Diciamo la verità, il lusso ascetico di Roberto Celeste Formigoni ha davvero qualcosa di divino per le dimensioni e la sfacciataggine esibita: 26mila euro per una cena da Sadler, 400mila per le vacanze in isole Caraibiche ideali per gli esercizi spirituali ricordando Don Giussani, Capodanno da 80mila euro raccolto in preghiera in una villa di stralusso riflettendo sul mistero della Trinità. Tutto pagato da Daccò.
Neanche papa Borgia ebbe questi eccessi corporali per ricongiungersi allo Spirito.
In queste sue esagerazioni mistiche Celeste in fondo è simpatico, è la versione religiosa della lascivia laica del Cavaliere.
Frequenta il peccato per conoscerlo e come ogni buon cattolico, ne è inevitabilmente attratto.
Il tutto mentre quel pirla di Bossi era impegnato a pagare mutui, le multe del Trota e gli sfizi della moglie.
Ma anche stavolta la sinistra di rosicamiento e governo è riuscita a scavalcare a destra la destra di orge e di preghiera.
Il buon Filippo Penati ha lasciato un po’ di conti da pagare a Fondazione. Niente di particolare, intendiamoci: il Corriere oggi ricostruisce con dovizia di particolari i locali di Roma e di Milano.
Osteria Da Mario, Le Grotte del Piccione, Alla rampa, Quirino, Enoteca Palatiun, Sapore di mare, ar Galletto e dal Bolognese (immancabile se si vuol fare carriera, la vetrina delle vanità) nella Capitale per discutere di finanziamenti.
Porta Rossa, Raw Fish Café, Osteria del Treno, Il Porto, Giacomo Bistrot, l’Uccellina, Charmant e Sorrisi e Baci protetto dalla Madonnina per discutere di appalti a Sesto San Giovanni.
Ma la sapete la cosa bella, davvero? Spendere 47 euro per due miseri toast all’Hotel Melià
Insomma, il classico doppiopesismo di togliattiana memoria?
Lusso, ma quale lusso? Solo un toast.
Ecco, ma il punto è proprio questo: prendere un toast all’Hotel Melià di Milano non è qualcosa di orribilmente destrorso?:-)
A prescindere dal conto, dico. Pagato dagli altri, ovvio.
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