di Carmen Autuori
Recarsi per la prima volta nella Daunia significa cedere a due emozioni, la meraviglia e la sorpresa. Sì, perché questa terra che si trova nella parte più settentrionale della Puglia, compresa tra il Tavoliere, il promontorio del Gargano ed il Subappenino Dauno, rivoluziona tutti gli stereotipi di una Puglia tutta mare, sole e, negli ultimi anni, movida sfrenata.
La Daunia è per i viaggiatori, per chi sa ancora meravigliarsi dello straordinario patrimonio artistico perfettamente conservato, del variare delle stagioni che, con i loro colori, modulano quelli della natura che è sempre affascinante, anche in questa, dove le viti a spalliera, scarne, lasciano negli occhi l’idea del sonno produttivo, così come la terra in attesa della prossima semina. La Daunia è squisita accoglienza della sua gente che, grazie alla via Appia-Traiana prima e alla Francigena poi ha visto, da qui, nel corso dei secoli passare il mondo: Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli, Borboni e pure briganti hanno lasciato parte della loro civiltà.
L’occasione della visita è stata l’ Educational Tour Vino e Cultura, organizzato dal Gal Meridaunia, appassionata organizzazione di promozione del territorio. Un binomio vincente dunque, il vino espressione di un territorio che ne rappresenta la cultura più autentica.
E così, con altri appassionati colleghi, ho intrapreso il “viaggio”. Prima tappa nelle campagna di Troia, all’ Azienda Agricola Pirro, una bella struttura in pietra, armonicamente immersa nel paesaggio rurale, il primo incontro con il Nero di Troia, il vitigno leggendario caro a Diomede che, pare, ne abbia piantato i primi tralci, a Federico II di Svevia ed ai marchesi D’Avalos che nella seconda metà del Cinquecento ne incrementarono la coltivazione. L’azienda è uno straordinario sodalizio tra natura e tecnologia, in cantina vengono mantenute la ricchezza e l’integrità del frutto grazie all’ agricoltura biologica. Accanto al Nero di Troia classico e rosato, le cantine hanno deciso di vinificare in bianco. Nasce così Epiro un vino strutturato, molto adatto ad accompagnare i deliziosi formaggi stagionati, soprattutto il caciocavallo podolico che conserva tutti i profumi dei pascoli del Subappennino Dauno .
Lucera, la città dalle mille anime ognuna delle quali è lo specchio delle dominazioni che si sono avvicendate nel corso dei secoli, ci accoglie con tutta la sua opulenza aristocratica. L’antico capoluogo della “Capitanata” è una vera e propria città d’arte.
Magnifica la Basilica Cattedrale di Santa Maria Assunta dove il superbo stile gotico subisce, arricchendosi, le influenze pugliesi e romaniche ed il Museo Civico Fiorelli con i suoi reperti archeologici di epoca romana e rari esemplari di raffinatissimi manufatti in vetro che testimoniano la forte presenza saracena in epoca federiciana.
Elegante come la sua città il Santen, una sala per ricevimenti anni Sessanta trasformata nel raffinatissimo ristorante. A testimoniarne la storia una vecchia impastatrice all’ingresso e due bellissimi lampadari in ottone di squisita fattura. La cucina è di territorio, resa moderna senza stravolgimenti. Maialino nero, una tipicità della Daunia, impreziosito da burrata, i friabilissini taralli pugliesi che accompagnavano il pane di semola con lievito madre, i formaggi, la carne di toro secca e l’immancabile focaccia. Da manuale il panettone, lievitazione naturale e un perfetto equilibrio di burro e zucchero.
E poi Troia la cui storia s’intreccia con quella della Chiesa, basti pensare che tra l’XI ed il XII secolo ospitò ben quattro Concili in quarant’anni. Ne è esempio la splendida Cattedrale il cui rosone diviso in undici spicchi, mirabilmente traforati ciascuno in maniera diversa, costituisce un esemplare unico al mondo.
Proprio accanto la pasticceria Casoli con la sua Passionata, un dolce di mandorle farcito con tre tipologie di ricotta che rappresenta l’essenza del territorio pugliese.
E ancora il Nero di Troia che, con il suo color rubino intenso, caratterizzato da grande personalità per le sue capacità organolettiche si è imposto nel panorama enologico internazionale.
A parlarcene questa volta Urbano Di Pierro, socio fondatore della cooperativa Decanto che è stata tra le prime a promuovere l’eccellenza di questo vino. Tra l’altro la cooperativa si avvale della consulenza di Fabio Mecca, di recente eletto miglior enologo dell’anno.
Il nostro tour per cantine continua con la visita all’azienda vitivinicola Alberto Longo, ormai un punto di riferimento per la Daunia enoica.
Tra le etichette di grande pregio, una menzione particolare merita il Cacc’e Mmitte. Intenso ed elegante, questo vino, che nel 1975 ha ottenuto la Doc, trae il suo nome da un’antica usanza contadina quando i palmenti appartenevano solo ai grossi proprietari terrieri.
I piccoli produttori di vino fittavano il palmento immettendo le proprie uve (Mmitte) e per risparmiare sull’affitto toglievano il mosto (Cacce) subito dopo la fermentazione per lasciare spazio agli altri. Magnifiche le cantine destinate all’affinamento in botti, tutte ricavate da antichi vasche scavate nel sottosuolo che una volta servivano per lo stoccaggio del grano.
A conclusione dell’intensa giornata l’emozionante esperienza della cena in cantina a La Marchesa. Ad accoglierci Sergio e Marika Grasso, profondo conoscitore di tutto il processo produttivo lui (ci tiene a precisare che controlla di persona ogni pianta ed ogni grappolo), spumeggiante, raffinata padrona di casa e comunicatrice lei.
Con grande emozione ci presentano l’ultimo nato della casa “L’Istante della Marchesa”, il loro primo metodo classico rosè annata 2017 perché, come è inciso nella gabbia del tappo “Non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante” .
Ca va sans dire: la frase di Alda Merini è un idea della straordinaria Marika, il genius loci di Cantina La Marchesa. Magnifico anche Il Melograno , Daunia Rosato Igt, che ricorda la ciliegia, la fragola ed il lampone a cui si aggiungono sfumature di rosa canina.
Salutiamo la meravigliosa Daunia con la visita ad uno dei suoi borghi più magici, Pietramontecorvino che conserva in Terravecchia il suo nucleo medievale. Percorrendo vicoli il cui fascino non è stato scalfito dal tempo, raggiungiamo la Torre Normanna, ingentilita da bifore e da un balconcino di epoca angioina da cui si gode di un magnifico panorama. Il Palazzo Ducale è caratterizzato dalla presenza di tre corti una delle quali è un giardino pensile. Magnifica la sala di rappresentanza che ospita il ristorante didattico Castel di Pietra.
Cucina di tradizione e laboratori didattici per approcciarsi al fantastico mondo gastronomico pugliese. I vini sono quelli di Cantina Juvara, totalmente biologici, una produzione di nicchia (solo 6000 bottiglie) che ne salvaguarda le qualità organolettiche. Tre le etichette. Supparte – Nero di Troia, Rosarosè e FiloOro Falaghina. A reggere le fila dell’azienda i fratelli Casale, due giovani che come tanti in questo territorio sono partiti per ritornare e per portare avanti la storia di famiglia.
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