di Raffaele Mosca
Che c’azzecca la varietà borgognona con l’ Abruzzo? Non lo so con esattezza, ma se, come tanti colleghi ed amici, fossi riuscito a fare un salto ai Grand Jours de Bourgogne, mi sarei portato dietro una bottiglia di questo vino nata per gioco, tanto per vedere come si comporta nel raffronto con i vini d’entrata dei mostri sacri.
Donato di Tommaso, già consulente di aziende di rilievo nel panorama abruzzese come quelle del “Gravner di Atri” Francesco Cirelli, ha avviato il progetto che porta il suo nome per passione e, anziché puntare tutto sul solito quartetto, ha provato a piantare Riesling, Sauvignon Blanc e Pinot Nero su di un fondovalle, non lontano dall’azienda del suo amico – e collega – Edoardo Speranza. ” E’ una zona con una clima abbastanza equilibrato – mi spiega – l’unico vero problema è la siccità degli ultimi anni, ma si riesce a gestirla con i giusti portinnesti”. Nella sua gamma figurano un Riesling onesto, riconoscibile e sorprendentemente longevo, un Sauvignon garbato e, nelle annate meno fortunate, il Biancopazzo, ovvero un blend che, soprattutto in evoluzione, assomiglia più a un vino del Collio che a qualunque altra cosa prodotta in Abruzzo.
Ma la vera star è proprio il Pinot Nero: irresistibile nella sua semplicità, con profumi di chinotto, fragola e susina, forse un po’ più caldi di quelli di un Bourgogne rouge, ma straordinariamente eleganti per le nostri latitudini, con tracce di ginseng e incenso che vanno ad incorniciarli con la roteazione. Tutte le componenti sono al loro posto e il sorso scorre leggiadro tra frutto succoso, giusto piglio acido, tannini sottili e ampio retro-olfatto floreale. I numeri sono esigui e non credo sia facile trovarlo fuori regione. Ma se vi capita, non fatevelo scappare!
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