Crescono il numero e la fama delle donne assaggiatrici di vino. Esiste per davvero un approccio “femminile” alla critica del vino o al suo racconto e, nel caso, come si distingue?
Come membro dell’Associazione italiana nazionale Le Donne del Vino mi rivolgo alle critiche di vino in Italia per saperne di più.
Oggi lo chiediamo a Divina Vitale.
Giornalista professionista, nata a Prato il 19 agosto del 1978, Divina Vitale si è laureata all’università degli Studi di Firenze, in Lettere moderne, con una tesi in Storia del Teatro. È sommelier Ais e Donna del Vino. Dal 2009 dirige il mensile free press e on line Bolgheri News che ha ideato e realizzato, dedicato alla storia, all’arte e alla cultura enogastronomica del territorio, con particolare attenzione al settore vitivinicolo. Si occupa principalmente di enogastronomia e collabora con molte testate tra cui il Corriere fiorentino/Corriere della sera (dove ha anche una rubrica on line “vini e territorio”). È inoltre autrice del portale e sito d’informazione specializzato www.wineattitude.eu, dove pubblica, nella sezione dedicata, rating. Nel 2017 riceve il premio internazionale Le Pupille d’oro per meriti giornalistici legati all’attività di divulgazione del mondo del vino e non solo. Nel 2019 riceve il Premio Extra Impresa Donna dalla Camera di Commercio di Livorno e Pisa come giornalista e direttore in occasione dei 10 anni di attività di Bolgheri News dedicati alla valorizzazione del territorio. E ancora: un attestato di benemerito da parte del comune di Castagneto Carducci per il lavoro svolto.
Quando e come nasce il tuo amore per il vino?
Galeotta fu Bolgheri. Frequentavo la zona con i miei genitori per le vacanze, poi a 17 anni vi ho conosciuto mio marito. I suoi genitori avevano un ristorante che è stato un crocevia fondamentale negli anni del boom del vino di Bolgheri, Il Bambolo. Ho iniziato ad assaggiare, per caso, facevo le stagioni in sala, e mi sono appassionata. Ricordo verticali impensabili oggi, enologi indimenticabili, produttori di grido, vini fantastici che mi passavano sotto il naso (e non solo …). Poi d’inverno mi concedevo qualche viaggio in giro per il mondo e continuavo ad assaggiare e conoscere. Non mi sono più fermata. Sono una assaggiatrice seriale e mai sazia… Ma non basta assaggiare bisogna andare a conoscere chi produce. Perché il vino deve raccontare una storia. Vi confesso, però, che c’è un vino che non dimenticherò mai, è Ornellaia 1998.
A tuo avviso, come e quanto credi sia evoluta la critica del vino negli ultimi 20 anni?
Un’evoluzione rapida e travolgente. Come in tanti altri campi. Prima c’erano solo le Guide, per chi voleva avere suggerimenti. Con critici che hanno fatto la storia. E c’era grande rispetto. Con l’avvento inarrestabile del web prima e dei social dopo, si è perso il controllo. Ma ci sta tutto, il progresso e la globalizzazione non si possono fermare. L’unico problema, come in altri campi ripeto, è cercare di scindere adesso tra chi lo fa seriamente e chi solo a scopo di lucro. Non ci sono più confini. E questo danneggia un po’ tutti.
Quali sono i tuoi riferimenti?
Negli ultimi anni ho avuto l’opportunità di partecipare ad alcune degustazioni con Ernesto Gentili, un’esperienza che mi ha formato e arricchito. Lui è un grande degustatore, molto preciso e franco. Un talento e un maestro. Sul piano internazionale ammiro Monica Larner perché è una donna molto simpatica che assaggia innumerevoli vini, con grande attenzione. Talvolta ha avuto l’audacia di riconoscere punteggi importanti a vini meno conosciuti.
Credi che l’approccio alla degustazione cambi tra uomo e donna?
Ci sono dei canoni assoluti per ogni degustatore che si rispetti. Poi sull’approccio quello non è solo una questione di sesso, ma di soggettività. È importante tenere sempre la barra al centro per cercare di essere il più obiettivi possibili. Credo, infine, che sul piano olfattivo, le donne, solo per questioni pratiche: dalla cucina al giardinaggio, dal bucato al maquillage, abbiano un bagaglio di profumi e sapori più sviluppato. Anche se non è una questione assoluta.
E come cambia l’approccio ai social e/o al modo in cui il vino si racconta nonché alla formazione di settore?
Credo ci sia spazio per tutti. L’importante è essere preparati e riconoscere i propri limiti. La comunicazione però non si improvvisa e oggi si vede di tutto di più.
Chi vedi nel futuro della critica enologica?
Più che chi ci vedo io, credo che sia rilevante capire dove si vuole andare. Anche quello della critica è un sistema che sta cambiando molto. Prima c’erano i punteggi, ora hanno stancato anche quelli e in pochi continuano a ricercarli. Resistono in situazione estere dove hanno ancora un valore importante per smuovere i mercati. C’è un grande uso dell’immagine, che però non ha niente a che vedere con la critica. Credo sia un momento di passaggio con un futuro tutto da scrivere.
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