C’è un settore chiuso in una stanza con il livello dell’acqua che si alza ogni giorno come nei peggiori incubi sino a togliere il respiro: bar, ristoranti, pizzerie, trattorie. Ma anche, più in generale, il settore del commercio.
Centinaia di migliaia, milioni, di persone che rendono ancora l’Italia un paese caratteristico e ricco, sentinelle e riferimenti nei quartieri.
Questo settore sta soffrendo più di tutti in questo momento e quello che mi colpisce è il fatto che nessuna forza politica se ne cura più di tanto sia in sede nazionale che in quella locale. Certo, la ristorazione nel suo insieme sconta in questo momento il suo individualismo, la poca capacità di fare massa.
Però toccherebbe comunque alla politica fare una sintesi.
Gli appelli si rinnovano e nei social traspare una preoccupazione crescente. Certo si tratta di persine perbene, non devasteranno ospedali e carceri e neanche faranno barricate nelle strade perché da sempre le hanno temute, forse per questo la loro morte silenziosa non fa paura.
E l’alta ristorazione? Ma di che si lamenta, è il commento di tanti, hanno guadagnato; questo si legge in giro
Io penso esattamente il contrario invece, e spero di sbagliarmi: sarà proprio la ristorazione stellata la prima a cedere il passo. Purtroppo.
La premessa è che qui non si si discutono i provvedimenti del governo. E neanche quelli che prenderà.
Poco più di una settimana fa la movida incalzava, il senso di immortalità che si prova quando si è giovani ha spinto in migliaia nella notte a non cambiare le proprie abitudini nelle grandi e nelle piccole città sino al divieto.
Oggi tutti gli scienziati ci dicono una sola cosa: non abbiamo altra strada se non mantenere la distanza per evitare lo tsunami dell’infezione. Nessuno di noi è immune.
Quello che davvero non mi fa dormire è uno scenario lombardo al Sud dove mancano strutture sanitarie da sempre saccheggiate e lo Stato sconta una assenza atavica dalle piccole alle grandi cose, persino nei segnali minimi (uno per tutti? Il più stupido che mi viene in mente? I controlli ai pass dei binari che a Napoli si sono fatti blandamente solo nelle ultime settimane e che a Roma e Milano ci sono da quasi un anno).
Bene dunque le misure che tutti dobbiamo rispettare. Senza deroga.
Ora guardiamo la cosa dal punto di vista di chi oltre a restare a casa non può aprire.
Non parliamo di un solo mese di inattività, parliamo anzitutto di una crisi sanitaria che lievita in una crisi economica da cui non ci siamo ripresi ormai da dieci anni e che ha portato già a tante chiusure, anche a causa di una mole incredibile di obblighi fiscali, controlli, vessazioni vere e proprie delle autorità locali (mi viene in mente la pedana che fu tolta dal comune di Napoli alla Caffetteria in piazza dei Martiri). Nel 2008 il reddito pro capite degli italiani era di 38mila dollari, nel 2018 era di 31mila dollari (evitare commenti perchè dollari e non euro, fatevi il calcolo).
Le pizzerie familiari possono reggere, ma quelle che hanno decine di dipendenti possono solo mandare a casa la gente sperando di riaprire il più presto. E questo vale per tutta la ristorazione. E, a catena, chi la fornisce e chi produce per essere distribuito, per chi la comunica, per i media che fanno pubblicità.
Già ma quando si riapre? Il 25 marzo quando si prevede il grande picco? Il 3 aprile che era la data di riapertura delle scuole? E’ pensabile che si liberi la circolazione prima di Pasqua, prima dei ponti del 25 aprile e del primo maggio con milioni di italiani che vagano su e giù per la nostra bella Penisola?? E’ pensabile che, quand’anche oggi si trovasse un farmaco miracoloso grazie alle preghiere del Papa e dell’Arcivescovo di Milano, lo potremmo usare come una tachipirina il 10 maggio? O il 20 giugno?
E quando lo tsunami sarà passato, alle soglie di una stagione senza turisti che da soli consentono ai grandi ristoranti stellati e agli alberghi di aprire in Versilia, in Penisola Sorrentina, a Taormina, sulla costa adriatica, chi potrà veramente riaprire?
E questo è ancora uno scenario ottimista, perché ho letto da più parti che secondo gli scienziati, da questa storia usciremo veramente tra non meno di un anno e dobbiamo ringraziare che non è esplosa a ottobre.
Bene, cosa può fare il governo in una Europa che ieri ha finalmente ha lasciato alle spalle il mantra del patto di stabilità?
Semplice: né più e né meno di quello che fa per tutti gli altri settori economici. Bloccare le scadenze fiscali nazionali e locali per il commercio e per le partite iva fino ad una certa soglia maturate nel 2019 e fare un piano di rientro delle stesse a partire dal 2021.
Dopo che abbiamo investito miliardi per il reddito di cittadinanza e per quota 100 con un dibattito che ci ha fatti le palle alla pizzaiola per mesi e mesi mentre non un euro andava alla Sanità e alla Scuola e alle Forze dell’ordine vuoi non investirli per un anno almeno di cassa integrazione per commessi, camerieri, pizzaioli, baristi, cuochi, stagionali, animatori, sommelier, direttori d’albergo?
Sono loro le categorie più deboli, tra l’altro le più giovani e dunque con meno risorse rispetto alle generazioni precedenti?
Possiamo calmierare il pagamento dei fitti e spalmarlo così come un tempo si bloccavano gli sfratti per evitare emergenze sociali?
Dove sta la destra che ha sempre sostenuto di difendere queste categorie? E perché la sinistra non ritiene questi temi altrettanto importanti di quelli della grande industria? Poi tutti bravi a farsi fotografare con la pizza e il mandolino.
Ma la pizza, la ristorazione, non è folklore: è economia, è capacità di sostenere le buone produzioni italiane che altrimenti sarebbero andate perse in questi anni, è la possibilità di dare orgoglio a ragazzi di 30, 20 anni dando loro una giacca, una divisa invece di farli scappare all’estero per fare i lavapiatti o, peggio, vederli attratti dai guadagni facili della munnezza gestita dai clan.
Io non ho alcun potere se non quello della parola, metto questo post nel web come prima si mettevano i biglietti nelle bottiglie. Spero che qualcuno ben più autorevole lo raccolga e lo faccia suo.
In bocca al lupo a tutti i ragazzi straordinari che ho conosciuto in questi anni, anche a quelli che mi hanno insultato sui social perché magari pensavano di essere (a torto) discriminati o perché li ho semplicemente delusi.
Del resto chi non fa non sbaglia
Spero che i vostri sogni che si stavano realizzando ripartano al più presto.
Perché non il futuro, ma il presente di questa nostra bellissima e fortissima Italia siete voi e spero che chi ha responsabilità istituzionali lo capisca e non giochi solo a fare il duro per conquistare consensi sulla paura.
A me piacciono i consensi costruiti sulla speranza e sulle cose da fare.
Ps: ringrazio Salvatore Grasso, titolare della pizzeria Gorizia 1916, ad avermi sollecitato e stimolato queste riflessioni.
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