Daní Maison Nino Di Costanzo a Ischia
Via Montetignuso, 4,
Sempre aperto
Chiuso il lunedì
di Giulia Gavagnin
Danì Maison è uno dei ristoranti più belli d’Italia.
Vi si accede ascendendo strade strette dal porto d’Ischia, antichi tratturi che richiederebbero una moto o una vecchia utilitaria che fenda l’aria tersa dell’isola, la sua vegetazione lussureggiante le cui chiome incorniciano le case bianche.
Una di queste, in prossimità della cima, è –in tutti i sensi- la dimora di Nino di Costanzo.
Giunti in cima, varcata la soglia del portone d’ingresso, un giardino quasi labirintico, curato alla perfezione come la cucina dello chef inebria i sensi.
Alberi e piante autoctone, erbe officinali, fiori che profumano di Mediterraneo nelle tinte del giallo e del fucsia fanno da contraltare al mare di un blu abbacinante che si vede solo in lontananza.
Ai viaggiatori più attenti e indefessi sembrerà di essere altrove, nella casa dell’artista Cesar Manrique nell’isola di Lanzarote, alle Canarie. Per un leggero senso di straniamento, per la costellazione di opere d’arte che punteggiano il giardino, per quell’isolano senso di esclusiva concentrazione che reca l’idea di “summa” della mediterraneità.
Poi, questo senso di profonda appartenenza si esprime attraverso forme che sono senz’altro debitrici a esperienze francesi, come il nome stesso del locale non nasconde.
Tra un panno risciacquato nel golfo e l’altro tra la Senna e il Rodano, Nino di Costanzo confeziona piatti intensi, meditati, profondi.
Come lui.
Di Costanzo, infatti, è un uomo assai profondo che ha un’intima connessione con il cibo.
E’ silenzioso come gli isolani, si vede che non ama disperdere energie in barocchismi e vuote apparenze (applica il “lasciarsi andare” alla scenografia dei dessert finali, il momento in cui torna bambino dall’adulto che è), vive con immedesimazione il proprio lavoro.
Ha anche un gusto innato per l’estetica, come si può intuire dalle collezioni che ospita nel proprio ristorante, che è insieme casa di famiglia e luogo di lavoro e, pertanto, non può lasciare spazio al brutto.
Il bello declinato secondo la sensibilità dello chef è il biglietto da visita di un’esperienza autenticamente immersiva.
L’iconica e pluri-instagrammata paste, patate e provola, composta con pasta mista come in una tavolozza, è il piatto simbolico di un’ipotetica guida alla cucina italiana contemporanea, un dripping pollockiano campano, ma dalle parti di via Montetignuso c’è molto altro.
Nel nitore dei sei tavoli del locale ovvero del marmo lucido dello chef table il menu contemporaneo predisposto dallo chef, a cavallo tra “le mille bolle in blu” a base di Dom Perignon e “Viaggiando con Ferrari” (abbinamento enologico scontato, a base di Giulio) dopo l’impeccabile cadenza di amuse bouche che omaggiano Napoli e il Golfo si illumina “astice blu”, un trittico composto da varie parti del crostaceo con una salsa tandoori e yogurt che lo rende un piatto quasi franco-creolo, di rara perfezione.
Nitidi si stagliano nella progressione uno scampo di dimensioni ragguardevoli con un battuto di verdure anch’esso di ascendenza esotica, quasi un pico de gallo alla mauriziana, il tortello di coniglio in cui concentra i sapori dell’isola, l’esperimento di paella napoletana realizzata con il risone anziché con il riso, il dentice alla genovese, chiaro omaggio alla ricetta simbolo di una tradizione inscalfibile.
E’ ancora estate, niente giochi circensi nel dessert, ma un nostalgico gioco di gelati e sorbetti che ricordano gli anni settanta e ottanta e alcuni marchi industriali che riportano direttamente all’infanzia sulle spiagge. Il nome “lemonissimo” ricorda qualcosa?
Dopo l’aureo pranzo, è tempo di bere un caffè nel giardino delle Esperidi ischitane.
Nino Di Costanzo ci guida nei meandri della recente “salumeria” con il pavimento di vetro che dà sulla cantina, ferocemente orientata ai vini più nobili d’Italia e di Francia.
Un antro intimo e rustico dove sono conservati prosciutti iberici e dell’Aspromonte, conserve e prodotti locali. Un piccolo luogo che amplia l’offerta della Maison, gioiello ischitano che ha dato il “la” alla nobilitazione enogastronomica dell’isola.
Non dimentichiamo, infatti, che Di Costanzo è la mente versatile che ha contribuito a creare uno dei più riusciti eventi del sud-Italia, Ischia Safari, che si è tenuto in questi giorni. E, ancora, che con Ivano Veccia ha recentemente inaugurato Lisola, pizzeria d’eccellenza, che prosegue il lavoro di ricerca sull’arte bianca iniziato molto tempo fa.
Chapeau pour la Maison, Monsù Di Costanzo!
Danì Maison
Via Montetignuso 4
Ischia (NA)
081 993190
Scheda del 25 giugno 2023
Venire a provare la cucina di Nino Di Costanzo a Ischia è una di quelle cose che bisogna fare almeno una volta nella vita. Direi di più: ci dobbiamo affrettare a frequentare i ristoranti della generazione boomer prima che vadano in pensione per un motivo molto semplice: sia che l’abbiamo applicata, sia che l’abbiano rinnegata, ognuno di loro ha la bussola della territorialità e della stagionalità nei ricordi da bimbi. Come tutti i nati almeno sino alla metà degli anni ’70, con il ricordo della mamma e della nonna, le spese dal panettiere, dal salumiere, dal fruttivendolo, in pescheria e dal macellaio. Il fatto, che la società odierna non considera naturale, di non poter mangiare sempre quello che si vuole.
Eppure è proprio questo il cuore del rapporto che l’italiano ha ancora oggi con il cibo, avere la possibilità di provare qualcosa di unico, di tipico, di non replicabile. Non a caso la propensione a comprare dai cataloghi la torviamo, in linea generale, molto più nei giovani che nei cuochi di questa fascia di età, a meno che non si siano venduti l’anima al Diavolo.
Questo patrimonio di odori e sapori, di biodiversità, è destinato in gran parte ad estinguersi come le diverse specie di animali sulla Terra, si andrà verso un mondo sempre più uguale e piatto, omologato, e dunque più vulnerabile a batteri e virus, più debole, più immunodepresso.
Basti vedere come pescivendoli e macellai buttano via gran parte dell’animale perchè quasi nessuno più mangia parti meno nobili o interiora.
Ecco perchè ce la dobbiamo godere fino a quando sarà possibile, poi tutto sarà uguale, sarà noia incomprensibile e controproducente come un talk show politico in tv.
Da Nino Di Costanzo non facciamo un solo viaggio, immaginate una stazione di pullman diretto in ogni dove, ciascuno vi trascina per luoghi magici e onirici prima di riportarvi al punto di partenza dove potrete prenderne un altro. E un altro ancora, così che alla fine avrete visto tutto.
Di Nino abbiamo scritto tanto e devo dire che lo abbiamo trovato come Mauro Uliassi, perfettamente concentrato sulla sua cucina e sulla sua amata Isola Verde. Entrare nel suo giardino mediterraneo pieno di opere d’arte poptrebbe essere l’incipit di una favola, o di un giallo fate voi.
Oltre ad una conoscenza dei prodotti ha una marcia in più che pochi cuochi italiano hanno: una grande e vasta conoscenza del mondo del vino italiano e internazionale. Una conoscenza aggiornata come dimostrano gli ultimi acquisti che precedono acquisizioni e cessioni che rendono uniche bottiglie che prima magari non lo erano.
L’aperitivo non è un prova di virtuosisimo, ma una mappa del gusto campano, ci dice subito dove siamo: dalla parmigiana di melanzane al burro e alici, dal peperone imbottito alla mozzarella di bufala, un piccolo riassunto, una introduzione alla cucina dell’orto mare tipica dello stile mediterraneo.
Poi, a cominciare dagi antipasti, ogni ingrediente principale è declinato in vari modi con tecnica superba ed efficace. Non c’è ideologia o inseguimento dell’amaro e dell’acido oggi tanto di moda domani chissà, si cerca di tirare calci di rigore per segnare con presentazioni alla francese in più piatti, però, ciascuno studiato per quello che deve portare. Dunque tanta attenzione all’estetica, ma anche all’etica perchè non si butta nulla, tutto viene ripresentato in forma edibile, sia un astice o una quaglia, un piccione o una triglia.
Completa la proposta una maniacale attenzione al pane, goloso, non medico: una tentazione perenne a cui resistere.
Doabbiamo poi ragionare sul divertimento, altro elemento di questa cucina: il menu è interattivo, richiede una partecipazione del cliente, fino a quando gli viene dato il benvenuto nel Circo, il dolce dei dolci finali, un piatto descritto nel dettaglio.
Abbiamo dunque il riso con la mozzarela, il limone e i capperi per la territorialità, farfalle e salmone per la memoria autoironica, la carbonara e gli gnocchi per i ghiottoni fino alla colossale pasta e patate con sei tipi di tuberi e 36 formati di pasta, un piatto di cui non potrà mai più liberarsi.
Rombo e piccione sono insuperabili per la loro complessa semplicità mentre l’agnello in parmigiana di melanzane mi ricorda una spalla di capretto e una parmigiana come contorno mangiata nel bistro di Lorenzo Torrini a Montmarte nel 2011, buonissima. qui i due elemeti sono perfetta fusi e fanno da spalla l’uno con l’altro.
Il finale dolce non è un atterraggio, ma un nuovo decollo, dal circo a tutto fragola (a proposito di stagionalità)
CONCLUSIONI
CONCLUSIONE
Nino Di Costanzo si mantiene tonico e creativo, fresco mentalmente: si vede che gli piace da matti far da mangiare. L’esperienza con Kiton in giro per il mondo gli ha insegnato l’importanza della semplicità ben eseguita e soprattutto lo ha mantnuto concentrato sul piatto e sul clienti. Qui si può scegliere tranquillamente alla carta. Abbiamo poi un menu Dom Perignon di cui è Depositario che varia dai 1200 ai 7000 euro, ma per il solo cibo difficilmente si superano i 250 euroi (il menu vegetariano si ferma a 180 euro). Da bere vi invito a puntare sui vini ischitani che difficilmente troverete altrove, ma, ovviamente, tutti gli sfizi, e i costi, possibili e immaginabili, sono nella carta ben tenuta e nella cantina straordinaria a cui si è dedicato proprio negli ultimi anni.
Un posto per appassionati, critici, da soli, in coppia o in gruppo. Perchè la forza di questo locale è che si cucina per i clienti e voi vi sentirete a casa vostra e soprattutto a vostro agio grazie ad un personale giovane, competente e appassionato. Certo la spesa c’è, ma magari quest’anno non cambiate il cellulare e ve la godete qui. Ne vale la pena.
Scheda del 30 giugno 2021
Quando bisogna fare un titolo per un articolo, bisogna essere chiari e diretti, in poche parole bisogna trasmettere tutto quello che si vuole raccontare. In questo caso, cioè quello del Dani Maison a Ischia di Nino di Costanzo il titolo, il senso dell’articolo e soprattutto la sua cucina gira intorno a quattro parole chiave: rigore, precisione, bellezza, prodotto.
Rigore
Il rigore per la tecnica imparato nelle grandi cucine che ha frequentato, da Gualtiero Marchesi a Juan Mari Arzak, solo per citarne alcuni. Il rigore nel proporre una cucina assolutamente italiana, con tante citazioni alla cucina napoletana, rivista ed alleggerita in chiave moderna, come la sempre splendida Pasta e Patate o i divertimenti iniziali della Passeggiata Napoletana. Ed ancora il rigore nella selezione della materia prima. Il pesce deve essere vivo, non fresco e lo va a prendere direttamente lui a Procida, in quel luogo incantato che è la Corricella, divenuta famosa per essere stata l’ambientazione de Il Postino, l’ultimo film del compianto Massimo Troisi. Il rigore nel decidere di portare avanti una cucina davanti agli ospiti. Ci vuole una grande abnegazione di tutta la brigata, non vola mai una mosca, non si sentono odori invasivi, stupefacente e molto bello da vedere, sembra di assistere ad un continuo cambio di pneumatici da parte dei meccanici della formula 1.
Precisione
Quella di Nino è una cucina chirurgica, che gioca tanto sulla precisione delle cotture. Il piccione aveva una cottura millimetrica, presentato su dei piatti in legno, come anche il riso in bianco (con ricci di mare e bruschetta) e il nuovissimo a sedici zampe, un mix tra mondo animale e quello marino, con i formaggi che fanno da trait d’union. I piatti sono arrivati caldi a tavola, un breve passaggio con il cannello, hanno reso il tutto tecnicamente ineccepibile. Precisione stilistica nelle presentazioni, un piatto quando è bello è sicuramente più buono, perché vuol dire che la cura dei dettagli è maniacale. Precisione nel servizio, fatto di tanti ragazzi giovani, super motivati. Precisione nella cura dei dettagli più piccoli, anche quelli che ai più possono sembrare insignificanti, dal portare una salvietta umida e profumata su una piccola formica che fa pendant con il giardino. Piccole coccole, ma fondamentali in posti così, curate e di grande gusto.
Bellezza
Cvetan Todorov, filosofo e saggista bulgaro naturalizzato francese nel suo romanzo più famoso diceva che la bellezza salverà il mondo. Non so se sarà così, però sicuramente la bellezza aiuta a vivere meglio. La bellezza è il leitmotiv di questo ristorante. Dal meraviglioso giardino, curato e mostrato come si fa con la cosa più preziosa che tieni, alle opere di Lello Esposito sparse in tutto il ristorante. Bellezza nelle presentazioni dei piatti, ogni piatto che sia di porcellana, vetro o legno è disegnato direttamente da Nino, sono fatti apposta per lui. Bellezza nel proporre il piatto più tipico di Ischia, il famoso coniglio, in una versione elegante, racchiuso in un raviolo, con una pasta tenace che amplifica le sensazioni. La bellezza di essere legato alla propria terra, di non aver paura di raccontare che la Campania e l’isola di Ischia sono luoghi magici, che tutto il mondo ci invidia. Bellezza come guardare uno scorcio di Ischia Ponte e rimanerne tanto colpito da immortalare quel momento e quello scorcio in dolce. A Ischia Ponte c’è il bar dove prende il caffè, c’è il signore che vende la frutta, una salumeria che fa un panino con la mortadella strepitoso, i bambini che giocano al pallone. Tutto questo l’ha racchiuso in dolce.
Prodotto
Una volta in una colazione all’Albereta mi ritrovai Gualtiero Marchesi di fronte. Mi fermai a parlare a lungo con lui, tante domande, tanti aneddoti da parte sua. La cosa che più mi premeva era chiedergli: “Maestro come faccio a riconoscere quando mi trovo davanti ad un grande cuoco”? La risposta: “I grandi cuochi sono tutti accumunati dal grande rispetto del prodotto. Quando sei giovane ed hai tante energie c’è voglia di stupire, sei concentrato su te stesso. Quando passano gli anni ti concentri sugli ospiti e soprattutto ti concentri sul prodotto. Perché se ci pensi bene il vero scopo di tutti i cuochi è quello di rispettare la materia. Il segreto è sviluppare quanto più possibile una sensibilità verso la materia. Solo quando riesci a togliere il superfluo e valorizzare la materia, ti troverai davanti ad un grande cuoco”. Sono passati una ventina di anni da quella colazione che è diventato uno dei più grandi insegnamenti che potessi avere. Nino è concentrato sul prodotto, come pochi, per il cuoco ischitano è una vera religione. Per questo Nino è un grandissimo cuoco.
Cosa si mangia da Nino Di Costanzo a Dani Maison
Conclusioni
Dani Maison non è solo un ristorante, è la casa natale di Nino che l’ha trasformata in un luogo di bellezza e di coccole per i suoi clienti. Un posto dove andare e farsi coccolare, godersi una grande cena, senza preoccuparsi troppo dei tecnicismi del cuoco, che pure sono tantissimi, ma restano per gli addetti ai lavori o per chi ha voglia di approfondire, perché Nino ha messo da parte l’ego del professionista per dedicarsi completamente ai suoi ospiti.
Daní Maison Nino Di Costanzo a Ischia
Via Montetignuso, 4,
Sempre aperto
Chiuso il lunedì
danimaison.it/it/
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