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martedì chiuso
di Tommaso Esposito
Patù, chi era costei?
Ecco, sembrerà facile parafrasare il curato lombardo, ma non è così.
Ho con me una cartina di oltre venti anni fa, la mia prima volta pugliese.
In viaggio usiamo ancora le mappe: il tom-tom è fonte di troppi e gravi litigi coniugali.
E poi vuoi mettere il piacere di capire dove cavolo stai andando invece di sentirti uno scemo in balia della stridula vocina?
Eppure qua sopra Patù non la vedo. Mah.
A senso passiamo per Presicce. Bella. Anzi stupenda e inaspettata.
Nel vicoletto di Palazzo Villani una voce: “Uhè doc.”
“Uhè guagliò, che fai costì?”.
Capita spesso di trovarti lontano lontano lontano e di essere inopinatamente salutato dal condomino della porta accanto, vero?
Un caffè, allora, e di nuovo in giro tra questi splendidi palazzi segnati dall’insonnia barocca che appiccica demoni e mostri sotto la Colonna di Sant’Andrea.
Floreali piastrelle decò fregiano e allietano il fronte dei palazzi. Il mio cuore si rallegra.
In macchina tra gli ulivi. Alessano e poi eccola Patù. Leggo che da queste parti c’era un tempo Vereto, comunità messapica. Ne restano tracce archeologiche.
E Picci, dove sarà Picci? Una freccia ci dice sta là. Giriamo alla larga. Prima la Piazzetta e qualche palazzotto da vedere. E poi eccoci da Antonio. Il regno del pasticciotto eretico, quello senza strutto, descritto da Oloap. E’ prima serata. Ne è rimasto uno soltanto, son fortunato. L’assaggio.
Sì è “meza frolla” precisava Nina Grande la consulente pasticcera di zì Bettina: un po’ e un po’ di burro e margarina, ma anche qualche pizzico di lievito. Delicato, molto delicato. Buona la crema.
Oddio ho dimenticato la foto. Crudele ingordigia! Non me la perdonerò mai.
Mi riscatto con il gelato. Mandorla, pistacchio e cherry. Un piccollo sballo. Buone le basi e ottima la mano gelataia. Il pistacchio domina.
Canditi al cioccolato e marzapane al limoncello tra i tanti cioccolatini di Picci.
Patù?
Refrain: “Oh che bello passare quaggiù!”
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