Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Camilla Lunelli
Camilla Lunelli è la Direttrice della Comunicazione e delle Relazioni Esterne di Ferrari Trento, cantina fondata nel 1902 e leader in Italia nelle bollicine, nonché delle altre realtà che fanno capo al Gruppo Lunelli: Surgiva, marchio sinonimo di acqua minerale leggera ed esclusiva, Segnana, storica distilleria trentina, Tenute Lunelli, che producono vini fermi in Trentino, Toscana e Umbria, Bisol1542, cantina di riferimento per il Prosecco Superiore di Valdobbiadene e Cedral Tassoni, celebre per l’iconica cedrata. Dopo la laurea in Bocconi con 110 e lode e alcune esperienze professionali a Parigi e New York, Camilla è entrata nel mondo della consulenza aziendale di tipo strategico con Deloitte Consulting. Due anni dopo, ha scelto di dedicare un periodo della propria vita al volontariato ed ha trascorso tre anni in Africa lavorando su progetti umanitari in situazioni di conflitto e post conflitto: prima in Niger con le Nazioni Unite e poi in Uganda con un’organizzazione non governativa. Nel 2004 Camilla Lunelli è tornata in Italia per portare avanti, con i cugini Matteo e Marcello e il fratello Alessandro, una storia imprenditoriale giunta alla terza generazione. Oltre al suo ruolo nella comunicazione, è referente dal 2020 dell’impegno del Gruppo Lunelli sul fronte della sostenibilità. È stata insignita del Premio Bellisario che l’ha proclamata nel 2011 fra le “giovani artefici dell’eccellenza italiana nel mondo”. Il Corriere della Sera l’ha nominata “Vignaiola dell’Anno” nella guida “I 100 migliori vini e vignaioli d’Italia 2021”, e Food&Travel Italia l’ha premiata come “Donna dell’Anno 2022”. È membro del Consiglio Direttivo di Save the Children Italia, del Comitato d’Indirizzo della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento e del Board di Enactus Italia. Siede inoltre nell’Advisory Board Nord Est di Unicredit e nell’Advisory Board WPP – Ambrosetti The European House. È mamma di tre splendidi ragazzi.
Quando e come hai iniziato a fare vino?
Domanda difficilissima per una persona che è nata nel mondo vino: mio padre Mauro è stato l’enologo per tanti anni quindi io e mio fratello siamo stati in vigna e in cantina sin da piccolissimi. Però io non ho mai sentito questa strada come l’unica possibile, tutta la famiglia è stata lungimirante nel far sì che ciascuno si sentisse libero di scegliere la propria vita. Quindi non è stata una scelta scontata né immediata ma è maturata dopo l’Università e anche dopo alcune esperienze esterne peraltro molto diverse dal lavoro in cantina ma quando l’ho fatta, quasi 20 anni fa, è stata una scelta molto ponderata di cui sono assolutamente contenta.
Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
Credo che i vari approcci mi portino a guardare territori diversi. Rispetto alla produzione di bollicine, che poi è la nostra attività principale anche se il gruppo Lunelli non si limita a quello, è chiaro che la Champagne è un riferimento. Oltre che dal punto di vista produttivo, sul quale mi sento di dire che anche noi abbiamo ormai un’esperienza, un know-how tali per cui non temiamo il confronto, ritengo che la Champagne sia una grandissima scuola dal punto di vista del marketing, della comunicazione. Parlando di enoturismo, invece, la Napa Valley ha altrettanto da insegnarci quindi dipende molto dal tipo di sguardo con cui si osservano le altre zone. In Italia penso che la Toscana sia la regione, in cui non a caso anche noi abbiamo investito da più di 20 anni, che abbia fatto da scuola così come amo molto i grandi bianchi verticali ed eleganti friulani o altoatesini, ma questo è più un gusto mio personale.
Credi che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Io sono molto scettica su certi discorsi che ho sentito fare soprattutto in passato su quanto influisca l’approccio di una donna, penso che ciascuno di noi sia diverso per tante caratteristiche una delle quali è l’essere donna o uomo quindi non credo in uno stile differenziato per genere. Quello in cui credo fortemente, invece, è che la maggior presenza di donne abbia portato al vino, così come a qualsiasi altro settore lavorativo-produttivo, una grande ricchezza perché un ambiente misto è più stimolante e può anche rompere alcune dinamiche competitive un po’ maschili non necessariamente arricchenti quindi ben venga un mondo del vino che arrivi al 50% di presenza femminile. Non sono neanche una di quelle persone che auspica a un mondo sono al femminile: ci stiamo tutti, è bello lavorare insieme e non è bello che ci sia una predominanza netta soprattutto per quanto riguarda le posizioni apicali come accade oggi. È necessaria una revisione sociale dei ruoli all’interno della famiglia: i figli si fanno in due quindi il carico di lavoro non può ricadere solo sulla madre. Quando sento dire che servono gli asili così che le mamme possano lavorare è giusto ma non si può partire dal presupposto che senza asili siano le madri a dover restare a casa. Ma questo è un discorso più ampio e complesso che meriterebbe un approfondimento a parte.
Qual è la tua firma stilistica?
La cifra stilistica di Ferrari Trento è quella che deriva dall’essere una bollicina di montagna: una grande eleganza e la verticalità che ci conferisce il territorio. Noi come Ferrari possiamo vantare questi 120 anni di storia che ci hanno dato anche un grande know-how tecnico per cui riusciamo a essere coerenti con questo stile declinandolo in molte etichette diverse. Lo stile della casa si riconosce su tutte le fasce e le tipologie.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Mi piace cominciare dal bicchiere mezzo pieno e dire che la varietà italiana, che sappiamo bene può essere un ostacolo quando la frammentazione è eccessiva, la rende un luogo da scoprire e riscoprire all’infinito anche per gli stranieri, sia da un punto di vista enologico sia turistico. Una persona che è stata 1/2/3 volte in Italia e che ha assaggiato 2/4/10 volte i vini italiani non può dire di conoscere l’Italia tutta dal punto di vista enologico o enoturistico. Questa è una grandissima opportunità insieme al fatto che la qualità media del vino italiano si sia innalzata notevolmente negli ultimi anni e questo fa in modo che si giochi sempre di più ai piani alti dei salotti internazionali. Oltretutto il vino fa parte di un Sistema Italia che ha ulteriori punti di forza: penso alla moda, al design, alla cucina che stanno vivendo a loro volta un periodo molto positivo e quindi questa è un’occasione importante anche in ottica di esportazioni. Serve giocare su questa ricchezza ma con grande attenzione al posizionamento. Quando leggo comunicati altisonanti sul fatto che l’Italia sia il maggiore produttore o esportatore di questo o di quell’alto vino mi fa piacere fino a un certo punto: basta parlare di volumi, parliamo di valore. Dobbiamo aumentare il prezzo medio dei nostri vini anche perché il nostro è un territorio che nella sua ricchezza difficilmente può far leva su economie di scala importanti. Se penso alla meccanizzazione in certe zone in Australia o altrove, penso anche che non sarà mai qualcosa che possiamo replicare su zone a ridosso degli Appennini, della Alpi, nei territori più vocati dell’Italia quindi dobbiamo giocare sull’identità, sull’autenticità, sul valore. Questa è la grande sfida.
Poi, come ci ripetiamo da tempo, in Italia c’è un problema di burocrazia, di pesantezze, la promozione che fatica un po’, che è frammentata, ma preferisco concentrarmi sui punti di forza.
In che direzione sta andando il vino italiano secondo te?
Fortunatamente sta andando nella direzione di un valore maggiore in termini di valorizzazione dei propri territori e sta andando sempre più verso una maggiore sostenibilità delle produzioni: aumenta la superfice coltivata a biologico, aumenta la consapevolezza della responsabilità che abbiamo come viticoltori anche in termini sociali per garantire condizioni di lavoro adeguate che, soprattutto in campagna, fino a qualche anno fa, non c’era. Quindi stiamo andando verso un posizionamento migliore e un ruolo di cui essere orgogliosi. Certo, la competizione internazionale è sempre più forte, sappiamo di essere partiti in ritardo su alcuni mercati come, ad esempio, quello cinese su cui serve recuperare terreno perso. Questo per fare un discorso di lungo periodo, senza entrare nelle difficoltà grosse di questo momento: dalla guerra ai rincari e all’inflazione ma mi auguro siano congiunture temporanee. Sul lungo termine credo che l’evocatività di tutto quanto è ‘Made in Italy’ e la bellezza dei nostri territori continuino ad essere un supporto importante per i nostri vini.
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 1| Manuela Piancastelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 2| Donatella Cinelli Colombini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 3| Angela Velenosi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 4 | Chiara Boschis
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 5| Elena Fucci
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 6 | Graziana Grassini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 12| Chiara Soldati
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 13| Elisabetta Pala
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 14| Elena Walch
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 15| Barbara Galassi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 16 | Chiara Lungarotti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 17 | Pina Terenzi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 18| Lucia Barzanò
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 19| Vincenza Folgheretti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 20| Eleonora Charrère
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 21| Daniela Mastroberardino
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 22| Carla e Laura Pacelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 23| Valentina Abbona
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