Negli ultimi anni tanti locali hanno recuperato la genovese che sempre meno si fa nelle case. Una preparazione storica non meno importante del ragù che segna i giorni di festa le cui origini non sono chiare anche se il concetto è più o meno lo stesso: una lunga cottura della carne. Anche in questo caso servono dei vini strutturati, magari con una punta di acidità in più per riequilibrare la vocazione sostanzialmente dolce di questo piatto.
Coda di Volpe Sannio doc, Fattoria La Rivolta
Uno dei vini più interessanti della viticultura campana: soprattutto con il passare degli anni diventa molto complessa e interessante al naso pur mantenendo tono e vivacità al palato. L’abbinamento in questo caso è decisamente perfetto.
Bianco di Bellona Irpinia doc, Tenuta del Cavalier Pepe
Un altro bianco da coda di volpe, stavolta però siamo in Irpinia, nella bellissima tenuta gestita con sapienza e abilità da Milena Pepe. Questa azienda ha sempre creduto nel vitigno bianco tipico dell’areale taurasino e ci ha puntato con decisione. Anche in questo caso pensiamo che debba passare qualche anno prima di procedere all’abbinamento.
Lancella Terre del Volturno igt, Lisandro
Restiamo nel Casertano. Ancora pallagrello bianco, stavolta in una versione più fresca del precente. La forza e il corpo di questa uva si esprime con decisione del bicchiere. Buone note agrumate, tono amaro finale che chiude in modo preciso ed efficace.
Aloara Falerno del Massimo bianco, Moio
Una storica etichetta dello storico produttore di MOndragone, conosciuto soprattutto per i suoi rossi. Ma questo bianco ricco, fresco e corposo è capace di ben fronteggiare questo piatto e lo consigliamo con passione.
Vigna Caracci Falerno del Massico Bianco, Villa Matilde
Ancora provincia di Caserta, ma stavolta parliamo di una Falanghina molto elegante ed arricchita da un passaggio in legno molto ben dosato. Il risultato è un vino longevo, lungo ed elegante che può essere usato in modo decisamente efficace con questo piatto.
Trois Greco Sannio doc, Cautiero
Il Greco in provincia di Benevento ha espressioni molto interessanti e questa è sicuramente da prendere come riferimento per la mineralità e l’assoluta freschezza. Viene prodotta da questa piccola azienda a Frasso Telesino e nonostante il passaggio solo in acciaio si presenta con molta complessità al naso e in bocca.
Pompei bianco, Bosco De Medici
Da uva caprettone, tipica del Vesuvio. La decisione di lavorarla in anfora e di praticare una lunga macerazione regala complessità a questi bianco rendendo abbinabile a piatti importanti e strutturati come la genovese.
Perella Paestum igt, De Conciliis
Lo storico fiano prodotto sulle colline di Agropoli da questa azienda di riferimenti della nuova viticoltura cilentana si presta molto bene all’abbinamento con il piatto classico napoletano. Fresco, ripulente, al tempo stesso opulento e con un finale amaro che lascia il palato completamente pulito.
Vigna del Vulcano Lacryma Christi bianco doc, Villa Dora
Da uve coda di volpe e falanghina, blend classico di questa denominazione, nasce questo vino, uno dei più affascinanti della viticoltura campana grazie alla sua capacità di invecchiare e di evolvere. Per questo motivo lo consigliamo vivamente in bottiglie che abbiano almeno quattro, cinque anni di età.
Per ‘e Palumm Ischia doc Cenatiempo
Si, anche un rosso, perché no. Purchè minerale, non tannico e fresco. Fra le tante possibilità ci riserviamo il piedirosso di uno storico e bravissimo viticoltore ischitano che lavora nel rispetto della natura. Il sorso è leggero, beverino, perfetto su questo piatto.
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