Forse la mia cena dell’anno l’ho fatta ai Due Camini intrecciando i due menu di Domingo Schingaro: incrociando con Monica Caradonna i due menu Radici e Mediterraneo ho capito di avere incontrato l’avanguardia pugliese che piano piano sta prendendo forma e che parte da una materia prima straordinaria, dalla consapevolezza di essere mediterranei, e dalla voglia di incrociare i sapori usando laicamente ogni tipo di tecnica. Si è trattato di una cena fantastica in un ambiente fantastico dove tutto è al massimo livello, dal servizio all’ambiente. Domingo Schingaro merita sicuramente la seconda stella per la capacità espressiva, la maturità gastronomica, la capacità professionale di organizzare più punti di ristoro in una struttura che ha tante ambizioni di crescita, basti pensare che la proprietà ha rilevato il famoso e bellissimo Santa Venere a Maratea. Nasce una idea di lusso mediterraneo intimamente legato alla natura, al rispetto dell’ambiente, alla capacità di andare oltre ogni possibile esigenza del cliente in una situazione strabiliante.
Piuttosto che la descrizione dei piatti, ci affidiamo alla intervista che Monica ha fatto allo chef da cui emerge la sua visione al tempo stesso laica ed etica di cucina che ha al centro del piatto non l’ego dello chef ma il palato del cliente.
Non c’è la gerarchia della vecchia gastronomia nei piatti, il vegetale ha pari se non superiore dignità alla carne, il mare è presente in tutte le sue articolazioni, dalle alghe ai pesci. Il ritmo della degustazione non è mai monotono e i primi piatti conservano una centralità basata sulla gioia, sul calcio di rigore a porta vota che ogni cuoco italiano può tirare. Bellissimi i dolci, non zuccherini e che non stroncano.
Poi l’invito, è vero, siamo nel lusso ma il menu degustazione costa 140 euro. Una cifra sicuramente abbordabile per fare una esperienza unica in un contesto fiabesco. E durante la vostra vacanza pugliese, ovunque voi siate, non potete non passare da qui.
di Monica Caradonna
Certo che dopo Ferran Adrià i cuochi hanno iniziato ad avere un ruolo differente nella società. Non sono più, neanche nell’immaginario comune, solo combattenti da fuochi e fiamme. I cuochi studiano. I cuochi si relazionano con la natura e con i suoi cicli, si preoccupano del futuro, sono interessati ai cambiamenti climatici. Non sono più spettatori da dietro il pass, ma oggi sono protagonisti di una rivoluzione culturale. I cuochi mandano messaggi politici. Parlano come Massimo Bottura di zero spreco; o come Niko Romito dell’importanza del cibo legato alla salute ed entrano così anche nelle cucine degli ospedali. Studiano le materie prime e si relazionano con i custodi della terra, agricoltori e produttori che probabilmente proprio grazie a questa diversa sensibilità moderna, stanno imparando a non sfruttare la terra ma a rispettarne i cicli produttivi.
In questo contesto di sensibilità gastronomica in Puglia Domingo Schingaro, cuoco stellato del ristorante Due Camini di Borgo Egnazia, ha trovato la sua dimensione per poter dire la sua. «Lo faccio a modo mio – commenta Schingaro – attraverso la mia cucina e racconto una storia di popoli, ma dopo alcuni anni di sperimentazione, mi piace accompagnare le persone in un viaggio nel loro benessere generale». Un approccio olistico quello che attraverso le sue cucine il cuoco dell’albergo più bello del mondo ha deciso di attivare.
Con la riapertura di Borgo Egnazia dopo i mesi di lockdown le cucine dei sei ristoranti sono cambiate seguendo un percorso verso il benessere totale della persona. «Erano già quattro anni che sperimentavamo buone prassi in termini di cotture, uso del sale e delle proteine animali, con il nostro personale – spiega ancora lo chef – ma non avevamo trovato la maniera migliore per comunicare l’importanza di questo progetto. Poi sono arrivate le Regole Auree della ristorazione».
Di cosa si tratta chef?
L’alimentazione è fondamentale per il benessere: cibo, gusto, salute. Le Regole Auree suggeriscono come preparare i piatti e come consumare i cibi nella maniera più corretta ai fini del raggiungimento del benessere di corpo e mente. Di conseguenza tutti i Bar e tutti i Ristoranti di Borgo Egnazia si sono allineati a questa visione, riprogettando i menu alla luce di queste preziose indicazioni. Siamo partiti da queste considerazioni. Ho affrontato questo punto con Antonio Campanale, che segue la cucina di Calce uno dei nostri ristoranti, quello che è diventato il simbolo di questo percorso. Lui si è laureato in Scienze dell’Alimentazione e insieme abbiamo riportato, usato e valorizzato tecniche che potessero portare nel piatto non solo gusto, sapore e identità, ma anche qualcosa che tenesse conto della salute. Abbiamo studiato i rapporti in cui devono coesistere gli ingredienti: io ho messo il gusto, lui la parte più scientifica. È stata dura eliminare nell’offerta per la cena le fritture in un tipico menù pugliese, ma la parmigiana oggi viene fatta con una cottura che mantiene ugualmente la croccantezza, lasciando il gusto centrale e inalterato.
È stato molto interessante il lavoro che ci ha portato fin qui poiché da Erika – la nostra spa manager- a tutto il team ognuno ha contribuito alla costruzione di una nuova consapevolezza.
Ci siamo resi conto che in alcuni ristoranti bisognava solo aggiustare qualche metodo di cottura, o magari la presenza di sale. Ma il concetto di benessere e cibo era già dentro di noi. Due Camini, ad esempio, per il terzo anno consecutivo fa del vegetale il protagonista dei piatti.
Un bell’esempio della forza del lavoro di squadra.
Non ci siamo mai fermati. Anche durante la chiusura, ci confrontavamo quasi tutti i giorni; siamo stati attivi mentalmente pensando a quello che poteva cambiare da qui ai prossimi anni. E ci siamo resi conto che il tema della sostenibilità non è solo ambientale, ma anche del corpo. Quindi, la domanda, è stata: Come possiamo rendere un periodo di relax non proibitivo? Non dovevamo lavorare su delle diete, non siamo una clinica, quindi il gusto al centro del progetto.
I sei mesi di chiusura ci hanno permesso di spogliarci di tante cose e rendere la cucina sempre più vicina alle persone portandola all’essenziale lasciando però ancora di più il gusto.
Regole ben precise, quindi?
In realtà, accorgimenti durante le fasi di preparazione e servizio dei piatti (uso di sale, metodi di cottura per le verdure, porzioni); una attenta scelta delle materie prime per incrementare la presenza di verdure e fibre e la costruzione di piatti polifunzionali. La scelta consapevole di alimenti che contribuiscono al benessere psicofisico, la presenza di dolci con pochi zuccheri aggiunti e proposti nei giusti momenti della giornata, di preparazioni più complesse e nutrienti disponibili nella parte centrale della giornata.
Coincide con un percorso interiore?
Sicuramente. Noi questo percorso lo facciamo in mensa per il personale da 4 anni. È partito prima dallo staff che è stato educato a mangiare in un certo modo. All’inizio si lamentavano pensando che volessimo imporre una sorta di cucina vegana. Ma fave e cicorie non è solo cucina vegana, è la tradizione pugliese. Ecco, dopo aver educato il nostro staff, siamo passati a lavorare sul cliente.
Che ruolo può svolgere un cuoco nella ricerca del benessere?
La figura del cuoco si è evoluta. E con le nuove generazioni ancora di più. Il cuoco oggi ha cultura, studia, sa cosa c’è nel piatto. Questo ci porterà ad avere sempre più una evoluzione verso la cucina del benessere. Al centro resta la materia prima, ma oggi sappiamo che anche i nostri fornitori fanno parte della nostra brigata e che anche con loro dobbiamo attivare le logiche del gioco di squadra chiedendo sempre più qualità. Stiamo vivendo una profonda rivoluzione. Basti pensare a quanti giovani laureati sono tornati nelle aziende agricole di famiglia a portare una nuova cultura della produzione. Non è semplice avere a che fare con un contadino abituato a chiedere ai suoi carciofi una produzione intensiva. Probabilmente, oggi, alla luce di tutti questi ragionamenti, anche i Distributori dovrebbero iniziare a ripensare il loro mondo, poichè non si può più proporre lo stesso agnello in Puglia e a Londra.
Ma secondo te tutto questo è una moda o è una esigenza dell’uomo dietro il cuoco?
Non è una moda. Io la sto vivendo come esperienza. Se fosse stata una moda sarebbe stata caratterizzata da un percorso più semplice. Invece ci sono tanta ricerca e tanto studio.
Come accaduto per il menù dedicato al Mediterraneo? Nasce dal periodo del lockdown ed è il bisogno di toccare altre mete.
La mia idea legata al menù Mediterraneo non era quella di contaminare i piatti pugliesi, ma quella di comunicare culturalmente quanto i popoli dell’area del Mediterraneo fossero così vicini tra loro da millenni. Basti pensare agli ingredienti che sono comuni sulle nostre tavole: legumi, pesce azzurro, frutta secca. Sono arrivati qui con le dominazioni e con i viaggi lungo le rotte di questo mare straordinario, poi però c’è stato un black-out con la storia che noi, oggi, stiamo ricollegando proprio attraverso la cucina.
E il menù Mediterraneo nasce dall’idea di abbracciare un popolo intero, un pezzo di terra a cui ci sentiamo legati. Sentivo il bisogno di esprimerlo e l’ho fatto attraverso il mio modo di comunicare, con la cucina. L’idea di avere un’evoluzione dei piatti in chiave pluri-popolare è un messaggio etico per dire e per dirci: non siamo soli, ma siamo in tanti. Non sono un comunicatore, ma se posso dire qualcosa con i miei piatti lo faccio.
Sul mediterraneo le tecniche mi servono a portare a un gusto estremo materie semplici. Nei legumi, elemento non troppo usato ma che fa parte del nostro territorio, abbiamo espresso la massima interpretazione: dal brodo di lenticchie fermentate abbinate agli sponsali, ai fagioli con il peperoncino. Dai legumi si ha un piatto che può creare un’esplosione che diventa massima espressione del mediterraneo.
E il menù Radici che percorso ha fatto?
Ho iniziato a lavorarci lo scorso anno. Non è un menù vegano, ci sono uova e formaggi, ma era l’esigenza di dare importanza alla biodiversità pugliese. Un interesse che è nato dalla lettura di un libro in cui si cita la immensa varietà di prodotti che sono in Puglia e che spesso non conoscevo. Con Angelo Convertini, mio sous chef a Due Camini, siamo andati a conoscere il professore dell’università di Agraria che aveva scritto questo manuale e ci siamo addentrati nella conoscenza di questi prodotti straordinari. Abbiamo cercato i piccolissimi produttori, abbiamo iniziato a usare le diverse qualità di cime di rape, di cicorie, di cavolfiore, di carciofi e di pomodori. Abbiamo costruito un menù basato sulle biodiversità fino a creare 14 piatti.
Lo scorso anno è stato il menù che più mi rappresentava e che a noi divertiva di più.
Chef stai studiando come regalare felicità attraverso la tua cucina, ma tu sei felice?
Si molto. Una persona recentemente mi ha detto che sono l’uomo giusto nel posto giusto. E in effetti credo che avesse ragione.
Borgo Egnatia, il menu del ristorante Due Camini
La cucina di Domingo Schingaro
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