Cucine da incubo: i clienti odiano i ristoratori, i ristoratori ignorano i clienti

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Marco Contursi

Cucine da incubo? Sono sincero, scrivere i due ultimi articoli sul rapporto ristoratori-clienti è stato per me molto istruttivo. Mi riferisco a quello sulle ragioni che ostacolano il lavoro di ristoratore e a quello sulla miopia di certi atteggiamenti dei proprietari di ristorante, cucine da incubo per capirci.
Pur avendo io come responsabile di alcune associazioni gastronomiche un punto di vista privilegiato, della situazione, non mi ero mai reso conto che persone i cui interessi dovrebbero convergere, in realtà siano lontani mille miglia. A qualcuno, le cose che seguono potranno apparire scontate ma se davvero lo fossero, il rapporto non sarebbe cosi conflittuale. E credetemi, ho visto persone da clienti dire cose e dire l’opposto una volta divenute ristoratori.

 

Vediamo insieme alcuni passaggi importanti:

Da avventore, mi resta in mente il ristorante che mi offre un limoncello (o altro) piuttosto che il ristoratore che me lo fa pagare; il ristorante che arrotonda il conto piuttosto che il ristorante che non lo fa. Credo sia cosi per tutti! Pertanto, mettendomi nelle vesti del ristoratore, che certamente conosce questa regola, perchè non comportarsi di conseguenza?”

E proprio dal tono delle risposte che ti rendi conto che i ristoratori considerano la propria attività solo strutture di vendita piuttosto che strutture di servizi.”

“La nuova generazione di ristoratori di grido , spesso, non riesce a capire che per quanto importante sia il loro locale , il cliente lo è di più , i rapporti umani , sui quali il mondo intero poggia, sono un obbligo anche per loro…”

Aggiungo una piccola considerazione: se volete qualcosa, pagatela. “

“Oggi fare la ristorazione non è facile, ci sono sia ristoratori furbi, ma le assicuro anche tantissimi clienti ancora più furbastri”

“Non basta i costi di gestione che ci ha imposto uno stato ladrone e incompetente ma dobbiamo anche difenderci da clienti che per solo il fatto che pagano si credono tutti dei critici della gastronomia…”

Posizioni palesemente distanti, riassunte da un amico ristoratore con la frase “oggi è dura ma non pensavo i clienti ci odiassero tanto”.

E in effetti i 60 commenti avuti in poche ore (oggi siamo a quota 83) al pezzo sui ristoratori maldestri rispetto ai 15 commenti a distanza di due giorni a quello su quanto sia dura avere un ristorante, la dice lunga….le persone aspettavano l’occasione per scagliarsi contro una categoria che forse troppe volte si chiude a riccio senza capire oggi cosa si aspetta il cliente.

Dico oggi, poiché un primo effetto della crisi è che si va a mangiare fuori di meno e quindi se quella volta che uno va, si intossica, passeranno diversi giorni prima che un’altra cena, cancelli il ricordo negativo della precedente.

Oggi poi, si da un valore maggiore al denaro e quindi se un tempo non si faceva caso a pagare un piatto con 3 fette di prosciutto e un bocconcino 15 euro, oggi la cosa suscita nel cliente un enorme fastidio.

Quindi due prime considerazioni: Qualità e buon rapporto qualità-prezzo. Entrambi imprescindibili per soddisfare un cliente oggi. E la qualità non è solo nel cibo ma nell’offerta in generale, ossia personale garbato e professionale, ambiente pulito, bagni degni di tale nome (è mai possibile che trovare un bagno che abbia sapone-carta-asciugamani elettrico funzionante sia cosa, non così ovvia?).

Per avere un buon rapporto qualità-prezzo i conti bisogna farli prima di aprire, non dopo, pensando di risolvere le passività aumentando i prezzi. Ovvio, dirà qualcuno. Credetemi, c’è chi apre un locale senza neanche sapere quanto costa un chilo di pane o quanti caffè devi fare per pagarti il dipendente che li fa.

Far sentire amato il cliente: per chi fa un lavoro in cui deve essere scelto ogni giorno, è fondamentale che il cliente si senta coccolato. Bisogna uscire dalla visione strettamente commerciale, palesata da molti ristoratori nei commenti ai pezzi di cui sopra, per cui tu mi dai soldi-io ti do cibo. Questo può essere valido per una colazione di lavoro, dove io devo sfamarmi in poco tempo, ma il cliente che viene a cena la sera, magari per festeggiare un momento per lui importante, DEVE sentire che la sua felicità e benessere durante la cena è in carico al locale che ha scelto. Senza se e senza ma. E se i clienti quella sera sono 50, deve essere così per tutti, sennò non si prendono 50 clienti perché di sicuro non li vedrai più.

Avere un locale vuol dire sì gestire una impresa, ma che a che fare con lo svago, il piacere di una persona e quindi non può seguire le stesse logiche di chi vende tubi di ferro o mattonelle. Così pure nel campo medico.

Un ristorante, una clinica, non possono essere gestiti con lo stesso cinismo crudo di chi vende un secchio di pittura o un pacco di carta igienica, poiché hanno a che fare, spesso, con qualcosa di più profondo. Non so se riesco a trasmettere bene quello che sento ma credo sia importante. Una cena spesso è associata ad altro, a un momento insieme alla persona amata, a un evento importante della propria vita, e ognuno vorrebbe fosse unico e indimenticabile.

Ora qualcuno si arrabbierà, ma io proprio non capisco da un punto di vista del piacere, che senso abbia andare in certi mangifici dove devi, Aspettare-Consumare in Fretta-Andare Via…..lì sei solo un numero, non un essere umano che semmai ha fatto un sacrificio per venire lì, e che ti dedica tempo e denaro chiedendo in cambio tempo e piacere. E molti la pensano come me, soprattutto quando si rivolgono a un ristorante e non a una pizzeria, dove necessariamente il pasto dura meno.

D’altro canto,visto che come ho detto sopra, l’interesse di cliente-ristoratore è convergente, ossia la soddisfazione di chi viene, e quindi ritorna, il cliente deve mettere il ristoratore nella condizione migliore di lavorare, prenotando, palesando subito eventuali pietanze non gradite, rispettando i tempi del servizio e chiudendo un occhio su eventuali mancanze soprattutto se prontamente risolte.

Sembra facile e banale, ma credetemi non lo è. E la crisi, sempre più nera, sta facendo una selezione spietata di chi non ha capito questi pochi, semplici ma non sempre assimilati e messi in pratica, concetti. Eppure, io credo, che solo il food unito al turismo possa salvare l’Italia dalla debacle totale. Proprio oggi, è il giorno giusto per dare una svolta al proprio ristorante. Domani potrebbe essere tardi…

P.S.

Mi piacerebbe si aprisse un dibattito garbato su quanto scritto sopra, tra ristoratori e clienti. Credo sia utile a tutti. Prego solo di leggere più di una volta quanto ho scritto perché potrei non essere stato cosi chiaro come avrei voluto. Non è stato facile per me tradurre in parole delle emozioni. Per me la cucina è sempre stata altro e oltre rispetto a quello che ho nel piatto….è stata la mia Madeleine…..il mio Prozac….parte integrante della mia vita….sicuramente non tanto come avrei voluto.


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