di Raffaele Mosca
Dopo la puntata sulla Cisternense e il tour delle Donne del Vino, siccome non c’è mai due senza tre, concludiamo la trilogia dedicata al Lazio con un itinerario attraverso tre cantine della zona DOC di Frascati che hanno aderito al progetto Roma DOC.
Siamo in un territorio clou del vino regionale: ineguagliabile per rilevanza storica, ma traviato da sviluppi recenti che non hanno di certo favorito il consolidamento della sua reputazione. Anche per sdoganarsi da un’ idea diffusa di “numeri e basso prezzo”, alcuni prodotti frascatani hanno voluto fortemente la Roma DOC. “ Per affermarci nel mondo, dobbiamo ripensare una denominazione antica e lanciarne una nuova” ci ha detto qualcuno. La domanda che, emerge, però, è come fare in modo che le due DOC/DOCG non si sovrappongano? Che connotazione dare al vino targato Roma – soprattutto nel caso dei bianchi – per evitare che cannibalizzi il Frascati?
Il tour della Roma DOC attraverso Frascati:
Casale Vallechiesa
Partiamo da una piccola realtà a un tiro di schioppo dall’autostrada a1, che si sviluppa lungo costoni vulcanici che un tempo costituivano il cratere del lago Regillo. Qui la famiglia Gasperini produce uva e vino da almeno cinque generazioni. In origine erano carrettieri: attraversavano la campagna romana con le botti caricate sul carro – spesso accompagnati da cani che servivano a tenere i briganti a dovuta distanza – per andare a rifornire le osterie del centro. L’ azienda come la conosciamo, invece, è nata nel 1990; consta di 13 ettari in conversione biologica, dai quali si ricavano circa 250.000 bottiglie annue spalmate su una buona dozzina di vini.
I vigneti sono in una delle zone “clou” di Monteporzio Catone, e per questo è inevitabile che il core business aziendale sia la produzione di Frascati. Eppure il titolare Aristide, con la moglie nonché donna del vino Giovanna, e suo figlio, è stato tra i soci fondatori del consorzio Roma DOC. “ All’inizio non ci credevamo troppo – ci spiegano – ma pian piano abbiamo capito l’importanza che questo nome può avere sul mercato internazionali: oggi come oggi, i nostri Roma DOC riscuotono successo soprattutto all’estero, mentre per il resto della produzione il mercato principale è quello italiano”.
Sul fronte del bianco la differenziazione sta nei vitigni: il Frascati Heredia e il Roma bianco Caspide hanno entrambi la Malvasia Puntinata come vitigno di riferimento, ma cambiano le uve complementari: Greco e Trebbiano Toscano nel primo; Bellone nel secondo. Sembra una variazione di poco conto e, invece, l’impatto è spiazzante: la personalità nient’affatto banale del Bellone emerge subito con ricordi di lemongrass e zenzero che danno grande immediatezza al Caspide 2022. È un vino più snello, più dritto – e forse più semplice – del Frascati Superiore servito di fianco, ma molto contemporaneo, soprattutto per equilibrio tra freschezza, sapidità pungente da territorio vulcanico e parte gliceriche che arrotondano il sorso. È più adatto alla cucina di mare degli altri bianchi della zona che, invece, stanno meglio con i primi della tradizione romana.
I Rossi sono due: uno da una vigna più giovane e un altro dagli appezzamenti storici, entrambe a base Montepulciano e Cesanese. Il primo strizza chiaramente l’occhio al mercato internazionale con la sua ricchezza fruttata a tratti debordante – che fa quasi pensare a un leggero appassimento – smorzata in bocca dal giusto timbro sapido. Il secondo, 457, è più austero, più cupo, ma anche più fine e potenzialmente longevo. Probabilmente sarà affiancato da una Riserva.
Tenuta di Pietra Porzia
Ci spostiamo nel cuore del lago Regillo. Questa tenuta è passata più volte di mano nel tempo e in origine si estendeva su più di 900 ettari. Oggi sono 38 quelli vitati, attraversati peraltro da un viale costeggiato da cipressi che fa un po’ Bolgheri. E proprio come sulla Costa Toscana, sui declivi vulcanici circostanti si lascia parecchio spazio alla sperimentazione: la famiglia proprietaria, che gestisce anche Tenuta La Marchesa in Piemonte, ha voluto piantare autoctoni laziali semi-sconosciuti come Lecinaro, Abbuoto e Raspato.
Il primo dei tre entra in assemblaggio con Montepulciano e Cabernet Sauvignon nell’unico Roma DOC aziendale: un rosso che segue un approccio tutto incentrato sulla freschezza, con affinamenti in acciaio e bottiglia mirati a preservare il frutto. Il 20’ è giocato su un mix sfizioso di frutto croccante, pepe e tracce vegetali da Cabernet. Il Lecinaro – vitigno che tende a dare vini poco tannici e abbastanza leggeri – ha un ruolo essenziale nello snellire il sorso, che rimane giusto un po’ ruvido e amaricante in chiusura, ma piace per grinta e scorrevolezza.
Dall’annata 2022 il Lecinaro è proposto anche in una versione solista che dispensa fruttini rossi ed erbe spontanee a iosa. Un filo di diluizione al centro del palato non ne compromette la piacevolezza, anzi lo rende facile, spensierato e abbinabile anche a tonno e pesce spada.
Rossi di Medelana
Il cognome, per gli appassionati di vino, non è nuovo: la famiglia, infatti, è la stessa che possiede Castello del Terriccio sulla costa toscana. Federico Rossi di Medelana, fratello di Gian Annibale, papà del Lupicaia, ha pensato alla veneranda di 78 anni di riconvertire alla produzione di vino imbottigliato – e non solo di uve – una proprietà con 500 anni di storia alle spalle e una vista mozzafiato sulla città di Roma, situata a peraltro a ridosso dell’ abitato di Frascati. La location sarebbe perfetta per l’enoturismo e, in effetti, sembra che stiano facendo i primi passi anche su questo fronte. Ma su quello produttivo siamo ancora agli albori: le vigne sono state recentemente riconvertite per avere molto più basse di prima – ovvero sui 70/80 quintali ettari – e la cantina è stata ricavata in un vecchio fienile. La produzione è tutta in bianco – eccezion fatta per un Syrah – e ammonta a poco più di 30.000 bottiglie.
A convincere in questa fase è proprio il Roma Bianco 2021: da assemblaggio di Puntinata (60%), Bellone e Bombino Bianco, tirato in appena 3.000 esemplari. È vino di bocca che più di naso: tonico e salivante, ma con discreto spessore strutturale e finale lineare di mandorla e agrume. Discreto anche il Bellone in purezza – che occhieggia quasi a un Viognier con il suo frutto in bella vista – mentre con il Frascati Vigna Ferri, da parcella storica, non sembra sia stata trovata la quadra (e c’è un po’ di variabilità da bottiglia a bottiglia).
Conclusioni
La risposta alla domanda di cui sopra è che la Roma DOC può permettere da un lato di incasellare i rossi frascatani e dell’altro di sfruttare la combinata Bellone – Puntinata, che può riservare sorprese non iNDifferenti. Poi c’è il discorso Malvasia Puntinata in pureza, che andrebbe affrontato con più decisione. Attualmente la decisione di imbottigliarla come IGT è prevalente, ma siamo sicuri che la tendenza cambierà con la crescita della denominazione.