Domenico Marotta giovane dell’anno 2022 per 50 Top Italy – S.Pellegrino & Acqua Panna Award
Domenico Marotta ha aperto il suo ristorante nel giugno 2019, una piccola oasi di cucina d’autore al primo piano del ristorante per banchetti gestito dalla famiglia. Un Curriculum di quelli di quelli davvero importanti. Quasi un paio d’anni da Andrea Berton al Trussardi alla Scala, più di tre anni da Enrico Crippa a Piazza Duomo (è andato via da junior sous chef), un anno alla corte Alain Passard e del suo Arpege. Brevi passaggi anche da Éric Frechon, Kobe Desramaults e da Seiji Yamamoto. Un ragazzo riservato, molto timido, che ha deciso di coltivare il suo sogno dell’alta cucina nell’attività della famiglia. E’ la mia seconda volta al Marotta Ristorante, la prima il 5 ottobre del 2019.
Cosa si mangia al Marotta Ristorante
La partenza lascia il segno. un excursus intorno al mondo vegetale, che sale d’intensità e vira prima sul pesce, con il mantecato mediterraneo, con un lavoro importante di recupero di tutte le parti, fino ad arrivare alla potenza gustativa delle lumache, passando per la golosità delle schie fritte. E’ raro che un cuoco mi abbia colpito con un benvenuto, dovrei scomodare nomi importanti, per fare paragoni. Spesso questo parte del pasto è quella inutile, se non trova un filo, come in questo caso.
Anche in questo caso i sapori sono in crescendo, il rispetto della materia nella lattuga, quasi giapponese per essenzialità e rigore, la golosità dei gamberi, il suntuoso boccone della tartare di pecora, potente, ma allo stesso tempo elegante. Il tutto aveva una musicalità, un filo logico e parlo della costruzione di un menu, perchè è chiaro che in un percorso di degustazione non si resta colpiti solo dal singolo piatto, ma dall’insieme.
Riso, pasta fresca e pasta secca, anche qui un crescendo. Il risotto con toni tenui, gusto rotondo ed esecuzione perfetta. Lo spaghettino avvolgente, pieno di cambi di ritmo e il raviolo intenso e persistente a chiudere un tris che non lascio spazio a dubbi.
Il dentice, cipresso e mandorla è stato il piatto del viaggio. Essenziale, con l’accenno della nota balsamica del cipresso che esaltava il dentice in una maniera sorprendete. La grassezza, tutta vegetale della mandorla, un tocco da fuoriclasse.
Calamaro e cinghiale sono due opposti non solo provenienza degli ingredienti, ma anche nella concezione. Mentre la salsa diventa protagonista nel calamaro, nel cinghiale viene lasciato spazio al sapore rustico della carne, ed in questo caso la precisione della cottura mostra la mano vera del cuoco.
La pasticceria del Marotta ristorante poggia le basi sulla frutta, sulle marinature, su pensieri lontani da zuccheri in eccesso. Un vero piacere chiudere così un pasto.
Conclusioni
Una precisione chirurgica nelle cotture, sensibilità notevole nel trattare il mondo vegetale, pulizia gustativa, personalità, appartenenza, leggerezza. Questi 6 punti sono il benchmark nella cucina d’autore moderna, sono i cardini imprescindibili per qualsiasi cuoco. Domenico le riassume tutte insieme, con grazia ed eleganza, sussurrandole. Una cucina che appare già matura, nel senso che è già compiuta, che coniuga ricerca senza perdere di vista il tema della golosità. Sono davvero tanti gli spunti per un ragazzo che affonda a piene mani nel luogo dove vive (appartenenza), rispettandolo, senza aver paura di contaminarlo con viaggi ed esperienze che ha fatto. E’ sempre difficile giudicare, ancor di più fare delle previsioni, ma mi sento di dire tranquillamente con grande serenità che quella di Domenico Marotta è una delle esperienze più interessanti che la cucina italiana propone in questo momento.
Ristorante Marotta
Via Marrochelle, 52 81010 contrada Squille, Castel Campagnaro (CE)
Aperto dal mercoledì alla domenica pranzo e cena
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