di Phyllis De Stavola
‘C’era una vigna’ il cortometraggio artistico per raccontare la bellezza dell’entroterra casertano attraverso un grande vitigno storico autoctono: il Pallagrello
In un bicchiere di vino non si ritrovano solo colore, profumi e sapori. Un bicchiere di vino è innanzitutto espressione di Storia, Cultura e Natura. Il vino è storia liquida, è antico sapere tramandato da generazioni attraverso il lavoro di braccia e piedi, è espressione della cultura enogastronomica e quindi delle tappe evolutive del quadro socio-economico di una comunità, è nettare della terra inteso come estratto di un terroir con le sue peculiarità a partire dalle caratteristiche pedoclimatiche.
Il Pallagrello, a bacca sia bianca sia nera, è senza dubbio espressione d’eccellenza di storia, cultura e natura della provincia di Caserta. Vitigno storico autoctono, a bacca rossa con grappoli lunghi dagli acini piccoli e serrati e vitigno a bacca bianca con grappoli dagli acini più grossi e spargoli, e dai quali vengono prodotti vini dal ricco bouquet aromatico e di grande fattura gustativa. Il Pallagrello bianco e il Pallagrello nero si fregiano entrambi della denominazione IGT Terre del Volturno sin dalla pubblicazione del disciplinare definito con DD 01/08/2008.
La passione dei produttori vitivinicoli sta alimentando con forza e tenacia il desiderio di fare di questo pregevole vitigno a bacca rossa e a bacca bianca, da cui l’omonimo vino bianco e rosso, il ‘buzz-wine of the year’ (e non solo), dopo un lungo periodo di oblio in parte dovuto alla supremazia dei vitigni internazionali.
Proprio in questi giorni d’inizio ottobre, in piena vendemmia, la troupe dell’Associazione Gallette Irriverenti guidata da Manuela Schiano Lomoriello, con la regia di Ciro Scognamiglio, sta girando le riprese del cortometraggio artistico ‘C’era una vigna’ dedicato al Pallagrello, grande vitigno storico autoctono della provincia di Caserta. Il cortometraggio, che avrà una durata prevista di sette-otto minuti, vedrà recitare un cast di attori di spessore quali Yuliy Mayarchuk, Luciano Saltarelli e Andrea Di Maria oltre alla la giovanissima Mascia Farina che indossano prima gli abiti regali di seta e successivamente abiti moderni. Come se fosse un sogno tra la fine del Settecento e i giorni d’oggi, il corto è girato intorno alle sensazioni della Regina Maria Carolina di Borbone e di sua figlia, la piccola Maria. ‘Cera una vigna’ parte dall’umanità dei personaggi per raccontare il vino Pallagrello in comunione con i sapori antichi attraverso un viaggio onirico di personaggi e luoghi fino alla contemporaneità.
Agrisviluppo, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Caserta che sostiene il sistema agroalimentare e le produzioni agricole della provincia, avendo colto immediatamente le potenzialità mediatiche del progetto, ha assunto il coordinamento di quest’iniziativa di valorizzazione e tutela di un vitigno storico autoctono legato alla tradizione borbonica e al quale stanno aderendo le aziende vitivinicole produttrici. Lo strumento prescelto da Agrisviluppo, titolare del progetto, per raggiungere un numero elevato di utenti finali è il ‘corto’, innovativo e dallo stile asciutto, attraverso la capacità comunicativa dell’alternanza di scene recitative e di immagini di paesaggi e di siti d’interesse. Agrisviluppo condividerà con le aziende le forme di distribuzione e di fruizione finale del cortometraggio artistico. La modalità di diffusione ad oggi prevista è di tipo virale, attraverso internet (siti web, social network) che ne consentirà una rapida e capillare propagazione a partire dalla messa in rete.
L’idea di un film dalla pellicola corta nasce in prima istanza dall’azienda produttrice di Pallagrello Alepa di Paola Riccio, immediatamente supportata con vigore da un primo gruppo di aziende tra cui Vestini Campagnano degli Avv. Alberto, Amedeo e Luigi Barletta e Tenuta Pezzapane di Cristiano Farina, fino a riunire la quasi totalità dei produttori di Pallagrello.
L’intento, com’è nei fini istituzionali di Agrisviluppo, è quello di creare una maggiore conoscenza di questo vitigno dalle tinte borboniche ed una maggiore consapevolezza in chi lo beve per le sue caratteristiche organolettiche riconducibili al terroir delle colline caiatine a nord-est di Caserta, parte integrante di un patrimonio paesaggistico che ricomprende, oltre alle bellezze naturalistiche, numerosi affascinanti siti d’interesse storico-architettonico, tutte testimonianza dell’operosità della gens che quei luoghi li hanno vissuti. Manuela Schiano, ideatrice del soggetto, chiarisce che il cortometraggio di promozione del territorio casertano passa attraverso l’immagine del vino Pallagrello e degli splendidi paesaggi che fanno da cornice, dalle vigne poste sui verdeggianti declivi collinari dell’entroterra passando per le cantine , gli edifici storici, insomma dall’acino all’eccellenza nel bicchiere.
Storia. Vitigni di recente valorizzazione ma dalla storia millenaria come si evince dalle citazioni di Plinio il Vecchio nella sua opera Naturalis Historia. Molto apprezzato fino all’Ottocento (fino all’epoca pre-fillossera) tanto da divenire ‘Vino del Re’ della corte borbonica. Ferdinando IV di Borbone fece impiantare il Pallagrello, il Piedmonte bianco e il Piedmonte nero, in una tra più suggestive collezioni dei migliori vitigni presenti nel Regno delle Due Sicilie: la Vigna del Ventaglio, un semicerchio diviso in dieci raggi realizzato dai giardinieri della corte reale sul Monte San Leucio, nella proprietà che faceva tutt’uno con il Belvedere di San Leucio e con lo stesso Palazzo Reale di Caserta. Tali vitigni davano vini talmente buoni, che la corte borbonica li elesse a bevande ufficiali delle cene e dei banchetti reali, come testimonia la presenza nei menu dei pranzi ufficiali della Corte dove figura accanto alla Sciampagna e al Marsala.
Il Pallagrello bianco è un vitigno presumibilmente risalente all’antica Grecia. Seduce con i suoi sentori di albicocca, pesca e ginestra. Nelle versioni che maturano in barrique, regala note di frutta esotica, miele di acacia, canditi, vaniglia, mandorle tostate. Il Pallagrello nero, vino elegante e vellutato, dal colore rosso rubino intenso con note aromatiche di frutti di bosco, spezie vivaci, tabacco conquista chi lo beve anche per la tannicità sostenuta ma avvolgente.
Cultura. Pallagrello, dal termine in dialetto locale ‘Pallarello’ da ‘pilleolata’ in latino (piccola palla) con riferimento alla forma tondeggiante e minuta degli acini, fu chiamato ai tempi del Regno delle Due Sicilie ‘Piedmonte’ con riferimento alla zona pedemontana del Matese dove fu piantato questo vitigno.
Natura. La ‘Contea Pallagrello’ comprende le zone di Castel Campagnano, Caiazzo, Castel di Sasso, Pontelatone e le zone limitrofe di Piedimonte Matese, S. Angelo d’Alife, Alvignano, Alvignanello, Ruviano. Si tratta di comuni comprendenti aree collinari ben esposte ad elevatissima vocazione vitivinicola, dalla bellezza naturale incontaminata attraversate o vicine dal fiume Volturno, tesoro naturale della regione. La formazione geologica della Valle del Volturno, risalente al Quaternario, per effetto delle acque correnti che hanno eroso le rocce, ha originato terreni argillosi, arenacei e calcarei ricchi di minerali quali azoto, potassio, calcio, rame, cobalto e ferro.
Un piccolo passo per il territorio, ma un deciso salto di qualità per la sua promozione è quello compiuto da questo gruppo di produttori vitivinicoli, che ignorando ogni forma di resistenza e di ostilità, si sono spontaneamente associati intorno ad un progetto che mira ad evidenziare il pregio di un vitigno, i colori, i profumi, l’intensità, l’equilibrio, la qualità, la struttura dei suoi vini bevuti e amati dalla corte reale di Ferdinando IV e dai suoi illustri, colti e aristocratici ospiti europei.
‘Un primo tentativo riuscito di consociativismo’ come afferma la produttrice Paola Riccio. ‘Chissà magari un auspicabile preludio alla creazione di un marchio collettivo, di un Consorzio di tutela, e/o dell’avvio dell’iter per il riconoscimento della DOC Pallagrello, progetto a lungo accantonato, superando attraverso l’unione quegli individualismi inibitori che rallentano e talvolta frenano la collaborazione e quindi la crescita’ e adottando così il modello di quanto realizzato in altre regioni italiane quali la Toscana, il Veneto, il Piemonte?
Foto di Alessandro Santulli
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