Crescono il numero e la fama delle donne assaggiatrici di vino. Esiste per davvero un approccio “femminile” alla critica del vino o al suo racconto e, nel caso, come si distingue?
Come membro dell’Associazione italiana nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle critiche di vino in Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo ad Antonella Amodio.
Appassionata di cucina e vino tanto da farne il lavoro della sua vita. Per un lungo periodo si è trasferita a Montalcino per collaborare come manager con una storica cantina locale. Ha poi contribuito, per diverse edizioni, alla Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso e alla Guida Duemilavini. Da sei anni è referente per la Campania della Guida Essenziale ai Vini d’Italia DoctorWine Daniele Cernilli, scrivendo articoli per la testata on line; collabora inoltre con la Guida Ristoranti del Touring Club. Giornalista, partecipa come esperta a diversi concorsi enologici, e inoltre scrive per testate e pubblicazioni di settore, tra le quali LucianoPignataroWine&FoodBlog.
Quando e come nasce il tuo amore per il vino?
Tutto ebbe inizio nelle cucine di Gualtiero Marchesi, quando frequentavo il corso amatoriale all’Albereta Relais&Chateau, ad Erbusco, dove poi mi sono trattenuta per diverso tempo. Tra un risotto d’oro e un raviolo aperto (due piatti che hanno contribuito a fare la storia della cucina italiana, e che il maestro Marchesi aveva creato da qualche anno) avevo costatato l’importanza del vino come elemento prestigioso, determinante per apprezzare anche i piatti, tanto che chiedevo continuamente informazioni sugli abbinamenti al sommelier del ristorante. Rimasi affascinata da quell’… “alimento” e da lì a poco mi iscrissi al primo corso AIS, conseguendo poi il diploma e successivamente la qualifica di sommelier master class.
A tuo avviso, come e quanto credi sia evoluta la critica del vino negli ultimi 20 anni?
Più che evoluta la trovo cambiata e – per essere subito molto chiara – noto una gran confusione. Mi spiego. Essere “critico” è una responsabilità non da poco, e non significa solo avere un buon palato e aver degustato tanti vini. Certo questo conta, ma fino ad un certo punto. Le doti fondamentali, al di là della preparazione tecnica di base, sono l’obiettività e l’assenza di pregiudizio. Occorre saper valutare un vino senza lasciarsi influenzare dal proprio gusto personale. Un vino può essere fatto bene ed avere ottime caratteristiche anche se non incontra i miei gusti. Non necessariamente un grande vino deve piacere a tutti. Ho assistito nel tempo a dibattiti dove coloro che sono definiti “opinion leader” prendevano posizioni nei confronti di taluni vini rispetto ad altri in base a valutazioni che, in quel momento, poco riguardavano la degustazione critica. Esistono comunque persone preparate e professionali che sanno essere indipendenti nel dare giudizi. Sono magari poche, ma alzano l’asticella di un mondo critico che non è e non può essere condizionato da superficialità e inesperienza dilaganti, a pena di diventare inaffidabile.
Quali sono i tuoi riferimenti?
Li dico in ordine di conoscenza: Luciano Pignataro che conosco dal 1998 e con il quale ho girato cantine e ristoranti campani. Lui era già un affermato giornalista e in quegli anni seguiva attentamente il rilancio della viticultura campana e meridionale in generale. Posso affermare che per me è stato un precettore importante. Poi Daniele Cernilli, che invece conosco dal 1999 e che ritengo al vertice della critica enologica non solo italiana, e con il quale mi sono sempre confrontata, avendo così negli anni la possibilità di una visione globale del mondo del vino. Infine non posso non ricordare Luigi Veronelli, scomparso nel 2004, che ho avuto il piacere di affiancare in diverse occasioni, e del quale serbo un ricordo indelebile come uomo lungimirante sotto tanti punti di vista.
Credi che l’approccio alla degustazione cambi tra uomo e donna?
Ritengo che non ci sia differenza nell’approccio alla degustazione tra uomo e donna. Se una discriminante c’è, non è nel genere, ma nella preparazione e nell’esperienza. Conosco infatti donne capacissime, così come uomini capacissimi. Un dato significativo sul consumo del vino rivela comunque che tra i core drinkers ci sono sempre più donne, che sembrano preferire vini fermi e particolarmente aromatici.
E come cambia l’approccio ai social e/o al modo in cui il vino si racconta nonché alla formazione di settore?
Credo di essere la persona meno adatta a rispondere a questa domanda, tenendo conto che ho aperto il mio profilo facebook solo nel 2016, sotto la “minaccia” del caporedattore di DoctorWine, Stefania Vinciguerra. Debbo ammettere che i social media contano molto nella società di oggi, che viaggia quasi esclusivamente con essi, tuttavia vorrei ricordare che sono soltanto strumenti diversi di comunicazione. Resto nel complesso diffidente, perché penso che il loro impiego sia ancora immaturo, largamente sconosciuto ai più e quindi male indirizzato. La velocità di diffusione dell’informazione che consentono è una potenzialità positiva, ma può rapidamente trasformarsi in negativa se finiscono in rete notizie false o valutazioni errate.
In generale ritengo sempre valido quello che Earl Nightingale, giornalista speaker radiofonico americano degli anni ’50, sosteneva, e cioè che “non si può imparare nulla quando si ha la bocca aperta”. Per adeguarsi alla comunicazione nei tempi moderni, il potente mezzo “social” è una grande risorsa inevitabile. Naturalmente va usata correttamente, perché ci vuole poco a varcare il confine tra informazione e disinformazione, alimentando così quel “fake system” che comincia a emergere e che non serve a nessuno.
Per quanto riguarda la formazione, è superfluo ribadire che a dare concrete basi operative ad un professionista sono l’approfondimento e lo studio continuo. Esistono comunque validi corsi upper/lower somministrati da diverse organizzazioni professionali, che consentono di esaminare da vicino i vari aspetti dell’universo del vino, dando una utile formazione di base.
Chi vedi nel futuro della critica enologica?
Guardando il panorama odierno, mi è difficile vedere qualcuno che possa sostituire i pilastri della critica enologica attuale. Perciò, più che vedere qualcuno in particolare, mi auguro di poter vedere intanto un’inversione di rotta rispetto all’attuale andamento generale. C’è confusione e sovrapposizione di ruoli. Chi fa critica non può fare l’addetto stampa per le cantine o peggio ancora il consulente. Mi rendo conto che oggi il critico/giornalista possa non essere adeguatamente retribuito dalle testate giornalistiche e quindi debba ingegnarsi a fare altro, credo tuttavia che sia necessario avere il coraggio di fare scelte professionali che garantiscano innanzitutto trasparenza e coerenza all’informazione di settore.
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 1| Stefania Vinciguerra
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 2| Cristiana Lauro
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 3| Monica Coluccia
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 4| Elena Erlicher
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 5 | Chiara Giannotti
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 6 | Divina Vitale
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 7 | Adele Elisabetta Granieri
Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 8 | Laura Di Cosimo
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