Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Chiara Lungarotti
Agronomo, umbra nel profondo dell’anima, Chiara Lungarotti è Amministratore delegato della Lungarotti, realtà conosciuta a livello internazionale che opera nel settore vitivinicolo -con le tenute di Torgiano e Montefalco- turistico e culturale, attraverso le attività dell’omonima Fondazione che gestisce il Museo del Vino e il Museo dell’Olivo e dell’Olio a Torgiano.
Il suo motto è conservare, proseguire, innovare e sviluppare nel rispetto della tradizione e delle proprie radici.
Cresciuta nell’amore per la terra respirato fin da bambina, si è inserita in azienda all’inizio degli anni ’90, a fianco della sorella Teresa e sotto la guida del padre Giorgio, uno dei grandi pionieri dell’enologia italiana.
Un percorso all’insegna della “gavetta” che le ha garantito un’esperienza preziosa al momento del passaggio generazionale nel 1999, quando è subentrata alla guida dell’azienda alla scomparsa del padre.
La sua preparazione specifica e il suo entusiasmo sono alla base delle innovazioni e trasformazioni nei vigneti di famiglia ed in cantina, secondo pratiche di sostenibilità all’avanguardia.
Imprenditrice energica, ha ereditato dal padre il grande amore per la terra e confessa di conoscerne a occhi chiusi profumo e sapore.
Moglie di Matteo Lupi Grassi e madre di un ragazzo di 15 anni, è Consigliere di Federvini e di Unione Italiana Vini, Accademica della Accademia della Vite e del Vino e della Accademia dei Georgofili.
Quando e come hai iniziato a fare vino?
Sono cresciuta tra le vigne e gli oliveti che scandiscono le colline di Torgiano, piccolo borgo medievale tra Perugia e Assisi. Mio padre, Giorgio Lungarotti, mi portava tra i filari fin da piccola. Era un uomo rigoroso, determinato, animato da una passione fuori dal comune per la sua terra. Mi ha trasmesso un’eredità importantissima, fatta di valori, rispetto per la terra, passione e serietà. Ricordo che per farmi “sentire” la terra, mi faceva camminare a piedi nudi. È stato un pioniere: nel dopoguerra trasformò l’azienda agraria della sua famiglia in un’azienda vitivinicola specializzata. Già negli anni ’50 capì che se l’Umbria voleva fare il salto di qualità in campo enologico bisognava sperimentare con coraggio. È infatti grazie a lui e ai suoi primi vini, “Rubesco” e “Torre di Giano”, che nel 1968 Torgiano ottenne uno dei primissimi riconoscimenti a DOC italiani (Rosso e Bianco di Torgiano). Ed è anche grazie al suo contributo che furono riconosciute molte delle altre denominazioni d’origine dell’Umbria, tra cui quella di Montefalco nel 1979. Quando nel 1999 mio padre ci ha lasciato, io avevo appena 27 anni è mi sono trovata a prendere in mano le redini della nostra azienda assumendo il ruolo di amministratore delegato. Sentivo forte il peso della responsabilità, soprattutto nei confronti di tutte le famiglie la cui vita era legata alla nostra attività. Per questo, ho intrapreso con determinazione la via del rilancio in un periodo di grandi sfide dal punto di vista dell’innovazione in vigna ed in cantina, e in un momento in cui tanti nuovi player si stavano affacciando sul mercato. All’inizio è stata dura imporsi in questo mondo tradizionalmente appannaggio degli uomini. Quando 21 anni fa, entrai a far parte del CdA di Federvini, eravamo solo due donne, e quando, un paio d’anni dopo, fui eletta in quello di Unione Italiana Vini, non ce ne era nemmeno una…per fortuna, da allora, c’è stato un cambiamento epocale. Lo dimostrano proprio i consigli d’amministrazione delle nostre associazioni di categoria dove la presenza femminile è sempre più consistente e molto preparata: non siamo lì solo per una questione di “quote rosa”, ma per la nostra professionalità e per il contributo utile e costruttivo che diamo all’intero settore! Nell’azienda Lungarotti la componente femminile è molto forte e, a livello familiare, è rappresentata, oltre che da me, da mia sorella Teresa e da nostra madre Maria Grazia, che dirige la Fondazione Lungarotti Onlus affiancata da mia nipote Gemma. Inoltre, siamo circondate da bravissime collaboratrici che lavorano con passione e quelle sensibilità e cura del dettaglio, che spesso contraddistinguono l’universo femminile.
Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
Sia in Italia che all’estero traggo ispirazione da tutte quelle zone che hanno delle peculiarità pedoclimatiche e dei vitigni autoctoni con caratteristiche tali da generare vini di grande eleganza e con una bella acidità che li rende molto longevi. Oltre al Sangiovese, in Italia amo il Nebbiolo, il Pinot Nero, il Nerello Mascalese e l’Aglianico. Per quanto riguarda i bianchi, adoro il Grechetto, vitigno autoctono per eccellenza dell’Umbria, ma anche il Vermentino, con la sua fresca fragranza. In generale, per i bianchi è fondamentale che le uve mantengano una bella acidità che conferisce freschezza ai vini più strutturati.
Credi che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Credo che la differenza non la faccia il genere ma la sensibilità del produttore. Per quanto mi riguarda, punto tutto sull’eleganza che, nei vini più complessi, come il nostro Rubesco Riserva Vigna Monticchio, è data dall’equilibrio, mentre in quelli più giovani o di media struttura si traduce in piacevolezza e immediatezza.
Qual è la tua firma stilistica?
I vini sono espressione di un territorio ma anche di chi li produce. Per esempio, il Rubesco Riserva Vigna Monticchio, il nostro portabandiera, è un Sangiovese in purezza profonda espressione della nostra terra: riservato ma generoso, proprio come la gente dell’Umbria. Creato nella prima metà degli anni ’60 da mio padre, a quei tempi era un vino innovativo che rispecchiava la sua personalità. A partire dall’annata 2005, invece, ha cominciato a riflettere l’impronta della “nuova” generazione della famiglia Lungarotti e il fatto che ogni anno riceva i massimi riconoscimenti dai grandi palati della critica nazionale, e non solo, ci rende molto orgogliosi. In generale, però, posso dire che la firma stilistica che accomuna i nostri vini oggi è senza dubbio l’equilibrio. Il nostro lavoro è tutto orientato in questa direzione.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
Ciò che rende difficile il nostro lavoro, così come quello di aziende che operano in altri settori, è senza dubbio la burocrazia. Inoltre, a livello istituzionale, abbiamo bisogno di interlocutori che siano in grado di dare risposte tempestive alle nostre esigenze se vogliamo continuare ad essere competitivi sui mercati internazionali. La pandemia e le conseguenze della guerra in Ucraina, stanno mettendo a dura prova la nostra economia per cui serviranno interventi importanti come quelli previsti dal PNRR: ci auguriamo che il Governo ne impieghi correttamente i fondi in progetti di ampio e duraturo respiro che possano costituire un volano per l’economia nazionale, ruolo svolto in questi ultimi anni dal comparto vino. Per quanto riguarda i vantaggi, posso dire che oggi, grazie alle nuove tecnologie, riusciamo a fare una viticoltura e una produzione di qualità che riduce al minimo l’impatto sull’ambiente. Penso a quanto sono state importanti per noi le prime capannine meteo installate negli anni ’90 per analizzare l’andamento climatico. In questo siamo stati pionieri, tanto che nel 2013 siamo diventati capofila del progetto MeteoWine, realizzato in collaborazione con l’Università di Perugia, per la raccolta dei dati climatici da utilizzare per l’elaborazione di modelli meteorologici. Un progetto che negli anni ha visto importanti implementazioni fino alla nascita di una Piattaforma Meteo Regionale che oggi rielabora i dati raccolti in tutta l’Umbria e costruisce modelli, con conseguenti previsioni meteo attendibili, fondamentali per elaborare un DSS (Sistema di Supporto alle Decisioni) per i viticoltori di tutta la regione. Altro esempio di come la tecnologia sia di grande aiuto per il nostro comparto sono le mappe di vigore dei vigneti – realizzate mediante droni o telecamere multispettrali – che ci permettono di effettuare operazioni mirate e differenziate nelle diverse zone del vigneto grazie anche a moderni trattori dotati di guida satellitare. Insomma, oggi riusciamo a lavorare tra i vigneti e in cantina con più precisione, in maniera sostenibile e senza compromettere la materia prima che deve essere sana e integra per ottenere vini di qualità. La tecnologia oggi sicuramente ci aiuta più che mai a mettere in pratica la visione dell’intera filiera che curiamo in ogni singolo dettaglio, dalla scelta del portainnesto dei nuovi vigneti alle operazioni di campo delle diverse fasi fenologiche, alla cura nella trasformazione della materia prima fino alla commercializzazione dei nostri vini in tutto il mondo…è questo che fa di noi degli “artigiani” del vino, indipendentemente dalla nostra dimensione aziendale.
In che direzione sta andando il vino italiano secondo te?
Penso che tutti i produttori abbiano ormai ben chiaro che nei prossimi anni non si potrà prescindere da una viticoltura fondata sulle buone pratiche a basso impatto ambientale. Noi abbiamo cominciato 30 anni fa, quando ancora la parola sostenibilità non era “di moda” e il nostro impegno proseguirà con grande determinazione su tutti i fronti, perché siamo convinti che la sostenibilità, in tutte le sue declinazioni (ambientale, sociale, economica), sia ormai un valore imprescindibile e che le aziende vitivinicole e agroalimentari saranno sempre più ambasciatrici del territorio in cui operano. Il nostro compito, infatti, sarà quello di educare il consumatore a bere e mangiare bene, rendendolo partecipe di questo processo migliorativo senza il quale non può esserci un futuro.
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 1| Stefania Vinciguerra
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 2| Cristiana Lauro
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 3| Monica Coluccia
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 4| Elena Erlicher
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 5 | Chiara Giannotti
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 6 | Divina Vitale
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 12| Chiara Soldati
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 13| Elisabetta Pala
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 14| Elena Walch
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 15| Barbara Galassi
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