Inaugurata la condotta Volturno a Castel Campagnano
Non è stata la solita cerimonia: da un lato c’era la foto di Fabio Lombardi, il giovane casaro del conciato romano morto tragicamente mentre lavorava con il trattore, dall’altro il dolore e la ferma volontà di andare avanti della madre Liliana e del papà. Solo il senso di appartenenza alla comunità rende possibile superare i momenti veramente difficili della vita, e questa esistenza dispersa nel cielo non per la droga o in una carrozzeria di auto schiacciata il sabato sera come tanti suoi coetanei, ma mentre semplicemente stava pensando alle olive da raccogliere, è paradigmatica delle possibilità di un territorio di ritrovare la propria identità grazie all’agricoltura. Le sue parole filmate da Paolo De Cristoforo sono un documento eccezionale a questo proposito: a vent’anni parlare di formaggio significa essere un intellettuale vero in questo clima surreale paratelevisivo in cui è obnubilato il nostro paese. Così nell’azienda di Manuela e Peppe non è nata una semplice condotta sotto l’occhio vigile del bravo Nino Pascale, cioé non un club di consumatori consapevoli di città, né tanto meno di annoiati borghesi in cerca di emozioni o di hobbysti allo sbaraglio, ma una comunità di produttori consapevoli che investe il proprio lavoro e i propri risparmi nella terra e che ha dichiarato il proprio diritto ad esistere e a contare, incidere nelle scelte del territorio. Un atto di coraggio politico che indica che le forme attuali della rappresentazione amministrativa sono insufficienti a fare gli interessi di chi produce perché il mercato degli amministratori è costituito dal consenso locale, quello dei vini, dei formaggi e degli altri tesori dell’agroalimentare è invece regionale, nazionale, a volte anche mondiale. Mi pare indicativo che a dirigere questo processo sia Nicola Sorbo, ex sindaco di Caiazzo, che ora come fiduciario ha sicuramente qualche strumento in più, non sembri un paradosso, per incidere sui destini di questo territorio che prima era conosciuto soprattutto per la cultivar caiazzana ma che poi è esploso sul versante vitivinicolo grazie al Pallagrello e al Casavecchia, due autoctoni di stoffa, capaci di crearsi una propria cornice nonostante siano entrati in una provincia dove c’erano due storiche doc, Falerno e Asprinio, in areali molto diversi geologicamente e antropologicamente parlando. Questa mi è sembrata la novità della condotta del Volturno. Protagonisti sono soprattutto in questo caso i produttori dell’agroalimentare di qualità e non solo i consumatori come invece accade nella maggior parte dei casi nelle altre condotte. Al di là delle critiche che da più parti sono state mosse all’organizzazione Slow Food, e nonostante il momento difficile vissuto in Campania negli ultimi anni, mi pare che questo piccolo gesto fra amici, l’entusiasmo dei primi tempi che si respirava a Terre del Principe, la nutrita presenza delle migliori professionalità del vino, dell’olio, del formaggio, della carne, della ristorazione e della degustazione, tutti questi elementi insomma, siano segnali della capacità di questa associazione di esprimere sempre il meglio nell’agroalimentare, avere comunque uno spessore di gran lunga superiore al salottismo di maniera in cui si sentono sempre le stesse idiozie, lontani anni luce dal linguaggio criptico mafioso dei politici. Aver riprovato gli ultimi formaggi preparati da Fabio è stata una emozione intensa, una comunione cattolica, così come accade bevendo l’Impeto di Luigi Rapuano, altro giovane, stavolta viticoltore, scomparso prematuramente quest’anno. Quando Pasolini fu ucciso Moravia urlò la sua rabbia: era morto un poeta e i poeti sono rari nella storia della letteratura. Il 2007 ci ha tolto un viticoltore e un casaro, poeti del vino e del formaggio non sono facili da formare nella campagna meridionale: troppe le suggestioni ancora capaci di spingere i giovani fuori dalla campagna. Ma ieri sera la risposta è venuta forte grazie alla condotta Slow Food: loro vivono perché fanno parte di una comunità nuova, moderna, senza suggestioni del passato. La nostra.
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