La sproporzione era quanto mai evidente.
Come poteva essere possibile che lo stesso vino fosse nel listino di un noto importatore italiano per una decina di euro quando la medesima bottiglia e medesima annata stava in carta al Louis xv a 180 euro ?
O lo chef de cave del Grand Hotel de Paris aveva perso il senso della misura oppure ne sapeva più di quanto immaginabile. E dall’altra parte l’importatore o si era dimenticato di aggiornare il costo storico del prodotto oppure si era reso conto che fosse meglio disfarsene.
Avevo imparato a conoscere i vini di Eloi Durrbach da pochi anni e ne apprezzavo le caratteristiche primarie da vino giovane per la sua finezza, per la trama rarefatta, la leggerezza alcolica e l’aderenza territoriale del suo bouquet che parlava di sud senza sembrare profondo sud.
Poteva un vino meridionale derivato da cabernet sauvignon e syrah che si reggeva su soli 12 gradi di alcol invecchiare così bene da poter essere venduto a 180 euro ?
Portammo via la prima cassa e poi la seconda rimasta e così verificammo che aveva ragione lo chef de cave del Louis Xv . Trevallon rouge 1988 era un grandissimo vino.
La sensazione alla cieca era di avere nel bicchiere un grande Medoc degli anni 60-70 ( prima della Parkerizzazione) , con il tipico tono di rubino chiaro rarefatto. Al naso però l’evoluzione del naso primario del cabernet virava coerentemente verso il goudron assistito da una fine speziatura di pepe e cannella, olive nere, foglia d’alloro e genericamente dalla garrigue provenzale, a cui la vigna portò via il terreno.
Proprio la percentuale alta di cabernet sauvignon e il sorprendente aggiornamento di quella A.O.C. portò Trevallon fuori dalla denominazione locale Baux de Provence, dovendo quindi accontentarsi non senza drammi di quella di V.d.P. du Bouches du Rhone. Etichettatura che anche per questo motivo gioca da una quindicina di anni sempre su elementi artistici diversi, frutto dell’amicizia storica tra la famiglia Durrbach ( papà René fu pittore e scultore) e personaggi del calibro di Pablo Picasso o Fernand Leger.
Tutto nacque nel 1973 quando la vigna cominciò a prendere il posto della garrigue e i primi tre ettari di vigna si prepararono a dar vita al primo vino nel 1976 .
Oltre a cabernet sauvignon e syrah, che compongono l’uvaggio di Trevallon rouge, furono piantati in seguito anche tre vitigni bianchi, due dei quali tipici del sud : roussanne e marsanne, oltre al solito chardonnay. Trevallon blanc rivela perfettamente le sue origini, comunicando le sensazioni minerali del suo territorio (calcare roccioso) e note di erbe aromatiche , fiori bianchi , arrotondate dalle sensazioni burrose portate dallo chardonnay.
L’esposizione nord preserva inoltre, quando possibile, una certa freschezza ed una discreta acidità al vino, consentendogli un buon invecchiamento.
Trevallon blanc e rouge sono due grandi esempi di eccezioni alla regola, di come si possa partire dal nulla, su un terreno dove non c’è nulla di attinente, piantando vitigni a propria discrezione, e nel giro di pochi anni arrivare alla notorietà internazionale, per una volta non costruita artificiosamente dal marketing, ma solo per meriti reali dovuti all’evidente alta qualità che ha portato questo Domaine ad essere tra i più reputati in tutto il sud francese.
Non aggiungerei altro, questa è una zona della Provenza da visitare personalmente per carpire il fascino di questi luoghi così particolari dal punto di vista territoriale. Les Alpilles sono quanto di più contorto e affascinante, la luce che arriva in un modo diverso, la vegetazione a tratti esuberante e a tratti totalmente assente. Les Baux de Provence poi condensa tutto quanto, ma altri villaggi della zona sono assolutamente da visitare. Per ogni dettaglio sui vini di Trevallon c’è invece l’eccellente sito internet da visitare, molto accurato e profondissimo di informazioni, che arrivano a parlare ancora anche di quel Trevallon rouge 1988 definendone l’apogeo intorno al 2010. Proprio ora. Peccato non averne più.
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