Dal cuore del Monferrato, il Ruchè di Ferraris

Pubblicato in: I vini da non perdere
Diverse annate di Opera Prima

di Simona Paparatto

Castagnole Monferrato, Montemagno, Grana, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo, Viarigi, sono sette comuni incastonati tra le rigogliose colline piemontesi del Monferrato (al confine con le Langhe, e patrimonio Unesco), in cui si coltiva un’uva autoctona unica chiamata ruchè, dalla quale si produce il Ruchè di Castagnole Monferrato, vino originale ed inconfondibile, capace di esprimersi ottimamente attraverso la sua DOCG, di fatto una delle più piccole d’Italia.

Queste colline (che un tempo subirono un violento, brusco cambiamento a causa dell’abbandono di massa dovuto all’industrializzazione) stanno oggi rinvigorendo, attraverso un ribaltamento economico e sociale rilevante, grazie soprattutto a produttori legati al territorio come Ferraris, Montalbera e Bersano, che da soli fanno il 70% della produzione, investendo in maniera incisiva sul ruchè (investimenti che hanno portato all’ottenimento degli attuali 204 ettari totali), alimentando anche l’economia di altri vitigni come viognier, grignolino, e barbera.

l’azienda Ferraris Agricola nasce (anzi, rinasce) nel 2001, quando Luca Ferraris, terminati gli studi di Agraria ed il servizio militare, torna a Castagnole Monferrato per ristrutturare la proprietà familiare, partendo dalle macerie della vecchia azienda del bisnonno che già nel 1921 coltivava vigneti. Anche il nonno era viticoltore: negli anni Sessanta faceva il vino in damigiana, portandolo a Torino e nei paesi limitrofi. Dopo la sua morte, nell’82, il padre di Luca, per dare continuità, anche affettiva, al lavoro della famiglia, manda avanti le vigne fino alla devastante grandinata del 1985 che gli impone di fermarsi definitivamente (complice la bassa redditività), tenendo per sé solo nove filari di vigneto (con uve conferite ad una cantina sociale). Luca mette mano ai vigneti abbandonati, impiantandoli ex novo con la focalizzazione di tutte le forze sul ruchè, per il crescente interesse della gente verso questo vitigno, pur risultando ancora sconosciuto a molti.

L’azienda è formata da una squadra particolarmente giovane che segue tutte le fasi di produzione, dalla raccolta all’imbottigliamento, con la conduzione di due enologi: Mario Redoglia e Luca Abrate. Conta 34 ettari di cui 23 coltivati a ruchè, con 220 mila bottiglie prodotte, di cui 50 mila destinati alla GDO e 170 mila al mercato tradizionale. Dell’ horeca di Ferraris Agricola, l’88% del valore arriva dal Piemonte ed il 12% dal resto d’Italia. Il 30% di export riguarda Stati Uniti, Giappone, Danimarca, Svizzera e Cina.

Gli obiettivi ambiziosi perseguiti, portano ad importanti acquisizioni: Vigna del Parroco (2016), Cà Mongròss (2022/23), con sei ettari destinati interamente alla barbera per la nuova produzione della Barbera Superiore Colli Astiani a Montegrosso d’Asti ed i recenti due ettari piantati a pinot nero e chardonnay della Tenuta Santa Chiara a Monastero Bormida, per l’imminente debutto della sua Alta langa.

Vigna del Parroco è il primo vigneto piantato a ruchè (con parte dei filari disposti a ritocchino e parte a cavalcappoggio) nel 1964, da Don Giacomo Cauda, parroco del paese (scomparso nel 2008), che decide di recuperare il vitigno autoctono, curandone coltivazione e processo di vinificazione. Questo segna un inizio di rinascita poiché spinge negli anni, i viticoltori ad investire sempre più nel ruchè, fino al riconoscimento della DOC nel 1987 e della DOCG nel 2010. Figlio di contadini di Cisterna d’Asti (tra Roero, Langa e Monferrato), don Giacomo arriva a Castagnole Monferrato, prende in mano il beneficio parrocchiale e coltiva grignolino e barbera. Uscendo con la prima annata capisce che in quella terra c’è una deviazione olfattiva che rende il vino “non buono”. I paesani si indispongono verso di lui per tale affermazione, spiegandogli che tra le uve è presente anche del ruchè. Egli si intestardisce e l’anno seguente, prima di vendemmiare le altre due varietà, toglie il ruchè vinificandolo a parte e riempiendone 28 bottiglioni che dimenticherà in cantina. Una sera il vescovo va a cena da lui. Salta la luce per via di un temporale. Al buio il parroco apre una di queste bottiglie per sbaglio, scoprendone le inaspettate e stupefacenti potenzialità. Segna tutte le piante, prende le marze, si fa fare 4000 barbatelle e pianta il primo ettaro di ruchè. Ancora oggi questa è la vigna più vecchia (la prima vendemmia risale al 1967). Vigna del Parroco è stata scelta come bottiglia istituzionale del Ruchè (e non solo di Ferraris, per questo motivo non viene menzionato il suo marchio in etichetta). Entra a far parte dell’azienda Ferraris con l’annata 2016 con ottime premesse, poiché il vino si posiziona tra i 50 migliori assaggi al mondo di Decanter, con 93 punti. 

Bricco della Gioia, risalente al 2001, è prima vigna piantata dalla Ferraris Agricola. Da questa, la più alta, dall’importante pendenza e dall’ottima esposizione, nasce OPERA PRIMA, dedicato da Luca a nonno Martino. Il nome è stato scelto per indicare un nuovo modo di produrre Ruchè: un vino memorabile, con capacità di invecchiamento, in grado di resistere nel tempo. Il terreno marnoso, che conferisce al vino grande mineralità, struttura, corposità, ha la capacità di drenare l’acqua evitando ristagni, non consentendone, però, nemmeno accumuli nei periodi siccitosi e questo potrebbe essere un problema senonché, nell’annata intensamente calda del 2022 (che ha visto cali di produzione del 50% sulla barbera e del 65% sul viognier), sul Ruché ha decisamente stupito per la resistenza a condizioni anche estreme. Per via dello stress idrico, l’uva viene raccolta in leggera surmaturazione, con grande concentrazione delle uve, che darà sentori pieni e malmellatosi.

Nel comune di Castagnole Monferrato, Ferraris coltiva solo ruchè e viognier. La passione per il viogner è da attribuirsi all’incontro di Luca con Randall Grahm (2003), winemaker fondatore di Bonny Doon Vineyard, che porta in California i vitigni del Rodano. Egli si innamora del ruchè iniziando un progetto atto ad evidenziare le molteplici somiglianze di questo vitigno con il viognier. Così nel 2006, ripulendo un altro appezzamento ereditato dal nonno e adatto anche ai vitigni a bacca bianca, Luca decide di piantarvi viognier (oggi 7,2 ha), con una risposta impressionante da parte del mercato.

Gli appezzamenti sono sparsi, con costi importanti. I vigneti hanno ottime posizioni anche se dal 2017/18 Ferraris sta piantando anche sull’altro versante, poiché il cambiamento climatico in corso provoca difficoltà nella produzione di vini base come il Sant’Eufemia che esce ad una gradazione di 14,5 gradi, decisamente alta per un vino di pronta beva.

Le operazioni di vigneto sono quasi interamente meccanizzate, essendo il ruchè un’uva che deteriora molto velocemente e “con 23 ettari bisogna raccogliere per tempo, altrimenti il rischio è di perdere parte del raccolto”. Luca spiega come oggi giorno le macchine, con lettori ottici avanzati, siano in grado di fare una cernita di uva che difficilmente l’uomo anche professionista, sarebbe in grado di fare, tenendo comunque presente che in vendemmia ci si affida a cooperative formate spesso da personale non competente.

Ferraris acquista ogni anno dai 15 ai 25 tonneau che utilizza nuovi e per vari passaggi: li usa in modo esclusivo, poiché permettono di avere minor contatto (e più delicato) del vino con il legno: “utilizziamo tonneau dal 2001 quindi da sempre perché il un vino come il Ruchè in cui l’aromaticità è fondamentale, la microssigenazione naturale data dal legno, esalta i profumi ed il colore, che colpisce per le diverse sfumature di rosso, apportando delicatezza ed eleganza”. Opera Prima, etichetta icona dell’azienda, sosta sei mesi in tini da 54 ettolitri, poi in tonneau da 24 a 36 mesi secondo l’annata: la 2017 che adesso è in commercio ha fatto 36 mesi di legno. Il Castelletto di Montemagno (piccola riserva) sosta 12 mesi in tonneau nuovi. Il 20% della Vigna del Parroco sosta nove mesi di tonneau (la restante parte in acciaio). La Barbera d’Asti Superiore per metà sosta in tonneau e per metà in botte grande.

Clàsic (Tre Bicchieri del Gambero Rosso per due anni consecutivi), è il primo Ruchè prodotto e rappresenta la storia dell’azienda. Poi nasce Opera Prima, nel 2007, che però, esce nel 2010 dopo Sant’Eufemia (2008).

Di seguito la degustazione di quattro vini significativi della Ferraris Agricola.

Sant’Eufemia 2022 14% vol. (Solo acciaio). Rosso rubino vivace con unghia trasparente. Apre con un ventaglio olfattivo ampio ed intenso da cui emerge il frutto rosso croccante della fragolina di bosco e del lampone, della rosa canina e del pepe bianco. Suadente, delicato in bocca. Fresco e sincero, dal tannino pressoché impercettibile, offre una chiusura golosa ed appagante, con ancora un riverbero della frutta rossa. Richiama la convivialità informale, accompagnando molto bene un panino imbottito a merenda o un aperitivo in compagnia.

Clàsic 2021 15% vol. Meraviglioso rubino dai luminosi riflessi che dal purpureo virano ad un granato sfumato e trasparente. Intensamente floreale all’olfatto, rivela anche piccoli frutti neri e rossi croccanti ed una docile vena mentolata di erbe officinali. In bocca è corposo, fresco ed intrigante, ma delicato, con tannino elegante e perfettamente integrato. Equilibrato e verticale, dal finale lungo con un ritorno al frutto croccante.

Vigna del Parroco 2021 16%vol. Rubino vivo e luminoso con leggere sfumature quasi porpora. All’olfatto il floreale della rosa canina e della viola spicca sul fruttato con prugna, more e lamponi e su lievi note speziate di pepe nero, anche se i profumi sono ancora contenuti, compressi. Grande corposità e concentrazione con un tannino prepotente, grosso, decisamente acerbo. La freschezza si manifesta attraverso la sensazione balsamica. Vino dal carattere forte e dal grande potenziale: bisogna solo avere pazienza di attendere che si esprima in tutta la sua pienezza.

Castelletto di Montemagno Riserva 2020 16 %vol. (Raccolta in cassetta).  Taglio moderno di tonneau nuovo. Rubino quasi granato, è intensamente profumato, con un bouquet fruttato di ciliegie in confettura, marasche mature, una dolce speziatura di vaniglia e noce moscata, agrumi canditi, tutto delineato da un accenno balsamico che pervade ed invita all’assaggio che è subito profondo, seducente, ruffiano. Strutturato e di carattere. Il tannino è levigato, morbido, denso e porta ad una chiusura lunga e avvolgente con ritorni ancora fruttati.

Opera Prima Riserva 2017 16% vol. Dal colore rosso rubino carico e vivo, esordisce con profumi variegati ed intensi di prugne mature, di fruttini rossi in composta e di albicocca. Immancabile il floreale della rosa di bosco e della lieve e seducente speziatura di noce moscata e liquirizia.

In bocca è caldo e asciutto. Corposo e strutturato, è sostenuto da una combinazione fresco-sapida che bilancia agevolmente l’importante componente alcolica. Lunga la persistenza gustativa, con ritorni mentolati e piacevolmente amarognoli. Vino verticale, che sarà apprezzabile anche tra vent’anni.

Presto prenderà vita il progetto di ampliamento della cantina per il quale è già stato acquistato un terreno adiacente all’attuale struttura, ormai troppo piccola per la produzione richiesta dal mercato, ma anche per il flusso di turisti che confluiscono qui in ogni periodo dell’anno. Proprio dalla consapevolezza delle potenzialità della zona riguardo l’enoturismo, Ferraris investe molto sul territorio, tanto che, intorno al mese di giugno 2023, sarà terminato anche il museo multimediale e sensoriale del Ruchè, che racconterà la storia dell’azienda anche attraverso le prime bottiglie storiche risalenti al 2001.

Luca Ferraris, viticoltore ed imprenditore competente e dinamico, con le idee chiare e una passione sincera e profonda per la sua terra, partito dal niente, è stato in grado di proporre, trasmettere e far apprezzare la grande versatilità di un vino, il Ruchè, creando un’azienda oggi pluripremiata e parte integrante di un’area vocata in continua crescita.

 


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