16 ottobre 2003
Bisogna avere il palato in continuo allenamento per stare dietro alle esplorazioni in cantina di Bruno De Conciliis ma ne vale la pena: il suo Naima prende finalmente quei tre bicchieri a lungo rinviati sulla guida Slow Food-Gambero Rosso ed è l’unico guizzo nel Mezzogiorno di una edizione abbastanza conservatrice per non dire scontata. La vite nel Cilento ha almeno 2500 anni, ma il vino appena una quindicina: Bruno ha capito che per parlare di tradizione era necessario innovare completamente tutto senza attardarsi in schemi inesistenti in un territorio che, ha differenza di altri, non aveva vitigni e metodi da ossequiare o rispettare. «Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente» scriveva Mao Zedong: in vigna c’era di tutto, la doc permette tutto e Bruno ha cominciato da Zero, un rosso meridionale potente, stanco e sibarita. Il Naima è invece un aglianico che ha studiato l’inglese, va incontro non al gusto internazionale così come lo si intende ormai in Italia, quella morbidezza assurda che pialla territori, vitigni e persone: resta invece tipico proprio grazie alla sua modernità. Al naso la frutta lascia rapidamente spazio a sentori animali, in bocca c’è struttura, alcol, i tannini sono ben dosati e il legno non è mai invasivo. Dall’aglianico Bruno pretende l’impossibile, lo vuole pronto in poco tempo e così vendemmia dopo vendemmia c’è un corpo a corpo in cantina capace di regalare nel bicchiere emozioni nuove, il Cilento moderno che stacca netto gli altri territori grazie al Parco Naturale contro il quale si opponevano piccoli sindaci di cui non si ricorderà altro se non il loro tentativo di importare il Calabria Style grigio cemento sul mare azzurro di Parmenide. Questo sforzo costa molto al consumatore, troppo a nostro giudizio: siamo sopra i 20 euro. L’unicità del Naima, come quella dello Zero, non concede distrazioni ed è per questo che noi non li amiamo in abbinamento, ma li beviamo e li consigliamo assoluti. Un bicchiere nuovo, spiazzante come nessuno in Campania, finalmente una via di fuga dai noiosi dibattiti tra modernisti e conservatori in cui ci si attarda inutilmente negli ultimi anni.