CANTINE BARBERA
Uve: inzolia 100%
Prezzo: 13 euro, in enoteca
Fermentazione e maturazione: acciaio
Colore: 5/5 Naso: 27/30 Palato: 26/30 Non Omologazione: 30/35
di Carmelo Corona
L’approvazione della DOC Menfi risale all’ormai lontano febbraio 1995 su iniziativa delle Cantine Settesoli, esemplare e storico produttore nonché importante volano economico del territorio. È incredibile la “prospettiva” sul vino che si riscontra negli abitanti di questa tranquilla cittadina dell’agrigentino, dove 2/3 delle famiglie sono coinvolte, a vario titolo, nella vitivinicoltura locale, anche con piccoli poderi. Dal ’95 ad oggi sono tanti i produttori che sono nati per valorizzare il vino del territorio. L’Azienda Agricola Barbera è, allo stato attuale, l’unica che, totalmente fuori dal coro, ha “sposato” la denominazione di origine controllata Menfi, nel cui areale rientrano i comuni di Menfi, Sambuca di Sicilia, Sciacca (provincia di Agrigento) e Castelvetrano (provincia di Trapani).
Percorrendo la SS 115 per poi immetterci nella vecchia provinciale 79 raggiungiamo la cantina in circa venti minuti e, mentre attendiamo l’apertura del cancello scorrevole, Marilena Barbera è già lì ad accoglierci con il suo meraviglioso sorriso.
Perfettamente visibile dalla provinciale, la cantina aziendale è una moderna ed evoluta costruzione di colore bianco che si inserisce nell’ecosistema in modo armonico e gentile. Progettata dal padre Pietro, ingegnere ed appassionato enofilo, nonchè uno dei fondatori delle Cantine Settesoli è, come leggiamo dal sito web “…una casa mediterranea, in cui la tradizione viene rivisitata in chiave lineare e contemporanea: grandi vetrate perché lo sguardo spazi fino al mare e la luce possa liberamente fluire tra l’ambiente esterno e gli spazi interni; il bianco assoluto, sintesi di ogni colore, a creare un immediato riferimento visivo nel paesaggio rurale”.
La sua breve ma esauriente illustrazione dell’azienda si impernia soprattutto sulla filosofia naturalista ed ecosostenibile su cui si concentra lo sforzo produttivo e mentre parla sei trascinato dal suo carisma e dalla sua passione. E’ senz’altro uno dei numerosi, magnifici esempi di quello straordinario universo enoico al femminile che è esploso (per fortuna!) negli ultimi anni. Da quando ci sono le donne nel vino, questo ha un po’ meno a che fare con “l’argent” e sempre più con la Natura, l’Ecologia, la Cultura.
Ci troviamo in una piccola e moderna azienda vitivinicola che opera con criteri artigianali puntando alla massima qualità possibile e soprattutto alla salubrità dei suoi vini.
In vigna non si fanno trattamenti preventivi ma solo se si ritengono strettamente necessari. Niente chimica di sintesi ma solo spazio a zolfo bagnabile e solfato di rame. L’acidità delle uve è l’unico parametro davvero importante ai fini della vendemmia. La freschezza, quel senso di eterna giovinezza che accomuna tutti i suoi vini la dice lunga su questo motivo conduttore. Tutti i vini sono fermentati esclusivamente con lieviti indigeni e con un impiego minimo di solforosa. L’utilizzo delle barrique avviene senza curarsi troppo delle cessioni legate alla tostatura del legno, di limitata durata, dando piuttosto risalto a quel rapporto superficie/volume ed al relativo processo di naturale microssigenazione che caratterizza questo discusso vaso vinario.
Ogni barrique, dunque, viene usata fino al capolinea e non per 2 o 3 anni come avviene normalmente. Ogni vino viene imbottigliato solamente quando viene ritenuto pronto. Il Dietro le case è, a parer mio, il vino più rappresentativo dell’azienda, espressione di un’uva autoctona come l’inzolia e soprattutto del vigneto storico della famiglia. La strepitosa verticale 2009-2008-2007 che Marilena Barbera ci ha gentilmente concesso mi ha tolto ogni dubbio.
E’ un bianco dinamico, espressivo, complesso e lineare al tempo stesso. Le piante di inzolia da cui nasce questo intrigante Inzolia in purezza costituiscono la storia di questa famiglia di vignaioli: hanno più di 40 anni. Il vigneto dove nasce il Dietro le case, a circa 5 minuti di auto dalla cantina, è una lunga lenza di terra che dalla contrada Belice di Mare sale quasi fin sopra la collina. Siamo dentro la Riserva Naturale ed Orientata alla foce del fiume Belìce,
un magnifico ecosistema di infinita ed incontaminata bellezza, a poche centinaia di metri dai luoghi in cui regna lo scarabeo nero, dove nidificano le gru e gli aironi cinerini, dove ci sono i gigli di mare che sbocciano sulla spiaggia o il finocchietto di mare che spunta lungo i sentieri tracciati dalla Forestale.
Il terreno su cui è impiantato lo storico vigneto è di tipo calcareo, con frazione di argille chiare e con una copiosa presenza di scheletro arrotondato che ne evidenzia, inequivocabilmente, l’origine alluvionale.
Il vecchio vigneto è stato progressivamente recuperato colmando le fallanze con barbatelle selvatiche, successivamente innestate con talee prelevate ogni volta dalle piante adiacenti, così da preservare il particolare tipo di clone. Mentre saliamo verso la parte alta del vigneto, Marilena, visibilmente lieta per il nostro interesse, ci mostra una pianta, più unica che rara, di “Alessandrino”, vecchio clone di Moscato di Alessandria (in Sicilia volgarmente chiamato “zibibbo”) che è riuscita a identificare grazie al prezioso ed appassionato ricordo di alcuni anziani vignaioli menfitani.
Camminando le vigne, prendo e porto alla bocca uno dei ciottoli arrotondati che compongono lo scheletro del terreno. Avverto, nel leccarlo, una evidente sapidità. E’ davvero emozionante la panoramica sulla piana del Belìce che si può ammirare dal vigneto, fino al vecchio ponte di ferro, da cui un tempo chi viaggiava sulla tratta ferroviaria Castelvetrano-Ribera (soppressa, purtroppo, nel dicembre del 1985) poteva ammirare un paesaggio di seducente e selvatica bellezza… Mentre ritorniamo in cantina, Marilena, da brava “artigiana” del vino, non smette di intrattenerci con le sue curiosità, comunicandoci, ancora una volta, tutto l’amore e la passione per il territorio ed il suo invidiabile ed affascinante lavoro. Mi convinco, una volta per tutte, che saranno le donne a salvare il pianeta…
L’occhio è di un cristallino giallo paglierino, non troppo carico, con bellissimi riflessi aurei. Le pareti del tulipanetto ISO rivelano quasi subito una discreta consistenza. Il naso è esplosivo, prepotente, con una grande intensità olfattiva, composta principalmente da note minerali, iodate, che caratterizzano questo bianco coltivato a due passi dal fiume Belice ed a pochi km dalla costa. Mentre affondo il naso nel calice per cercare altri messaggi sensoriali del bianco compagno, mi fa piacere ricordare l’anno di impianto del vigneto da cui nasce questo vino: 1970.
Il mio anno di nascita. Sembra quasi che il vino si compiaccia di questo e comincia ad aprirsi, a comunicarmi qualcosa di diverso, di più profondo e che, in prima battuta non voleva darmi.
Si avvertono interessanti note che sanno di aromatico, di balsamico (salvia, timo, mentuccia) e sembra volersi aprire verso il fruttato, ma con una certa titubanza, che avverto e rispetto. Si riconoscono, principalmente, delle lievi ma nette, calzanti, note agrumate, sullo sfondo di un fruttato spettro “al tropicale”. La bocca è fresca e sapida e conferma in pieno quella decisa e salmastra mineralità rilevata a naso. E’ un bianco sincero, autentico, territoriale. E’ un figlio legittimo che ha nella Valle del Belice la madre e, nel mare costiero, il padre. Non male la persistenza finale che ti lascia il ricordo di quelle piacevoli note agrumate rilevate a naso. Busiate fresche con pesce spada, melanzane, pomodorini e menta. Un abbinamento accattivante con tanto di strizzata d’occhio, in barba (una volta tanto) ai noiosi tecnicismi dell’abbinamento cibo-vino (oggi, per fortuna, sempre più “arte del gusto” ed un po’ meno “scienza”). Il corredo sensoriale del piatto sembra abbracciare quell’asse acido-minerale e la bella aromaticità che caratterizzano il giallo e gioioso liquido. In serata ho provato ad abbinare il Dietro le Case Inzolia 2009 ad un piatto di gamberoni al forno preparati secondo una vecchia ricetta regionale che prevede esclusivamente l’uso di alloro, sale grosso, olio extra vergine di oliva e pepe nero macinato. La tendenza dolce, la grassezza e l’aromaticità del piatto si sono ben fuse, per contrapposizione, con la bella acidità e complessità del Dietro le Case. Certo, avrebbe magari voluto un po’ più di corpo e maggiore persistenza, ma se l’è cavata bene. Anzi, quasi con una punta di sfottò ed ironia. Avere 40 anni. E non sentirli.
Foto di Leonardo Corseri
AZIENDA AGRICOLA BARBERA s.s. – Contrada Torrenova, S.P. 79 Menfi (AG). Tel. 0925 570442 – Fax 0925 78248 – info@cantinebarbera.it – www.cantinebarbera.it – Proprietari: Marilena Barbera – Enologo: Gianfranco Cordero – Estensione tenuta: 30 ettari, di proprietà – Estensione vigneti: 15 ettari (12 di proprietà e 3 in affitto) – Terreno (Dietro le case): di tipo calcareo, mediamente profondo e con abbondante presenza di scheletro arrotondato – Vitigni: catarratto, inzolia, grillo, chardonnay, nero d’Avola, cabernet sauvignon, merlot, nerello mascalese, petit verdot, perricone – Età media dei vigneti: 20 anni – Primo millesimo imbottigliato: 2001 – Numero bottiglie prodotte: 80.000/100.000 – Numero bottiglie prodotte del Dietro le case: 6.500.
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