di Erika Mantovan
con la delegazione ONAV di Torino per scoprire i Domaines Schlumberger!
Elegante, potente ed incredibilmente raffinata. È l’Alsazia con i suoi climat, le sue ripide colline di sabbia, arredate dai muretti, e le sue cultivar che nominano i vini. E la forma delle bottiglie è inconfondibile cosi come il contenuto: bianchi fini, prima delicati e da concedersi già oggi, poi profondi e serbevoli che si svelano nel tempo.
È il risultato di una sommatoria di svariati elementi. Anzi, un’espressione da scomporre per trovare la ricchezza della Borgogna, l’eleganza della Côte de Provence e la longevità di un grande Bordeaux. Gewürztraminer, Moscato Bianco, Pinot Gris e Riesling sono le chiavi d’accesso ad un piacere senza tempo. La lettura dell’etichetta è essenziale è di primaria importanza come spiega Séverine Schlumberger al comando oggi del più grande Domaine d’Alsazia con 130 ettari di vigneti.
Le prime tracce dei Schlumberger si registrano nel 1426; da sempre impegnati nel settore del tessile sarà Nicolas, trasferitosi a Guebwiller nel 1810, ad iniziare il percorso-vigna con l’acquisto dei primi 20 ettari. La crisi fillosserica e i conflitti mondiali non hanno agevolato lo sviluppo ma è proprio in questo periodo difficile che petit a petit il patrimonio del Domaine si è formato. Gli elementi che compongo questa cornice sono: la storia, l’attitudine naturale a fare vino e il successo nel mercato. E ad interpretare le parole di Severine, per disegnare il cerchio puntiamo il compasso in un punto ben preciso della storia: l’inizio, com’è giusto e naturale che sia. Dopo il 1920 Ernest Schlumberger (il bisnonno di Séverine e Thomas) decise di tornare nei campi ristrutturando 50 km del vigneto di Guebwiller (il più grande d’Alsazia) situato a 23 km a nord-ovest di Mulhouse e a 25 km a sud-ovest di Colmar, tra i Vosgi: i monti preziosi che proteggono l’intero areale dai gelidi venti e dalle brutte notizie, che arrivano da Parigi. E oggi esiste un vino, una vendemmia tardiva, prodotto solo nelle migliori annate: la Cuvée Ernest, dedicata proprio a chi ha fatto grande la reputazione dei Schlumberger giunti oggi alla 7° generazione. Le cascate di neve e le poche piogge annuali non fanno dormire mai il suolo anzi sono gli agenti chiamati a formare e preservare questo habitat incredibile in cui Severine esprime tutta la sua esperienza con la voglia di sfidarsi ad ogni millesimo.
E con il fratello minore Thomas la scelta di investire nella cantina e nell’accoglienza si è rivelata vincente. Uno dei desideri “di domani”, forte anche dei cambiamenti climatici, è quello di voler impiegare meno della metà della superficie vitata (60 ettari) che raggruppa i 4 pregiati Grand Cru (Saering, Kitterlé, Kessler e Spiegel) per gestirli totalmente in biodinamica (oggi 30 ettari). Un sogno che Severine insegue e che la mantiene attiva insieme alla consapevolezza di essere il primo datore di lavoro agricolo d’Alsazia. Delle 56 persone assunte a tempo pieno, una quarantina sono destinate alla gestione delle vigne che durante la vendemmia raddoppiano!
Questi “produttori di frutta” –come ama definirsi Severine – nel giro massimo di due ore dalla raccolta della materia prima iniziano a trasformarla, concentrando ed esaltando le diverse caratteristiche del luogo di origine. E se la vista delle immagini dei cavalli tra i filari ricorda un “Palio” o una sfilata che insegue una moda, qui siamo smentiti dalla scelta di allevare e usare da sempre quelli di razza Comtois. La loro fermezza e capacità di contrastare la vertigine ne fanno i compagni ideali con cui percorrere i 900 km di vigna.
La firma dell’Alsazia, qui descritta come la “sorella maggiore di Borgogna” con i suoi 800 tipi di terreno diversi rispetto ai “soli” 60 (di Borgogna), diventa nei vini più incisiva ed elaborata ma non per questo di complicata lettura. Dal punto di vista geologico i suoli formano un mosaico che si spalma in 15.500 ettari composti da calcare, argilla, scisto e gesso. E tra i 51 Grand Cru che rappresentano appena il 5% della produzione le “reveil du terroir” diventa uno scopo, una forza indecifrabile, a parole, da cogliere con una ratio precisa che abita nella componente umana del vino: l’uomo, si, con le sue abilità e dubbi che si riverberano nei Domaines Schlumberger in quattro personalità differenti.
Tra tutti il cru Kitterlé è il “fuoriclasse”, un monumento storico, la cui fama si conferma ad ogni sorso. Un Plein Sud (est e ovest) con rese intorno ai 25 hl/ha a differenza dei 35 hl/ha dei Cru Saering e Spiegel, rispettivamente. In questa vigna vive la comprensione della sofferenza finalizzata alla sopravvivenza. Le radici devono farsi strada (fino a 10 metri!) per integrarsi perfettamente nel suolo sabbioso ricco di rocce vulcaniche. In superficie godono di una costante brezza che accarezza le piante e le protegge da funghi e perturbazioni violente. Un numero musicale dal suono sincero e di qualità scritto su un naturale pentagramma minerale che influenza l’ascolto.
E per chi è poco avvezzo all’Alsazia e ai suoi vitigni il Domaines Schlumberger li propone in versione “semplice” e più immediata con la linea Les Princes Abbes. Come spesso accade la storia è antica e trova, in questo caso, il suo epilogo durante la Rivoluzione Francese. La ricca e celebre Abbazia Murbach, costruita nel 728, è dimora scelta per accogliere i reali di Francia. E per premiare questo impegno Federico II nel 1298 conferisce agli abati il titolo di principi che dopo il saccheggio durante la guerra investono le proprie risorse nella produzione e commercializzazione del vino diventando cosi i precursori dell’AOC. Ancora oggi il bagaglio di conoscenza degli abati vive con la decisione di vinificare ed unire sapientemente le uve raccolte dalle piante più giovani (dai 4 ai 12 anni) a quelle più vecchie, classificate tutte come Grand Cru. Si apre la parentesi anche per il Pinot Gris e la sua flessibilità a tavola. Con la sua insolita tinta (rosa scuro) stupisce per il suo essere ricca e sofista, adatta ad ogni pietanza grazie al suo corpo denso, fruttato e di buona predisposizione all’invecchiamento. L’errore da non commettere quando ci si accosta a un Pinot Gris d’Alsazia, è quello di non aspettarsi gli aromi e i ritmi di beva di quelli italiani o ungheresi. Qui è un archetipo con una carica aromatica decisa e fusa in una netta e vibrante freschezza. La vastità del catalogo Schlumberger impone la selezione in chi narra. E la stessa, seppur rigorosa, rispetta i protocolli e il lavoro della famiglia.
Della linea Prince Abbes sono la semplicità e l’equilibrio del Pinot Blanc (uno dei vitigni più antichi di Alsazia noto già dal XVI secolo) ad assicurare il piacere quotidiano. Nel 2015 il frutto è maturo e richiama note di pesca bianca e di pietra ad anticipare un sorso dal grip minerale e a tratti quasi piccante per lasciare vivo il proprio passaggio. Dal Congresso di Chalons del 1896 quest’uva è stata infatti classificata come la versione bianca del Pinot Noir, confermata poi dagli studi dell’agronomo e ampelografo Pulliat a Chassagne-Montrachet. Insieme all’Auxerrois (Auxerrois de Laquenexy) è usato anche per l’elaborazione di vini base per il Crémant d’Alsace.
E l’uva per antonomasia, contesa con la vicina Germania, è sicuramente il Riesling che trova la sua culla nella Valle del Reno. Introdotta nel IX secolo, dopo la divisione dell’impero di Carlomagno, nei vigneti di Rheinghau (lungo il Reno) il nome deriva dalla sua difficoltà ad acclimatarsi alle rigide temperature alsaziane. La sua fortuna e sviluppo sono arrivate recentemente, solo dopo il 1960. Il profilo aromatico è di grande finezza e richiama il pompelmo rosa e la pesca sciroppata unite alle note di fiori bianchi (tiglio), ortica, anice e grano. E la sua evoluzione nel tempo è nota: polvere da sparo, silex, idrocarburi. E per i Schlumberger è nel Grand Cru Saering tra i 260 e i 300 metri di marne e calcare dell’Oligocene che si ottengono vini dalle intramontabili note saline con una strepitosa attitudine all’invecchiamento, di beva sempre sfavillante e fresca. Nell’annata 2014 si respira la tenerezza del calcare e tutta la tipicità dell’uva con note di granito, fior di camomilla che al palato si registrano per la densità pastosa del frutto accompagnata da un’incredibile pulizia e profondità.
E il Gewürztraminer? Si cambia “terrazza” ma la vista è sempre ricca ed esuberante. Qui la “palette” aromatica è potente ed esplosiva: un’eruzione esotica e speziata che rivela tutta la dolcezza e la freschezza del litchi, del frutto della passione, del mango e dell’ananas racchiusi in un foglio speziato. La componente strutturale, è figlia di un vecchio cépage conosciuto come “Traminer Rosé” o, nella regione di Barr, come “Savagnin Rosé”. Etimologicamente, poi, la denominazione Gewürztraminer sta per “épicé” (speziata), la cui “punta” si ritrova fedelmente nel Cru Kessler conosciuto localmente come “Le Vallon”, esposto a sud-est in suoli sabbiosi ed argillosi (rossi). Già celebrato nel 1320 per la sua profondità e potenza le uve sviluppano un carattere minerale con aromi più pietrosi per una bocca ampia e persistente. E nel 2014 fiocchi di pesca e petali di margherita sono una gioia intensa per il palato. Dolce e pacato in entrata si manifesta in tutta la sua stoffa acida e di incalcolabile spinta progressiva.
L’appuntamento finale è con una delle creazioni più rare della Casa: la Cuvée Ernest (Riesling), una vendemmia tardiva prodotta secondo i criteri più severi, per ottenere una “fuoriserie” da collezione, prodotta con acini botritizzati nelle annate ritenute più idonee (ad oggi nel 1945, nel 1971, nel 1999, nel 2007 e nel 2009).
Il bicchiere è un omaggio à Monsieur Ernest l’uomo, come detto, che nel bel mezzo del primo conflitto mondiale acquistava terre ed iniziava il percorso Schlumberger. Gli esemplari non arrivano in media a 1200 e nel 2009 le lacrime freschissime e delicate stupiscono per i profumi di anacardi, di albicocca secca e di rabarbaro per un gusto concentrato e setoso. Un momento emozionante anche per Severine perché raramente riesce a degustarla. È un messaggero lontano che si palesa e conferma, brillantemente, la qualità dei Domaines Schlumberger.
Un pensiero e ringraziamento speciale a Piera Genta, Giornalista (Italia a tavola, Torino Sette de La Stampa, OlioVinoPeperoncino, Vinibuoni d’Italia) per l’organizzazione della degustazione presso la sede Onav di Torino insieme al distributore Massimo Sagna dell’omonima società.
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