Dominga Cotarella è figlia d’arte. Con Marta ed Enrica adesso è al timone della Falesco, ora Famiglia Cotarella, fondata da Riccardo e Renzo. Ha lanciato il progetto Intrecci, una scuola di alta formazione per personale di sala e si occupa soprattutto della commercializzazione dei vini aziendale. Da sempre gira come una trottola in Italia e nel Mondo. Ecco perchè è la persona giusta pr fare una fotogrfa della situazione del comparto vitivinicolo.
Pochi come te conoscono la ristorazione italiana, non solo quella stellata, ma soprattutto quella che è attenta al vino. Qual è la tua percezione sul quel che sta accadendo in questo settore? Cosa secondo te ci si può aspettare nell’immediato?
La situazione è critica perché tutti i ristoranti sono chiusi. Difficile fare previsioni, dipenderà anche da quello che succederà prossimamente. La ristorazione è strettamente legata al turismo italiano e, soprattutto, internazionale e per quest’ultimo ci vorrà un po’ di tempo. Si sa che uno dei settori più in sofferenza del mondo del vino è quello dell’Horeca, nello specifico dei ristoranti, un settore su cui abbiamo sempre fatto affidamento sia per il consumo che per lanciare i nostri vini migliori. Questo comporta una crisi economica oltre che di consumo che si risolverà quando potremmo tornare alla normalità in totale sicurezza e i ristoranti saranno nuovamente quel luogo dove vorremo andare per stare insieme.
Veniamo al mondo del vino. Tu sei figlia d’arte, lo produci e ti occupi della commercializzazione in Italia e nel mondo, quindi la prima domanda che mi viene da fare è: sta cambiano il tuo lavoro? E come?
Sono convinta che in tutti i settori ci sarà una naturale rivisitazione degli usi e consumi: apprezzeremo cose che prima ritenevamo inutili così come trascureremo altri aspetti che ritenevamo indispensabile nella nostra vita. Sicuramente sta cambiando perché oggi più che mai non potremmo lavorare senza i social e internet e sempre più diventeranno parte integrante del mio lavoro. Il mondo del vino ha, almeno nella vendita, lo stesso approccio da 100 anni quindi è evidente che qualcosa cambierà ma la relazione personale, il toccarsi, il vedersi e il frequentarsi rimarrà, nel rapporto cliente fornitore, un rapporto di grandissima forza. Non può esserci una relazione fredda, a distanza perchè il vino è un prodotto caldo, da relazione. Sì, cambierà, verrà supportato dalle tecnologie ma la relazione personale rimarrà un valore aggiunto che un’azienda come la nostra non perderà mai.
Quali contromisure avete preso di fronte al lockdown e al crollo del settore Horeca? Siete presenti anche nella Gdo?
La nostra presenza in GDO è sempre stata limitata, ha sempre rappresentato una minima quota perché noi ci rivolgiamo soprattutto alla ristorazione e alla mescita. Ma ha mantenuto la possibilità di acquistare vino. In questo momento stiamo soprattutto cercando di mantenere attivo il personale che ci aiuta a sentirci vicini ai nostri clienti che, anche grazie a questa pandemia, sono diventati “più amici”. Con le mie sorelle abbiamo dato vita ad un nuovo progetto che permette di dare voce ai ristoratori di tutta Italia tramite delle dirette Instagram. Ogni giorno li coinvolgiamo per capire quali sono i loro problemi e le loro esigenze perché vendere vino non è semplicemente un’operazione commerciale, ma è avere anche un rapporto di famigliarità con quelli che sono gli ambasciatori più importanti del vino italiano. Sento che è importante che ci sentano vicini come azienda.
Quali sono le tendenze di acquisto tra i consumatori in questo momento?
Con il lockdown gli unici che possono vendere sono negozi di prima necessità e la grande distribuzione. Soprattutto a quest’ultima si sono avvicinate persone che normalmente acquistavano vino in altri contesti e questo ha portato ad alzare la vendita dei vini leggermente più costosi. Quindi in realtà i numeri in Italia non sono cambiati più di tanto, mentre negli Stati Uniti la forte presenza nella grande distribuzione ha diminuito leggermente il valore medio per bottiglia. Un certo incremento l’ha avuto anche l’e-commerce che può crescere e diventare un’attitudine nel futuro, così come il delivery fatto dalle enoteche a cui si affidano soprattutto i clienti fidelizzati.
Ci sono degli insegnamenti di questa crisi che le aziende devono applicare per il futuro se vogliono sopravvivere?
Tantissimi. Il nostro è un settore agricolo che ha sempre delle incertezze e delle criticità legate alla natura, per cui per noi ogni giorno l’azienda rischia una “crisi” vuoi per una gelata improvvisa o un insetto particolarmente insidioso. Tutto questo però ci farà sicuramente tornare con i piedi per terra e a quei valori che sono il nostro elemento di forza, così come ci darà gli strumenti per affrontare il futuro con una maggiore consapevolezza e attenzione al dettaglio. Sarà sempre più importante assaporare il vino per quello che è.
Infine, il mercato italiano del vino è fatto di export. Cosa sta succedendo nel mondo?
Fondamentalmente il mercato del vino nel mondo è diviso in due: da una parte c’è il consumo a scaffale che funziona e il vino viene consumato come “bene di prima necessità” e dall’altra c’è la ristorazione dove va male perché i locali sono chiusi.
Sei per natura una persona ottimista. ma quanto si può essere ottimisti? Cioé quando prevedi che si possa iniziare a ripartire?
Se non fossi ottimista andrei in depressione! Ma come mi ha insegnato la mia famiglia non bisogna mai lasciarsi abbattere perché ci sarà sempre un ritorno alla vita. Ci sono stati altre pestilenze e pandemie che, anche senza gli accorgimenti sanitari che abbiamo oggi, sono state superate. Bisogna avere la forza di resistere, riorganizzare il lavoro e l’azienda. Questo virus ci serva anche da insegnamento per esplorare nuovi scenari. Ti cito un pensiero di Albert Einstein che mi ha detto mio padre ed è la più bella risposta alla tua domanda: “la creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sè stesso senza essere “Superato”.
Quando ripartiremo? Speriamo che l’ultimo trimestre dell’anno sia positivo così da poter ricominciare la prossima primavera.
Le misure del Governo sono per te sufficienti a sostenere il comparto vitivinicolo?
A condizione che siano realizzabili. Le aziende si aiutano con atti concreti e non solo con una comunicazione di principi. Assoenologi, come ben sai, ha fatto richieste al governo sia di natura agricola che economica. E’ necessario dare dei soldi veri e non dei prestiti per garantire alle imprese di svolgere la loro attività, dare lavoro alle persone e creare ricchezza. Devono aumentare i profitti e non le tasse. Una volta fatto questo bisognerà poi costruire un modello di stato più snello, con meno burocrazia dando più fiducia ai cittadini e alle imprese.