Covid e ristorazione
“Una quercia e una canna stavano discutendo della loro forza. Quando venne un forte vento, la canna evitò di essere sradicata piegandosi e inchinandosi secondo il vento. Ma la quercia restò salda e fu divelta alle radici.“
Esopo
Bisogna prendere atto della realtà: il Covid non è meno pericoloso del Governo per il tasso di mortalità aziendale. Abbiamo assistito prima ad una chiusura totale, in Campania neanche il delivery con le tesi più assurde dei servi pagati da noi di DeLukashenko, poi al via libera tutti perchè erano in arrivo le elezioni e nessuno dei governatori regionali voleva fare la parte del carceriere. Ruolo non particolarmente amato qui in Italia dove vige una mentalità anarchica che si evolve poi nella spasmodica ricerca di un uomo forte che risolva i problemi che collettivamente non si sanno prendere.
Dunque, guardiamo in faccia alla realtà: il Covid e il governo stanno per affossare un intero comparto della economia italiana, un comparto iconico e strategico, visto che si porta dietro piccola e grande distribuzione, piccola e grande agricoltura, piccolo artigianato gastronomico e industrie alimentari.
In questa situazione non resta che adattarsi. Cadono bombe, cadono edifici e dunque vanno modificate le abitudini, inutile insistere, inutile aspettare sovvenzioni che non arriveranno mai, inutile pensare che presto la situazione tornerà come prima.
Del resto noi siamo stati fra i primi a scriverlo e a sostenerlo quando tutti pensavano ad una sorta di vacanzella e ferie forzate in un pezzo che fu attaccato soprattutto da chi era nuovo del settore o da chi ci gioca facendo altri lavori e arrotondando con qualche pranzo gratis o qualche foto sui social a pagamento.
Rileggendo questo pezzo dopo sette mesi non smetto di meravigliarmi della stupidità di alcuni commentatori che non vedevano, o facevano finta di non vedere, una situazione così chiara. Il modello di business di una certa ristorazione, pochi posti, sala in secondo piano rispetto a congressi e giri come brand ambassador per il mondo era finito e non tornerà più sino al vaccino. Quindi per molti mesi ancora.
E’ venuto il momento di rimettere al centro del proprio lavoro il cliente e di mandare il proprio ego in cantina a prendere il vino.
Covid e ristorazione
Bene, quel che sta accadendo è solo il secondo episodio di una guerra di lunga durata se, come ha previsto il mitico Fauci, le cose non torneranno alla normalità prima del Natale 2021.
La guerra di lunga durata vede in genere sempre vincitrice la guerriglia e perdente gli eserciti regolari.
“In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, quelle imprevedibili alla vittoria, Combatti con metodi ortodossi, vinci con metodi straordinari” sono due delle tante massime di uno dei più antichi manuali a cui si sono ispirati grandi condottieri come Napoleone e Mao Zedong scritto dal generale cinese Sunzi 2500 anni fa.
Dunque chi ha un locale farebbe bene, secondo il nostro modesto avviso, a riconvertirsi rapidamente e radicalmente.
Molti piangono il business della movida, che è sicuramente importante per il consumo e i posti di lavoro, ma è anche vero che si tratta di un business giocato quasi esclusivamente sul margine realizzato sugli alcolici. Con le dovute eccezioni, tutti i locali notturni si somigliano e di pochi veramente si può parlare. Come può un locale che apre solo la sera andare in pareggio in una situazione che vedrà la fine della Movida per i prossimi mesi?
Ci si lamenta dunque del coprifuoco, ma cosa impedisce a questi locali di riconvertirsi ed iniziare ad avere un’offerta dalle 6 di mattina invece che sino alle 6 di notte?
Cosa impedisce di fare un discorso di qualità, sui lievitati, sui gelati, sulla stessa offerta di vino, birra, superlacolici? Certo, è una strada che richiede competenza, lavoro, studio e aggiornamento. Ma a ben pensarci sono cambiate tante cose sotto i nostri occhi e noi quasi non ce ne siamo accorti: le pizzerie aperte la sera e non di giorno (Napoli a parte), le macellerie che aprono locali, le pescherie che la sera si trasformano, ristoranti che cambiano l’offerta.
Noi seriamente pensiamo che sopravviverà chi avrà la capacità di inventarsi e cambiare passo, diversificando l’offerta con asporto e delivery che certo non bastano da soli a coprire le spese, ma che comunque hanno dato ossigeno a chi è riuscito a crearsi un mercato.
In una crisi sopravvive chi si adatta, non chi resta fermo. L’esempio di Retrobottega a Roma, che nel momento più buio del lockdown si è trasformato da ristorante a fornitore di prodotti è lampante da questo punto di vita. Come pure la riconversione del Noma da ristorante a paninoteca (vabbè burgher bar fa più chic).
Probabilmente le pizzerie dovranno tornare alla loro vocazione originaria, quella di sfamare tutto il giorno, i ristoranti dovranno diversificare l’offerta, i bar qualificarsi in una situazione in cui ormai in tutte le città ce ne sono dieci in dieci metri quadrati.
Esistono ovviamente dei limiti oggettivi che sarà difficile superare, come coloro che hanno impostato tutta la loroattività sul turismo, Roma purtroppo vede tanti grandi professionisti soffrire molto, ma io penso che ogni crisi è anche una opportunità se ci si riesce ad ingegnare.
Covid e ristorazione
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