Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Carla e Laura Pacelli
LAURA
Sangue misto – papà napoletano e mamma di origini istriane – dopo la laurea in comunicazione si trasferisce a Milano, dove tuttora vive. Prima fotografa, poi scrive: in Condé Nast dal 2001, ha lavorato per GQ e Glamour e continua a collaborare con AD, La Cucina Italiana e Vanity Fair. Attualmente sta lavorando, con la sorella Carla, alla collana di libri Vini e Terre d’Italia edita da De Agostini Publishing. Sommelier dal 2015, si occupa – non in ultimo – di marketing ed export per l’azienda agricola di famiglia Tenute Pacelli (in Calabria, ndr). Membro dell’Associazione Donne del Vino.
CARLA
Nata a Napoli. Dopo la laurea in Giurisprudenza alla Federico II, segue un master di scrittura creativa per il cinema e la televisione, che la porta a scrivere alcune sceneggiature cinematografiche. Da anni vive e lavora a Milano come ufficio stampa e PR nel settore dell’alta ristorazione. Da sempre scrive di food&beverage su testate nazionali e per case editrici. Sommelier Fisar dal 2019, con la sorella Laura sta scrivendo per la collana Vini e Terre d’Italia edita da De Agostini. Per l’azienda di famiglia, Tenute Pacelli
Tenute Pacelli | Azienda Vinicola Malvito (CS), segue marketing, fiere e comunicazione.
Quando e come avete iniziato la vostra carriera nel mondo del vino?
Carla: nel 2009 nostro padre ha ereditato l’azienda dallo zio Gaetano La Costa e ha rivoluzionato la cantina, e le vigne, iniziando a produrre e a etichettare il vino che prima era destinato alla tavola e agli amici dei Baroni La Costa. Due anni dopo io ho iniziato un percorso che mi ha portato prima a lavorare come ufficio stampa di alcune delle aziende vitivinicole più grandi del Paese, quindi a prendere il diploma da sommelier con Fisar e, in parallelo a scrivere di enogastronomia per diverse testate di settore e non, infine, alla pubblicazione di libri sul mondo e i territori del vino.
Laura: Oggi suonerà “strano”, irresponsabile, illegale… Ma nostra madre Clara racconta sempre che al battesimo, dopo la dovuta cerimonia, porgeva a me bambina sempre sorridente ma in fasce,un cucchiaino di… champagne. La mia reazione? Pare mi sia leccata i baffi. Che dire, il vero battesimo probabilmente è stato quello. Archiviata l’età dell’innocenza, il mondo del vino ha sempre aleggiato direttamente e indirettamente nella mia vita, soprattutto
lavorativa. Dai primi anni 2000 mi sono occupata di lifestyle per Condé Nast e gli eventi non sono mai mancati. Occupandomi prima di moda, il (buon) bere non è mai mancato. Poi ho chiesto espressamente di occuparmi anche di food & beverage, sono diventata sommelier Fisar e continuo tutt’ora a scriverne. L’azienda mi ha dato motivo per crederci sempre di più.
Quali sono i vostri riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
Carla: I riferimenti e le zone d’ispirazione enologica in Italia sono innumerevoli, troppi per essere elencati tutti, ma ho un debole per i territori e i vitigni meno noti, per i piccoli produttori che osano e non imitano, che lavorano sulla personalità dei propri vini. All’estero un vitigno in particolare: il Riesling della Mosella. Non è un caso se il nostro metodo classico Zoe è proprio a base Riesling…
Laura: Sono poco esterofila, il vino mi piace italiano. Ho avuto un flirt con i francesi, Borgogna e Champagne (reminiscenze da bebè, ride) che comunque continuo ad apprezzare; ho una passione per i vini scarichi di colore ma ricchi di aromaticità del sud e del nord Italia, dal Pinot Nero altoatesino al Nebbiolo piemontese fino al Nerello Mascalese. Per i bianchi ho perso la testa per il nostro Riesling, tutt’altra storia rispetto a quelli del Nord Europa.
Credete che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Carla: No, dipende dalla personalità e dal vissuto in generale, da quanto si osserva, si scopre e si ha voglia di mettere in pratica, declinando studi e conoscenza in stili di produzione propri e originali, di carattere.
Laura: Che sia uomo, donna, transgender, l’importante è metterci del proprio, trasmettere identità, che poi fa sempre la differenza in ogni campo. Sicuramente il nostro stile è elegante, creativo, lungimirante. Non vogliamo tutto e subito, ma crediamo che, aver intrapreso una strada, sia l’inizio di un cammino fatto di scelte più o meno consapevoli. E se si sbaglia, ben venga ammetterlo!
Ecco, forse noi donne siamo più disposte ad aggiustare il tiro al momento opportuno, senza “ansia da prestazione”.
Qual è la vostra firma stilistica?
Carla: Più che una firma un motto: mai banalità! Il mondo è pieno di vini che si assomigliano o che ricordano altri… Siamo in Calabria, c’è la potenzialità di creare qualcosa di diverso e di affascinante, legato alla profondità della terra e alla sua antichità.
Laura: Stupire, sedurre, conquistare senza effetti speciali. Il vino è da bere non da incorniciare, è da vivere non da sognare. L’onestà ripaga sempre, questo ci dice sempre nostro padre e io ci credo fermamente. Ma onestà non significa sottomissione alle regole del mercato. I vini Pacelli parlano per noi.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Carla: Io parlo dei vantaggi, che sono legati al vivere la vigna e la natura circostante, all’esperienza nelle degustazioni dove si racconta non solo un vino ma un intero territorio, una storia, al viaggiare e conoscere altri produttori con cui scambiare idee e bottiglie!
Laura: Le difficoltà sono sempre legate al tempo che si vive; cambia il vento, cambiano le regole, la burocrazia rallenta lo sviluppo economico e creativo, i finanziamenti sono sottoposti a regole ancora troppo rigide. Nonostante questo, il vino italiano piace sempre di più e dovremmo cavalcare l’onda. Tutti insieme. Ma questo è il limite principale: ognuno pensa per sé. Se si cominciasse a pensare/fare altrimenti, le cose andrebbero meglio. Anche la burocrazia cambierebbe sistema di controllo. Utopia? Non credo.
In che direzione sta andando il vino italiano secondo voi?
Carla: verso l’uso meno massiccio del legno, verso la riscoperta del vitigno nel bicchiere e verso il naturale, per vini più freschi ma in ogni caso complessi a livello organolettico.
Laura: Verso la qualità sempre più alta. Con questa si vince l’ignoranza (non del consumatore che si trova sullo scaffale quello che vuole o pensa di “meritare”) e si conquista il mercato internazionale, una volta per tutte.
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 1| Manuela Piancastelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 2| Donatella Cinelli Colombini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 3| Angela Velenosi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 4 | Chiara Boschis
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 5| Elena Fucci
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 6 | Graziana Grassini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 12| Chiara Soldati
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 13| Elisabetta Pala
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 14| Elena Walch
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 15| Barbara Galassi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 16 | Chiara Lungarotti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 17 | Pina Terenzi
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 18| Lucia Barzanò
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 19| Vincenza Folgheretti
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 20| Eleonora Charrère
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 21| Daniela Mastroberardino
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