Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Marzia Varvaglione
Marzia è nata a Taranto il 24 marzo 1989 dove ha vissuto fino all’età di 18 anni; è la sorella maggiore di 3 fratelli, parte fondamentale e integrante della sua vita e dell’azienda. Sin da piccola ha sempre amato la disciplina e lo sport. Si è prima dedicata al pianoforte e alla danza classica fino all’età di 12 anni poi ha scoperto il suo grande amore: il basket, che la porta prima nella società di serie A della sua città e poi in eurolega. A 18 anni scopre la seconda grande passione: quella per l’economia.
Il percorso di studi è una continua scoperta fatta di esperienze concrete tra le Università di Milano, Lugano, Losanna e Londra dove ha avuto la possibilità di focalizzarsi sulla strategia per le imprese e il marketing. Poi inizia il percorso più bello ed emozionante ma anche difficile: l’inserimento nell’azienda di famiglia, un’azienda produttrice di vino e ancora focalizzata sulla commercializzazione del vino sfuso. L’azienda oggi è guidata dal padre con lei e i fratelli. Marzia è al suo fianco come Business Developer e direttore Marketing and Sales da 10 anni. Così, contestualmente, ha iniziato a formarsi anche nell’ambito vinicolo conseguendo il WSET L3.
La Varvaglione 1921 (Vini di Puglia Varvaglione 1921, alle porte del Salento!) oggi esporta 5 milioni di bottiglie in più di 70 paesi nel mondo. Negli ultimi 5 anni l’azienda ha conquistato importanti menzioni e riconoscimenti dalle più importanti guide come Wine Spectator, Gambero Rosso, Bibenda ma anche premi di design, come il premo RED DOT.
Creare valore, sviluppare nuovi prodotti e nuove strategie, consolidare il rapporto con i propri clienti e comunicare con uno stile innovativo rappresenta solo una parte del suo lavoro che fa sempre fatica a definire. Il resto lo definisce “fortuna”: quella di amare il proprio lavoro e avere chiaro in mente l’obiettivo che si vuole raggiungere.
Quando e come hai iniziato a fare vino?
Ho iniziato a “fare” probabilmente a 5 anni, perché per me fare vino in realtà è uno stile di vita, è l’aria che respiri, le giornate in campagna. A quell’epoca, in estate, con la mia famiglia vivevamo proprio all’interno dell’azienda e la vendemmia per noi rappresentava una festa. Sono però entrata ufficialmente in azienda nel 2013 a 23 anni, appena dopo aver concluso un master in International Management e un’esperienza lavorativa negli Stati Uniti, da lì è iniziata la mia storia d’amore con il mondo del vino.
Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
Trovo che il Piemonte sia una magnifica zona di produzione, regala diverse varietà ma soprattutto esalta alla perfezione le differenze di ogni territorio, dando ad esso una chiara identità in ogni suo terroir. La Francia invece ci insegna ogni giorno cos’è il marketing, creando diversi brand ma soprattutto creando valore intorno ad essi, si pensi allo Champagne o semplicemente alla Borgogna e i loro prezzi medi.
Credi che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Penso che entrambi abbiano delle peculiarità e un timbro riconoscibile. Credo che il futuro sarà maggiormente delle donne. La donna secondo me tende a osare e sperimentare più dell’uomo non fermandosi solo al gusto del mercato, ma scoprendo anche le nicchie. Riusciamo più facilmente a trasformare numeri in emozioni uniti alla concretezza che ci contraddistngue. Credo che il vino sia uno dei pochi mercati dove, già oggi, siamo un pilastro fondamentale per lo sviluppo e per il mantenimento di valori e ideali.
Qual è la tua firma stilistica?
Il mio ruolo è quello di business developer, il trade union fra il commerciale e lo sviluppo prodotto, il consumatore e l’azienda. La mia passione è quella di sviluppare nuovi business, cogliere continui stimoli ma rimanendo fedeli alla nostra storia, al nostro brand e al territorio. L’innovazione di prodotto (blend e pack) è un’opportunità per far leva sull’innovazione per avvicinare nuovi e giovani amanti del vino in chiave contemporanea come un abito di passerella di archivio rivisitato. La chiave è stupire chi ci guarda, non lasciare scegliere il prodotto dal consumatore sulla base del prezzo, del numero di anni della cantina, ma raccontare una storia, bella e avvincente, quella della nostra azienda e della valorizzazione della nostra terra, dei nostri valori e dell’amore che vogliamo portare nel mondo, ad ogni sorso, in un percorso di reciproca conoscenza.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Competere in un mercato iper-frazionato è sicuramente una delle sfide che affrontiamo quotidianamente, insieme a quella dell’identità della zona di produzione come DOC o DOCG così di nicchia che si fa fatica a ricordare o a riconoscere, soprattutto per le regioni “minori”. Questo causa un problema di riconoscibilità e creazione del “brand REGIONE” soprattutto all’estero. A questi si è unita anche la scarsa reperibilità di risorse umane non formate adeguatamente per il nostro settore.
Uno dei vantaggi è quello di essere nati nel paese più bello del mondo, dove madre natura fa da padrona e dove la maggior parte dei produttori riesce con poco a fare qualità e a fare della qualità il proprio successo. Le nostre vigne sono dei giardini e tante persone, anche “esterne” al mondo del vino, vivono questo come un mondo incantato, che può far scoprire realtà, luoghi magici, quasi nascosti. Proprio per questo possiamo ancora costruire tanto valore, magari iniziando o ricominciando dall’enoturismo che ci hanno insegnato, partendo dalla NAPA Valley, passando da Bordeaux per finire in Toscana, che esso stesso può rappresentare un’importante voce nel conto economico, che il vino non è la nostra unica arma. Ultimo, e non per importanza, è il consumatore medio che in Italia continua a evolversi e formarsi, facendo esso stesso da promotore e ambasciatore del territorio di provenienza e per questo dobbiamo ringraziare anche le varie associazioni di sommelier!
In che direzione sta andando il vino italiano secondo te?
Partendo dal consumatore, esso è sempre più preparato e appassionato e non acquista più guardando il prezzo allo scaffale ( o meglio, non solo), ma compra in modo trasversale dalla G.D.O. all’ HORECA.
Inoltre, nonostante sia un canale moderno o nuovo, bisogna continuare ad avere un occhio sempre attento all’e-commerce anche in relazione alla nascita di nuovi e-tailer che si evolvono con l’evolversi delle modalità di consumo del consumatore.
Dando uno sguardo ai canali, anche loro si stanno evolvendo, si pensi alle GDO con degli spazi enoteca al loro interno, curati e con una selezione scrupolosa.
Dal punto di vista di mercato, si stanno vedendo nascere molte realtà grandi che aggregano aziende di varia provenienza, presto avremo 2-3 gruppi del vino con fatturato superiore al mezzo miliardo anche grazie a fondi di investimento che hanno messo le mani su ottimi asset italiani con l’obiettivo di creare dei campioni internazionali che non abbiamo mai avuto nel vino. Se sarà questo il futuro è da vedere, ma sono certa che bisognerà sempre di più fare gioco di squadra per poter competere con i giganti del mondo del vino, adottare una politica aziendale mirata alla sostenibilità reale e non solo legata ai certificati.
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 1| Manuela Piancastelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 2| Donatella Cinelli Colombini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 3| Angela Velenosi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 4 | Chiara Boschis
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 5| Elena Fucci
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 6 | Graziana Grassini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 12| Chiara Soldati
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 13| Elisabetta Pala
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 14| Elena Walch
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 15| Barbara Galassi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 16 | Chiara Lungarotti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 17 | Pina Terenzi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 18| Lucia Barzanò
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 19| Vincenza Folgheretti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 20| Eleonora Charrère
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 21| Daniela Mastroberardino
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 22| Carla e Laura Pacelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 23| Valentina Abbona
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 24| Camilla Lunelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 25| Carolin Martino
Dai un'occhiata anche a:
- I miei migliori morsi del 2024 in ordine di apparizione : 023 Il Rito condivisioni di gusto, a Carate Brianza la felicità a spicchi
- Donne produttrici: il vino italiano al femminile 38| Le sorelle Cotarella
- Cinque pagine di O Globo su 50 Top Pizza America Latina
- Il mondo del vino al femminile: le figure italiane coinvolte nel settore 8| Betty Mezzina
- I miei migliori morsi del 2024 in ordine di apparizione: 011 quello di ieri sera dato alla Pizzeria napoletana la Terrazza
- L’uomo cucina, la donna nutre – 17 Bianca Mucciolo de La Rosa Bianca ad Aquara
- Gli indirizzi per mangiare la pizza con le cozze
- I miei migliori morsi del 2024 in ordine di apparizione: 014 gli sfizi alla Tavernetta di Vallo della Lucania