di Marco Signori
Ci si potrebbe avventurare in dotti ragionamenti sulla differenza tra prezzo e valore per raccontare un’esperienza culinaria in cui i piatti dimenticati della tradizione incontrano uno dei vini più importanti al mondo, su quanto siamo disposti a pagare, quanto effettivamente paghiamo e quale valore assume per ciascuno di noi un piatto o un prodotto. E su quanto sia importante coinvolgere il palato per conoscere bene un luogo.
Declinando quella che potrebbe apparire come un’iperbole, c’è da dire che lascia senza dubbio qualcosa dentro riscoprire la cucina di un tempo, quella della tradizione teramana – che in Abruzzo è forse la più significativa e profonda – assieme al montepulciano dei Valentini, nobile famiglia di origini spagnole che dal 1600 produce vino a Loreto Aprutino, sulle colline pescaresi, la cui meticolosità – oggi personificata da Francesco Paolo e dal figlio Gabriele – è tale da indurli a non mettere in vendita intere annate se la soddisfazione nei confronti del prodotto non è sufficiente.
Degli abbinamenti sapienti si è fatto interprete Leonardo Seghetti, agronomo di chiara fama a cui si deve, tra le altre cose, l’iscrizione nel registro Pat del vino cotto, la cui produzione era addirittura stata vietata negli anni Sessanta, nell’accogliente contesto di Terra di Ea, cooperativa agricola e fattoria didattica sulle colline di Tortoreto, in provincia di Teramo. Con la cucina affidata alla brigata di casa e a quella di Zunica 1880, un’istituzione a Civitella del Tronto.
E se “parlare di cucina italiana significa dire nulla, mentre inizia ad assumere un senso parlare di cucina piemontese, lombarda, ecc”, come ha fatto osservare Claudio D’Archivio, dell’Accademia italiana della cucina, ricordando “la varietà incredibile di piatti della cucina teramana, regina della cucina abruzzese”, ecco che in tavola sono arrivati alcuni capisaldi della tradizione: patata al rosmarino con pancetta, pancotto, mazzarella scomposta, pasta e fagioli, cif e ciaf.
A ciascuno, un abbinamento – suggerito ma non imposto, Seghetti docet – con un montepulciano d’Abruzzo in una degustazione avanti e indietro nel tempo e che è stata prima di tutto visiva, cromatica: 2013, 2001 – l’ultimo di Edoardo Valentini, che scomparirà cinque anni più tardi – 2015, 2006 – il primo del trapasso, perché in quei cinque anni non è stato prodotto – e 2012. Incredibile notare tra le altre cose, come, dal 2001 al 2015, i colori fossero tutti molto simili, a dimostrazione di una longevità fuori dal comune.
Un autentico viaggio nella matrice più intima che ognuno di noi ha vissuto per produrre un’emozione che in ciascuno può evocare un ricordo, questo è stata, di fatto, la conviviale alla quale è stato dato il titolo “Dall’intimità domestica allo status sociale”, che ha voluto peraltro riaffermare alcuni principi: la cucina è territorio, tradizione e tecnica, deve produrre emozioni, saper essere sostenibile e fare bene alla salute. Vari elementi evocati dagli interventi di Seghetti e D’Archivio, di Massimo Di Cintio, giornalista enogastronomico, del professor Mauro Serafini, del neonato corso di laurea in Scienze e culture gastronomiche per la sostenibilità, autore, tra le altre cose, dello studio sulla longevità legata alle abitudini alimentari. Oltre naturalmente a Valerio Di Mattia, ristoratore che anima Aria Food, associazione nata nel 2013 “per opporsi alle sagre” ma che, negli anni, ha abbandonato lo spirito sindacale per preferire essere da pungolo e mettere a sistema le migliori espressioni locali, e Daniele Zunica.
La canaletta (pizza dogge teramana che Zunica serve a forma di canaletta, come faceva la nonna quando, in assenza di formine da cucina, utilizzava proprio un pezzo di canale di gronda!) abbinata al vino cotto di Terra di Ea ha concluso in bellezza la cena.
La conviviale sulla cucina popolare dimenticata, preceduta da Mondopane – un racconto teatrale in musica con Francesca Camilla D’Amico e Sebastian Giovannucci – nel giardino di Terra di Ea, è stato uno dei tasselli di “Cuoco di Bordo”, progetto di Aria per raccontare un Abruzzo autentico e diverso attraverso i cuochi, visti come vere e proprie “sentinelle” che navigano quotidianamente sul territorio, da cui esce fuori un vero e proprio diario pieno di annotazioni, incontri e riflessioni.
Dalla terra al mare, l’iniziativa – con un’altra conviviale dall’eloquente titolo “Una cena tra 7 anni” al ristorante Il
Palmizio di Di Mattia ad Alba Adriatica – ha posto poi l’accento sulla necessità di difendere la piccola pesca valorizzando la stagionalità e il miglio zero.
“L’ampliamento delle aree marine protette e la restrizione dei sistemi di pesca che incidono sul fondale, come lo strascico, potrebbero cambiare il modello di pesca e quindi il prodotto che arriva sulle nostre tavole”, avverte Valerio Di Mattia, “inoltre, la volontà di fare una pesca sempre più selettiva e contenere le problematiche della pesca accidentale potrebbe compromettere alcuni piatti tipici come il brodetto, che nasce proprio per utilizzare il pesce povero e senza mercato che veniva destinato alla ciurma a bordo”.
Insomma, un focus sulla parte settentrionale della regione, terra di confine, locomotiva turistica in termini di presenze ma mediaticamente eclissata da quella meridionale, la Costa dei trabocchi che negli ultimi anni sta avendo una ribalta senza precedenti. I luoghi coinvolti nella tre giorni sono stati quelli tra Tortoreto, Alba Adriatica, Giulianova, Corropoli e Martinsicuro, gli stessi in cui naviga ogni giorno il Cuoco di Bordo protagonista del progetto.
“Cuoco di Bordo – ha spiegato Valerio Di Mattia – rappresenta un piccolo diario personale fatto di incontri, annotazioni, relazioni e riflessioni trascritte dal nostro cuoco, vera ‘sentinella’ dei luoghi, quotidianamente itinerante sul proprio territorio. L’area di ‘navigazione quotidiana’ è la zona che dolcemente degrada dalla prima collina teramana fino alle rive del mare Adriatico. Il nostro cuoco muove dunque nella parte nord dell’Abruzzo al confine con le Marche. Il materiale raccolto, con buona dose di immediatezza, racconta in maniera semplice la complessità di un territorio antico ed ancora poco conosciuto ai molti”.
L’evento è stato patrocinato dai Comuni di Giulianova, Tortoreto, Alba Adriatica, Martinsicuro e Corropoli e realizzato in collaborazione con Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia, Confesercenti Teramo, Confcommercio Teramo, Gal Terreverdi Teramane e Flag Costa Blu.
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