Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Associazione Città del Vino, impostazione sbagliata
di Angelo Gaja
E’ opinione comune che la crisi finanziaria avrà effetti negativi sull’economia creando disoccupazione, carenza di liquidità e calo dei consumi, il che significa che in Italia si berrà ancor meno vino; mentre invece cresceranno le eccedenze a causa della maggiore produzione vinicola 2008 rispetto al 2007 e di un paventato rallentamento delle esportazioni. La comunità europea ha dichiarato guerra alle eccedenze vinicole: chiedendo ai Paesi produttori di estirpare una parte della superficie vitata, riducendo gradualmente sino ad annullarle le sovvenzioni pubbliche destinate alla distruzione delle eccedenze, mettendo a disposizione nuove sovvenzioni destinate a promuovere il consumo del vino nei paesi extra-europei. Alla luce di quanto sopra quali strategie dovrebbe scegliere il nostro Paese?
CALO DEL CONSUMO DI VINO SUL MERCATO INTERNO. Una pletora di voci invoca da sempre in Italia misure atte ad arginare il calo inarrestabile del consumo di vino, ma gran parte delle iniziative intraprese sono inefficaci. Trascinare il vino sistematicamente nelle strade e nelle piazze, come ha insegnato a fare l’associazione Città del Vino in occasione di festeggiamenti, fiere ed eventi per promuoverne il consumo, più che una banalità è uno scempio che alimenta la diseducazione: il vino è bevanda alcolica, non è accettabile che si insegni a berlo per strada. Quelli che operano per la promozione del territorio hanno preso in ostaggio il vino sfruttandolo in tutti i modi nella speranza di incrementare il richiamo turistico, senza benefici apprezzabili per il consumo. Viene così sperperato oltre il 50% del denaro pubblico destinato in Italia alla promozione del vino: occorre recuperarlo ed indirizzarlo ad azioni mirate direttamente sui mercati esteri. La promozione del vino in Italia va profondamente ripensata. r
IMPORTANZA DEL MERCATO ESTERO. La valvola dell’esportazione è salvifica per il vino italiano. L’Italia ha il dovere, oltre che la possibilità, di produrre vini di migliore qualità, le eccedenze di vino di qualità sono una fortuna e non una disgrazia. I mercati esteri offrono grandi opportunità agli esportatori capaci ed intraprendenti: l’Italia possiede più di 35.000 imbottigliatori, il patrimonio umano più ricco e più articolato, meno di 4.000 sono esportatori abituali od occasionali, troppo pochi. E’ soltanto la valvola dell’esportazione che può salvare il vino italiano, all’esportazione occorre dedicare molte più energie di quanto non sia stato fatto sino ad ora. Occorrono progetti a breve ed a medio/lungo termine.
DISTRIBUZIONE DELLE SOVVENZIONI. Gran parte delle sovvenzioni per la promozione del vino italiano va trasferita dal mercato interno ai mercati esteri; la distribuzione dei fondi comunitari alle regioni così come è stata avviata quest’anno non va affatto in questa direzione. Si auspica una iniziativa politica che orienti i finanziamenti pubblici in favore di progetti atti a creare i presupposti per costruire domanda sui mercati esteri. r
INTERVENTI. Il tempo stringe, nell’arco di un paio di anni l’Italia potrebbe trovarsi drammaticamente con il vino alla gola. Occorre avviare rapidamente il progetto di estirpazione dei vigneti che da tempo producono eccedenze di vino scarsamente gradito ai mercati, attingendo dai contributi comunitari. Le altre misure sono a medio/lungo termine, che solo una autorità politica nazionale può orientare. Va avviato un progetto finalizzato a recuperare all’export 1.500-2.000 nuovi esportatori di vino attingendo dall’ampio bacino dei 35.000 imbottigliatori. E poi si deve investire nella formazione. Avviando in Italia corsi di formazione per creare operatori commerciali in grado di agire sui mercati esteri al fine di incrementare o costruire nuova domanda in favore del vino e dei prodotti dell’agro-alimentare italiano. Sostenendo le scuole già esistenti di formazione di cuochi di cucina italiana e, altrettanto importante, aprendone di nuove direttamente in Russia, India e Cina, là dove non erano arrivati i nostri emigranti: c’è in quei Paesi una grande richiesta di chef di cucina italiana, cercando di soddisfare la quale sarà possibile avviare ristoranti di cucina italiana che a loro volta diventeranno costruttori di domanda del vino e dei prodotti dell’agro-alimentare italiano.
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