La tecnica per la degustazione alla cieca mi è sconosciuta. Credo però sia naturalmente e ovviamente prioritaria una attenzione e una capacità di concentrazione molto superiore alla media. Oltre a ciò è chiaro che la conoscenza di una zona, di un vitigno, dello stile di un produttore, dell’andamento climatico delle diverse annate e soprattutto il continuo e ripetuto assaggio di un determinato e ristretto numero di vini porterà con il tempo a riuscire finalmente a distinguere al primo approccio nasale la denominazione, l’annata e il produttore.
Non mi ritengo molto bravo in questo particolare esercizio di stile virtuoso, ma apprezzo molto quei pochi fenomeni che riescono addirittura a tararsi in gruppo prima di mettere il naso in decine di campioni di pochi centilitri di vino per poi emettere una sentenza comune, come una giuria inappellabile ed infallibile, come il Grand Jury Européen.
Nel mio piccolo credo che la specializzazione sia fondamentale se non hai un naso fenomenale. Specializzazione e costanza, sempre sul pezzo, mai mollare . Anche WordPress sembrava complicato, adesso invece quasi quasi gli darei qualche suggerimento a chi l’ha inventato, sei rigido ragazzo, sveglia! E pure Google Analytics secondo me non è molto preciso, almeno come il mio naso, pensate , dice che non c’ è nessuno in Valle d’Aosta che ci guarda sul web, e ha la medesima certezza anche per quanto riguarda Sanremo, come fai a fare le statistiche in Italia ” all’ insaputa” della Sanremo imperiese ? Sveglia Google, e poi la persistenza di un articolo nella mente di chi legge lo vuoi inserire o no? E la frequenza di rimbalzo per rifiuto dalle banalità dei Novella 200o del web lo vuoi indicare per cortesia ? E la percentuale di uscita istintiva per eccesso di presunzione e bruttezza di immagini me la vuoi evidenzià ? Speriamo mi ascolti , perchè per lui è uguale il numero di visualizzazioni del culo di Lady Gaga quanto il profilo del viso di Madame Leroy . Quello strumento fa acqua da tutte la parti, dietro a questa cosa probabilmente c’è una persona fisicamente triste e astemia, calvo di idee, binario di pensiero e monogamo di frequentazioni.
Quale sofferenza per la scarsa sensibilità della mia mucosa nasale, e meno male che fumo poco o niente, figuratevi che è la Signora ex astemia che mi accompagna da parecchi anni a dirmi spesso quali siano i reali sentori descrittivi di un vino. Una sera che stava sola in casa chiamò per una scoperta straordinaria, una cosa che non aveva mai fatto, e me la voleva confessare praticamente in diretta questa sua trasgressione, definendo con precisione la consistenza del tannino, sentori speziati e appagamento finale . Aveva stappato una Riserva 1999 di Brunello di Montalcino, e gli era anche piaciuto molto, questo quello che ho avverito , ma la verità vera fu che il mio ego ne uscì profondamente ferito da tanta precisione dei dettagli . Colpa anche dell’altra mia grande Signora, la Lalou Leroy, che mi smontò pezzo a pezzo ogni teoria relativa ai descrittivi fantasiosi di ogni vino e mi costruì un punto diverso da cui partire per capire cos’è il fascino e la bellezza. E allora sono diventati proprio i suoi vini quelli che riesco a prendere al volo al primo giro di naso sopra il bicchiere, senza agitare il bicchiere, non serve girare tanto il bicchiere, con i vini di Leroy è poi praticamente inutile, continuare a farlo serve solo per fare stratching ai muscoli del polso. Oltre ai suoi ci sono sicuramente quelli di Pacalet e Dugat-Py. Sto parlando di vini rossi, e quindi mi viene sotto il naso anche lo stile inconfondibile di un Bruno Giacosa o della cantina di Ar.Pe.Pe . Curiosamente sto citando produttori e non denominazioni, perché credo che sia questione di stile la riconoscibilità in un vino, il blasone di famiglia, perché si fa presto a dire Barolo, ma se è Roberto Voerzio piuttosto che Beppe Rinaldi sembreranno due pianeti diversi. Possono piacere entrambi per motivi diversi, ma la diversità è impressionante, e può spaesare fino a far uscire il naso dalla denominazione se non sai a cosa vai incontro.
Tra i pochissimi vini che se pur bevuti poco riesco a riconoscere abbastanza facilmente c’è però questo, questo che lo indovino sempre : questa chicca Jurassien che fa di nome Arbois Puppellin Poulsard Domaine Pierre Overnoy , Emmanuel Houillon. Accidenti, ma quanto è difficile ricordarsi tutta questa sequenza, e non è finita, i dettagli potrebbero essere ancora più articolati e definiti.
Ma sinceramente, in questo caso, non è mai interessato sapere molto di più ogni volta che mi è arrivato nel bicchiere , perché la bottiglia è sempre finita prima di ogni domanda sul dove, come , quando, chi o perché. Tra le specifiche da inserire tra le schede tecniche di degustazione credo andrebbe inserito anche il tempo necessario per finire la bottiglia presa in esame. Non ho dubbi, questo Poulsard nella disciplina specializzata della bevuta veloce andrebbe dritto sul podio. Però qui mi sembra corretto scendere un po’ più nei dettagli, anche per dare la giusta importanza a questo territorio, a questo produttore e a questa denominazione pressoché sconosciuta, perché credo che Arbois abbia più fama per una grande table de France collocata all’interno della località , un buonissimo ristorante due macarons Michelin (Jean Paul Jeunet) piuttosto che per i vini che invece meritano interesse quanto la cucina regionale.
A cominciare dal fatto che per data, l’appellation Arbois potrebbe essere la più antica di Francia, datata 1936, e che qualche epoca prima i Celti contribuirono a definire questa zona con la chiara definizione “terra fertile”. Tanto per far confusione, come sempre la sovrapposizione di denominazione confidenziali o dialettali portano anche a denominare il vitigno Poulsard anche Ploussard o Pupillin. Gli altri quattro vitigni che compongono il panorama vinicolo della regione sono Trousseau, Savagnin, Pinot noir e Chardonnay, vitigni utilizzati in buona parte anche da questo Domaine per la produzione di altri vini naturali che sinceramente conosco poco, essendo sempre stato soprattutto attratto da questo generoso succo di lampone pallido, profumato gentilmente di amarene e cannella , dal tono che superficialmente sembrerebbe lascivo, dal carattere che sembra scherzoso, come il colore dei capelli dalla ragazzina che si piazzava all’ultimo banco perchè era strana, perchè aveva i capelli carota, quella “non” .
Quella che non è molto bella, quella che non è mora, non è bionda, non è molto simpatica, non parla tanto ma ha delle lentiggini attrattive. Quella non classificabile, quella più interessante quando approfondisci, invece se rimani alle prima impressione ti perdi qualche cosa di veramente sorprendente. Secondo me questo è un vino femminile, dispari e rosso, ma non è rosso, non è bianco, e non è ambiguo, il carattere non gli manca, ma se gli dai fiducia ti si getta tra le braccia , ti gira intorno alle gambe come un gatto che fa le fusa, ti da la zampa e ti guarda come una femmina di labrador, ti rilassa e ti fa star bene.
Le schede tecniche dell’importatore:
http://www.velier.it/Catalogo/index_categorie?id_prod=556
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