di Carmen Autuori
Un po’ come è accaduto con il babà anche la torta Danubio è un dolce, talvolta un salato, con l’anima mitteleuropea. Adottato dalla cultura gastronomica partenopea, in breve tempo si è diffuso in tutto il Meridione sia per la sua grande versatilità, si presta infatti ad essere farcito con numerosi ingredienti, sia dolci che salati appunto, che andranno ad impreziosire il soffice involucro, sia perché può essere comodamente consumato anche con le mani e ciò lo rende pietanza perfetta per una cena in piedi, un aperitivo ed anche per la colazione.
Ad ogni buon conto il padre putativo della torta Danubio è stato Giovanni Scaturchio.
Prima di procedere con il racconto della ricetta, mi corre l’obbligo di spendere qualche parola per ricordare i fasti della storica pasticceria fondata nel 1905 che costituisce una vera e propria icona della cultura gastronomica non solo partenopea, ma anche nazionale.
La storia della famiglia Scaturchio s’intreccia strettamente con la storia della ricchissima produzione: dai babà, alle sfogliatelle, dalla Ministeriale, un cioccolatino che deve il suo nome al lungo peregrinare del capostipite Francesco Scaturchio, per i vari ministeri prima di poter entrare a pieno titolo tra i dolci consumati dalla Real Casa, alla torta Vesuvio creata in occasione del G7.
Gli Scaturchio, provenienti dalla Calabria, precisamente da Monteleone oggi Vibo Valentia, arrivano a Napoli all’inizio dello scorso secolo e portano con sé la tradizione dolciaria calabrese tra cui la pasta di mandorla. Nel 1905 aprono il primo negozio con annesso laboratorio nella centralissima Via Toledo. Sono gli anni in cui la pasticceria esce dalle mura degli antichi monasteri, le strade si arricchiscono con i tavolini dei bar dove famiglie ed elegantissime chanteuse amano consumare pasticcini e gelati
Ma l’arte pasticciera è una sorta di “melting pot”, così la tradizione napoletana ben presto s’intreccia con quella mitteleuropea in seguito al matrimonio di Giovanni, figlio del fondatore Francesco, con l’ austroungarica Katharina Persolija, italianizzata in Caterina Persolia, di Salisburgo, conosciuta al fronte. Caterina non è una donna remissiva secondo i canoni dell’epoca, anzi si rivela un’ottima imprenditrice il cui piglio austroungarico ben si sposa con la fantasia partenopea dell’amato Giovanni. E così decide di affiancare il marito (e ne diventa anche la musa ispiratrice) nella pasticceria che nel frattempo si è trasferita a piazza San Domenico Maggiore, la sede storica.
Così da Scaturchio si trova anche la Sacher migliore d’Italia e si sfornano strudel come nei bar di Vienna, e poi c’è uno strano tipo di dolce fatto di palline di pasta brioche tutte ravvicinate che formano una sorta di fiore. La torta è una rivisitazione del Buchteln, dolce austriaco di pasta brioche farcito con crema alla vaniglia o al cioccolato.
Era l’anno 1920 quando Giovanni espone in vetrina la versione rustica del Buchteln, farcito da salame napoletano e cubetti di formaggio irpino ma ai napoletani viene presentato come “Brioscine del Danubio”, nome troppo lungo per i partenopei che ben presto lo tramutano in Danubio, tout-court.
Ma come spesso accade nella storia della gastronomia, c’è anche una altra fonte secondo la quale il Danubio avrebbe fatto la sua comparsa a Napoli già con Maria Carolina d’ Asburgo-Lorena la quale avrebbe portato con sé alcuni pasticcieri viennesi che resero possibile il fondersi della tradizione dolciaria austriaca con quella partenopea.
La ricetta del Danubio
Non è escluso che il dolce esistesse già in epoca borbonica, resta il fatto che il successo commerciale del Danubio ,oltre che il nome, è nato nelle vetrine di Scaturchio e da lì è diventato il vero ed immancabile animatore delle feste partenopee e non solo.
Ingredienti per 16/18 palline
250 g di farina manitoba
250 g di farina 00
180 ml di latte intero
50 g burro morbido
1cucchiaino di sale
12 g di lievito di birra
40 g di zucchero
1/2 cucchiaino di sale
2uova intere + 1 tuorlo per lucidare
Per la farcitura
Salame napoletano
Formaggio tipo scamorza
Versare nella planetaria le 2 farine, il lievito sbriciolato ed avviare la macchina a bassa velocità con la frusta a foglia. Versarvi lentamente le 2 uova leggermente sbattute ed il latte in cui è stato precedentemente sciolto lo zucchero. Quando l’ impasto si è ben “incordato”aggiungervi a piccoli pezzi il burro morbido. Sostituire con il gancio e, solo a questo punto, aggiungervi il sale. Impastare a velocità media per circa 15/20 minuti. Riporre in una ciotola coperta da pellicola trasparente e lasciar lievitare per 12 ore nella parte più bassa del frigorifero.
Versare l’ impasto, che avrà triplicato il suo volume, su tavolo da lavoro infarinato. Stenderlo a forma di rettangolo e dare 2 giri di pieghe lasciando riposare la pasta per circa 20 minuti tra un giro e l’ altro.
Il Danubio salato
Ricavare circa 20 palline dal peso di 30/50 grammi ognuna e stendere con le mani ognuna di essa a forma di focaccetta. Farcire con un pezzetto di salame ed uno di formaggio, chiudere alla base dando la forma di una sfera da riporre nella teglia perfettamente imburrata ed infarinata. Continuare fino ad esaurimento tenendo conto che le palline devono essere vicine, ma non attaccate. Lasciar lievitare ancora per un’ ora circa.
Spennellare con il tuorlo ed infornare a 180 gradi per circa 30 minuti.
Qualora si volesse preparare la versione dolce, basta sostituire la farcitura con un cucchiaino abbondante di crema pasticcera ben soda ed un amarena oppure con marmellata.
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