Dopo una lunga serie sulle critiche di vino, il focus si sposta sulla produzione al femminile. Zone di ispirazione, stili produttivi e prospettive: ecco qual è l’approccio delle produttrici italiane.
Come membro dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle produttrici di diverse regioni d’Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Chiara Soldati
Chiara Soldati dal 1993 presta il suo impegno nell’azienda di famiglia, La Scolca per proseguire e incrementare l’attività vitivinicola del Gavi DOCG. Oltre al suo costante e determinato lavoro in azienda, ha prestato il suo impegno in diversi settori: enoturistico, sociale e per la parità di genere. Si è dedicata alla promozione del turismo nella sua regione natale, la Liguria, già alla fine degli anni ’90. Si è dedicata alla valorizzazione dei diritti delle donne collaborando dal 1998 con l’Associazione Nazionale Donne del Vino e non solo e nel 2019 è stata nominata consigliere dell’Associazione Internazionale, con sede negli Stati Uniti, Women of the Wine & Spirits. Si è dedicata a recupero e conservazione dei beni artistici e culturali del
Territorio, ad esempio come consigliera FAI per il distretto di Novi; nonché alla divulgazione del patrimonio letterario e culturale: dal 2009 al 2011 è stata nominata dal MIUR come suo rappresentante nel CDA del Conservatorio Niccolò Paganini di Genova. Dal 2019 ricopre la carica di Presidente del Centro letterario Pannunzio di Torino dopo aver fatto parte del comitato scientifico, raccogliendo l’eredità del cugino Mario Soldati (noto scrittore, giornalista, saggista, regista, sceneggiatore e autore televisivo italiano). Tra le altre cose, dal 2012 al 2016, ha tenuto un corso come docente al Master di Comunicazione e Territorio all’Università Cattolica di Piacenza. Si dedica con impegno anche al sostegno della Ricerca sul Cancro. Numerosi e diversificati sono, infatti, i riconoscimenti. Per Chiara, essere una donna alla guida di un’azienda agricola porta a una migliore gestione delle risorse femminili che lavorano in un settore di forte prevalenza maschile.
Quando e come hai iniziato a fare vino?
Le tappe professionali che hanno caratterizzato la mia formazione e lo svolgimento della mia attività lavorativa sono state frutto di un percorso non casuale, ma contraddistinto costantemente dalla volontà di approfondire e sviluppare le tematiche di qualità, innovazione e promozione territoriale. Un percorso di lavoro e formazione iniziato nel 1993 contemporaneamente agli studi giuridico economici. La mia formazione professionale è stata precoce e parallela alla mia formazione universitaria. Con impegno e umiltà ho avuto modo di formarmi nei diversi comparti aziendali per poter maturare una preparazione completa, elemento fondamentale in una realtà così sfaccettata come quella di un’azienda agricola vitivinicola.
La scelta di proseguire un’attività già avviata da tre generazioni, ha portato a una forte coscienza del passato, ma anche un occhio al futuro: l’innovazione della tradizione sotto il profilo gestionale, comunicativo e commerciale, inoltre, il fatto di essere la prima donna dopo 70 anni di attività ha portato inevitabilmente a occuparsi di tematiche prima poco sentite. Prima tra tutte la necessità di porre lo sguardo oltre il confine aziendale e considerare il territorio di produzione come un terreno da curare e sviluppare per una migliore sinergia tra soggetti: questo giustifica l’impegno avuto in varie Associazioni (es. Movimento Turismo del Vino, Donne del Vino, ecc.) e con il MIPAF in un osservatorio ONILFA dal 2002 al 2007; oppure, ancora, la collaborazione intrapresa per diversi anni con l’Università Cattolica di Piacenza in qualità di Professore al Master di Enologia, Marketing del Vino e del Territorio.
La scelta di continuare la cura dell’ambiente nella coltivazione degli ettari di vigneto e negli ettari di bosco di proprietà dell’azienda è frutto di un’educazione all’ambiente che comincia da lontano, proprio come insegnamento quotidiano famigliare e come modello moderno ed avanzato di coltivazione da proporre insieme all’altissima attenzione dedicata al controllo qualità in imbottigliamento.
Quali sono i tuoi riferimenti o le tue zone di ispirazione in Italia e all’estero?
Ritengo che le esperienze esterne siano state fondamentali e sicuramente un modo efficace per mettersi alla prova. Come modello estero sicuramente la Francia rappresenta ancora un esempio importante, come in Italia la Toscana, il Friuli ed ovviamente il Piemonte.
Credi che lo stile produttivo possa cambiare tra uomo e donna?
Sono stata cresciuta con la consapevolezza che non importa la differenza di genere, ma le qualità personali e professionali. Sono queste che fanno la differenza.
Donne e vino è un binomio oggetto di discussione in dibattiti, conferenze e tavole rotonde. La presenza sempre più massiccia di donne alla guida di aziende vitivinicole e la loro partecipazione sempre più numerosa a corsi di degustazione e a serate enogastronomiche è un fatto che merita indubbiamente di essere approfondito. La maggiore presenza di donne nella gestione di imprese vitivinicole e, in generale, un maggior coinvolgimento e interesse diretto della donna verso il mondo del vino costituisce un valore aggiunto che crea una poliedricità della vitivinicultura e del settore agroalimentare del nostro Paese. Il dato concreto è che la maggiore presenza di donne nel mondo del vino sta comportando certamente dei cambiamenti positivi. Tale positività non è da ascriversi al fatto che la donna sarebbe migliore, più brava o con più capacità rispetto all’uomo, ma semplicemente al fatto che è diversa e la sua diversità è destinata a portare novità.
Qual è la tua firma stilistica?
Ritengo siano importanti la purezza stilistica, la verticalità, l’armonia, l’identità, l’autenticità.
Quali sono le maggiori difficoltà nel fare vino in Italia oggi? E quali i vantaggi?
In questa nuova fase di ripresa e ricostruzione dopo l’emergenza sanitaria sono necessari interventi concreti ed immediati per evitare il rischio di perdere un patrimonio importante di tradizione ed identità dei territori particolarmente impattati dalle conseguenze del Covid. L’abbandono delle nostre campagne, in conseguenza della perdita di lavoro, comporterebbe la dispersione di intere comunità autoctone.
Dal punto di vista del mercato, si registrano già trend pericolosi che minacciano il valore delle nostre produzioni così come eccellenza e distintività delle nostre etichette, a fronte di una crescente competizione globale, sempre più aggressiva e senza regole. La specificità del settore vitivinicolo italiano ed in generale del settore agricolo è ben diversa dalle produzioni intensive e di grandi volumi come quelle del nuovo mondo, e si basa al contrario sulle eccellenze e le identità delle nostre denominazioni d’origine e delle IGP.
In un mercato globale la nostra forza presente e futura sono identità ed autenticità.
A mio avviso bisognerà puntare su alcuni punti fondamentali:
1.Formazione e sviluppo delle competenze per migliorare la capacità di fare impresa, migliorare le competenze finanziarie per accedere al credito, migliorare le competenze tecniche e scientifiche;
- Promozione di una cultura d’impresa fra le giovani generazioni, educando al rischio d’impresa, ad uscire dalla comfort zone e a scommettere sul proprio talento;
- Gli strumenti innovativi per finanziare start upe idee nuove con il ricorso al crowdfunding;
- Mettere al centro ricerca ed innovazionecollegata alla valorizzazione delle identità e del genius loci;
- Supportare le capacità manifatturiere e la tutela del Made in Italycome valore per l’export ma anche per l’attrazione di investimenti esogeni interessati al capitale umano con skills altamente qualificati;
- Sostenibilità e social Impact:non si tratta soltanto di inserire il “think green”in ogni azione, ma anche quello di non fermarsi alla generazione di output ma alla misurazione dell’impatto sociale che ogni intervento messo in campo ed ogni spesa fatta ha sullo sviluppo sociale e sulla salute fisica e mentale delle comunità;
- Ricambio generazionale:c’è un grandissimo problema generazionale del quale ci dobbiamo far carico per rendere accessibili ai giovani delle opportunità di crescita personale, professionale e imprenditoriale.
In che direzione sta andando il vino italiano secondo te?
Il vino italiano ha una grande opportunità di rilancio, bisogna guardare lontano e questo, oggi, vuol dire capire quali saranno gli scenari post Covid e i trend futuri. La crisi pandemica ha segnato fortemente l’economia mondiale non solo in termini di perdite, ma anche e soprattutto nel fare emergere la necessità di nuovi approcci.
Il primo è quello che riguarda il consolidare una forte identità della produzione italiana; oggi a fare la differenza è l’unicità del nostro territorio. Apparentemente, la marcata parcellizzazione del mercato del vino italiano potrebbe apparire come una debolezza, ma se comunichiamo come “sistema vino Italia” la nostra unicità, la differenza varietale diventa un grande plus a livello mondiale, divenendo un segno distintivo rispetto all’offerta di vitigni internazionali. Raccontare, ad esempio nel nostro caso, il vitigno Cortese di Gavi al mondo è raccontare qualcosa di unico, non replicabile. Era ed è la nostra forza per il futuro.
Altro approccio fondamentale per competere all’estero sarà quello di fare sistema con le cantine, la squadra Italia oggi può, in linea con i successi sportivi delle ultime olimpiadi, dimostrare di sapere giocare sul campo dell’esternalizzazione come una comunità coesa.
Importante, infine, è il tema della distribuzione: molte aziende vitivinicole durante la fase Covid hanno investito sulla distribuzione online tramite e-commerce, il mercato online rappresenta sempre più uno strumento interessante per un costante contatto con gli appassionati ed il pubblico. Al contempo è necessario, però, sostenere l’Ho.re.ca che negli anni ha costruito il successo del vino italiano nel nostro Paese e nel mondo, confermare la nostra presenza affianco a coloro che ogni giorno raccontano e valorizzano il nostro prodotto come grandi ed insostituibili ambasciatori.
Come ‘La Scolca’ guardiamo a questa 102esima vendemmia, con spirito di innovazione e di modernità e con un piano triennale di investimenti che vuole sin da subito guardare lontano, anche in termini di sostenibilità.
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 1| Stefania Vinciguerra
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 2| Cristiana Lauro
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 3| Monica Coluccia
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 4| Elena Erlicher
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 5 | Chiara Giannotti
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 6 | Divina Vitale
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 7 | Marianna Cardone
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 8| Annalisa Zorzettig
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 9| Miriam Lee Masciarelli
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 10| José Rallo
Donne produttrici: il vino italiano al femminile 11| Marilisa Allegrini
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