Come deve essere un vino dolce? La ricetta è semplice, realizzarla è difficile, perché l’eleganza il più delle volte fa parte del modo stesso di essere di una bottiglia come di un uomo. E, volendo continuare il facile parallelismo, nelle persone anziane acquista un fascino superiore, coinvolge la narrazione del vissuto, degli anni nel corso dei quali lo stile ha superato le mode. Quando il Donna Franca di Florio è arrivato al tavolo dei degustatori nelle finali di Vini Buoni d’Italia il voto è stato unanime, il Marsala Superiore Riserva della storica azienda siciliana, concepito da uva grillo coltivata nella fascia costiera di Petrosino, ha immediatamente raggiunto l’obiettivo, la Corona. Già, perché dolce non vuol dire zuccherino, soprattutto significa grande complessità aromatica in continuo movimento, per nulla simile alle zaffate di fichi secchi o sotto spirito a cui spesso i passiti d’annata ci hanno abituato e per cui mai riescono ad emergere nelle degustazioni coperte. Donnafranca è un progetto che parte nel lontano 1993, quando in Italia, pensate un po’, ancora infuriava Tangentopoli, Clinton succedeva a Bush padre ed entrava in vigore il Trattato di Maastricht. Forse questi quindici anni sarebbero stati inutili per il nostro Paese se nel frattempo il Marsala di Florio non si fosse elevato lentamente in carati da 300 litri, inspirando e respirando dall’alto dei suoi estratti, del grado alcolico e del residuo zuccherino pari a 93 grammi per litro. Adesso è un vino che non porta data, potrebbe averlo bevuto Ulisse o essere stato in una coppa di Trimalcione, e durerà sino a quando l’uomo non avrà la pazienza di aspettare. Già, perchè è vero il sentore di pesca sciroppata e confettura di albicocca, ma poi ci sono le erbe della macchia mediterranea, e il colore ambrato brillante ci racconta il sole raccolto dalle uve in quell’ottima annata. Per questo Marsala, un vino quasi dimenticato negli anni furiosi di rivoluzione vitivinicola italiana pur essendo una delle poche tradizioni consolidate e sperimentate, il titolo giusto è «vino dell’anno» del Touring Club. Così ci siamo lasciati a Terre di Conca, l’agriturismo di Berardino Lombardo dove si è riunita la commissione, e spero proprio che i curatori della guida Mario Busso e Luigi Cremona diano seguito a questo intento. Vi consiglio di prenderlo, conservarlo, berlo al fresco in estate, al caldo in inverno, da soli o in compagnia, mai alla fine del pasto ma da solo, austero e composto, quando avete una bella occasione o per conversare con voi stessi. Così parlò Plinio il Vecchio.