Da Tonino a Capri, tecnica, passione e sapore al top sull’Isola

Salvatore e Gennaro Aprea, i figli di Tonino

Da Tonino
Via Dentecale, 15
Tel. 081.8376718
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso Lunedi

www.ristorantedatonino.it
Conto medio sui 60 euro.

Lungo la stradina che dalla piazzetta di Capri porta alla suggestiva e panoramicissima Piazzetta delle Noci, una volta lasciatisi alle spalle vetrine di lusso e turisti in fila indiana, in mezzo ad una vegetazione caparbia che trasforma le boungaville in piante forti e nodose, ad un certo punto ci si trova all’ingresso del ristorante da Tonino.

Nella bella stagione si mangia in veranda, arredata con un tocco quasi d’antan, a ricordare le serate capresi degli anni passati. Piccoli tavoli in legno reggono il gioco all’intimità o si trasformano facilmente in deschi familiari affacciati sul verde e sul sole. Anche la sala, circondata da grandi vetrate, è pensata per godere della luce e dei limoni del piccolo orto.
Insomma, una vera e propria oasi, se si pensa che la piazzetta più famosa del mondo è davvero a pochi passi.

A contribuire a quest’atmosfera di pace e tranquillità il passo quasi felpato del personale di servizio: navigato, attentissimo, professionale. E, soprattutto, l’occhio attento di Gennaro, patron e sommelier, che compare quasi all’improvviso, a suggerire una bottiglia dopo la lettura di una carta importante, costruita come si deve e soprattutto ‘sentita’, al punto che quasi soffre a tirarle il collo.

E’ lui, insieme al fratello chef Salvatore, l’erede di Tonino Aprea, che nel 1993 aprì questo ristorante. Qualche anno di gestione esterna, e poi, finalmente 4 anni fa la decisione di riprendere in mano l’azienda di famiglia. Il fratello più giovane, Salvatore, fa importanti esperienze al San Domenico di Imola e con Heinz Beck; Gennaro riprende la vecchia cantina, sfrondandola dei super tuscans degli anni Novanta e aggiornandola con tutte le meraviglie del nostro Sud.

In cucina, dunque, una bella mano, giovane e leggera. C’è tecnica, senza dubbio, ma si risponde con rispetto e personalità ai richiami della tradizione isolana, a partire dalla parte terragna del menu, con quaglia e coniglio in testa.
Così, già dal benvenuto, salmone con cicerchie e zeste di limone, si capisce che qui terra e mare viaggiano in buon equilibrio, ma anche con un pizzico di sprint che non guasta.

Gli antipasti sono molto freschi, bella combinazione di colore e sapore: sia la ceviche di un pesce tanto povero quanto raro da trovare a tavola, come l’aluzzo (una sorta di barracuda) che l’insalata di razza, dove una cremosità sostenuta e l’acidità del pomodoro rinforzano un pesce solitamente deboluccio.

I classici ravioli capresi, piatto simbolo dell’isola, sono belli cicciottelli, con il formaggio saporito che sembra voler esplodere fuori  dalla pasta, profumati di datterini e basilico.

Anche l’altro primo piatto di pasta ripiena si muove tra golosità e robustezza: i raviolotti con farcia di coniglio alla genovese, morbida e gustosa hanno il giusto mordente grazie anche ai funghi cardoncelli che li accompagnano.

Tra i secondi di mare, il calamaro, scottato e accompagnato da un carciofo ruspante, non delude nella versione in salsa esotica, tra ‘latte di tigre’ e crema di avocado.

Ben eseguita e presentata la quaglia, gingillo di caccia preferito di Ferdinando IV di Borbone. Salvatore Aprea riprende la vecchia ricetta del papà, che contemplava una farcia di salsiccia, per renderla più opulenta e saporita. Oggi viene servita arrosto, accompagnata da una piccola salsiccia e da mini arancini bianchi con piselli.

Esecuzione classica per il maialino nero di Calabria con crema di mele annurche, ben accompagnato dall’acidità appena accennata delle papaccelle e l’amaro della cicorietta. Carne di ottima qualità e succulenta, grazie alla componente grassa buonissima.

Si chiude con i dolci dell’isola o con interpretazioni più personali, leggere e fruttate, oppure, ancora, con un mirabile sorbetto di limone amaro.

Che bravi questi due fratelli a riprendere un’attività di famiglia, con il giusto piglio e la giusta misura: senza strafare, con modestia, ma anche con determinazione e carattere. Un posticino quasi intimo, raccolto, con una bella atmosfera e che regala soddisfazioni in cucina così come ai cultori del buon bere.
Davvero incredibile che il lusso ostentato così come il turismo paninaro siano a pochi passi. Ma la distanza percepita è quella che conta, e qui siamo al riparo da tutto, parecchie miglia lontani, credeteci.


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