Ci sono domande epocali in Italia a cui nessuno saprà mai dare risposta. Una di queste è come mai il Don Alfonso ha perso la terza stella Michelin.
Anno dopo anno la famiglia Iaccarino investe nella struttura che funziona come un orologio, la cantina è una delle migliori del mondo, idem l’accoglienza mentre la cucina ha realizzato quel passaggio generazionale sempre così complesso nelle aziende familiari.
Ci sono sempre state tante voci che si sono rincorse nel corso di questi anni. La Campania è l’essenza dell’Italia anche se questa affermazione può dare fastidio, vive nel culto della rappresentazione, dei si dice non detti, nelle perifrasi, nelle asserzioni non studiate e documentate.
Narrano le leggende di personaggi che si pavoneggiavano molto esibendo il potere di aggiungere e togliere stelle.
Io sono sempre dell’idea, invece, che chi parla non scopa e chi scopa non parla. Vale anche per il vero potere, quello che non si deve esibire purché sia davvero efficiente.
Non credo dunque che la Michelin sia stata vittima di un complotto, ma semplicemente di un errore che post come questi non aiutano a correggere perché una delle regole del potere, appunto, e non dare l’impressione di essere influenzabili.
Nella mia scarsa e breve esperienza gastronomica ho conosciuto bene i tre stelle italiani, molti francesi e devo dire che sicuramente al Don Alfonso non guasterebbero.
Tra l’altro, è uno dei pochi modelli esportati all’estero, un po’ come la pizza napoletana ed il motivo è semplice: si tratta di una cucina replicabile ma non imitabile perché ha comunque l’anima del territorio, la tipicità.
Molti giovani pensano che sia questione di tecnica, ma non basta saper scrivere se non hai contenuti e, oggi sempre più, la materia, il prodotto, restano il discrimine principale.
Non è la teoria del chilometro zero, ma quella della qualità eccelsa sempre, che non sia però scorciatoia perché fanno grande la cucina la tecnica aggiornata, la materia di qualità e la materia interpretata dal territorio attraverso il cuoco.
Ecco dunque la domanda che torna: come mai la terza stella fu tolta? E come mai, soprattutto, non è in programma? Come mai è fuori dal circuito 50Best?
Oggi la Michelin è diretta da un giovane che conosce bene lo stile campano e ha mostrato già di avere coraggio nello sparigliare.
Noi dunque speriamo che qui o in Sicilia, da Cuttaia e Ciccio Sultano per la precisione, ci sia questa scelta di coraggio che sarebbe un segnale culturale ed economico straordinario.
Lo speriamo non perché siamo terroni, ma perché senza il Sud italiano non esiste anima nella cucina europea. Ed è qui dove si è conservata la biodiversità, interpretata non da piagnoni e complottisti, ma da gente che si rimbocca le maniche, viaggia e si aggiorna, noi speriamo che la Michelin, attenta a quello che sta succedendo e puntuale nel sottolineare la fine del ristorante borghese, abbia il coraggio di sparigliare e di soffiare la volata nella disinibita e anglofona Fifty Best.
Perchè la velocità fa dinamismo senza movimento se non ha anche contenuti. Non bisogna aver paura di chi corre, ma di chi cammina:-)
Tutto ha un suo ciclo e, come si dice, l’italiano tollera tutto ma non il successo. C’è dunque l’ascesa e poi il tiro al piccione. Ma chi spara dovrebbe ricordarsi sempre della frase di Danton a Robespierre prima di salire sulla ghigliottina: “presto mi seguirai”.
E difatti il punto vero, quello focale, su cui qualsiasi impresa diventa da personale a familiare, è proprio quando si realizza il primo passaggio generazionale.
Questa dovrebbe essere la valutazione principe dell’assegnare, in qualsiasi campo, un grande riconoscimento.
E adesso questo presupposto c’è.
La colpa di Ernesto è non aver cucinato gratis a casa per i compleanni di qualche presunto dispensatore di stelle? No, questo è un merito perché se qualcuno lo ha fatto è bene che non lo dica troppo in giro: fa la parte dello stordo, come dicono ad Avellino.
Queste sono leggende metropolitane, appunto. E basta. Perché è il lavoro che, alla lunga, regala i giusti risultati a cui ciascuno di noi ambisce.
E comunque io una cosa l’ho imparata in questi anni. Mai dare per finito chi ha fatto qualcosa di grande. Mai perdere il rispetto del passato perché vuol dire vivere un presente senza futuro.
Per cui, mentre scorriamo i piatti di una stagione irripetibile, che ha portato il Don Alfonso e la Penisola Sorrentina a rivivere i fantastici anni ’90, la risposta più semplice alla domanda del perché è stata tolta la stella è questa: perché la Michelin ha fatto una grande cazzata:-)
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I DOLCI
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