agricole italiane.
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 1| Manuela Piancastelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 2| Donatella Cinelli Colombini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 3| Angela Velenosi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 4 | Chiara Boschis
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 5| Elena Fucci
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 6 | Graziana Grassini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 12| Chiara Soldati
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 13| Elisabetta Pala
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 14| Elena Walch
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 15| Barbara Galassi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 16 | Chiara Lungarotti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 17 | Pina Terenzi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 18| Lucia Barzanò
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 19| Vincenza Folgheretti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 20| Eleonora Charrère
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 21| Daniela Mastroberardino
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 22| Carla e Laura Pacelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 23| Valentina Abbona
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 24| Camilla Lunelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 25| Carolin Martino
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 26| Marzia Varvaglione
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 27| Antonella Cantarutti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 28 | Marta Trevia
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 29| Pia Donata Berlucchi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 30| Nadia Zenato
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 31| Federica Boffa Pio
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 32| Chiara Condello
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 33 | Sabrina Tedeschi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 34| Marianna Annio
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 35| Laura Verdecchia
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