Vi proponiamo una sintesi dello studio Istat appena uscito sugli effetti economici del Coronavirus. Come si vede oltre all’aspetto sicurezza, che il tema della perdita di capacità di spesa da parte dei cosumatori peserà in maniera eguale. Atro che uscire e fare baldoria.
Estratto dal documento pubblicato oggi.
L’approfondimento dei comportamenti e delle dinamiche economiche avviene in una fase che vede sospese le attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici), con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%). Il lockdown delle attività produttive ha quindi amplificato le preoccupazioni e i disagi derivanti dall’emergenza sanitaria, generando un crollo della fiducia di consumatori e imprese.Il confronto in serie storica di questi ultimi dati, con l’osservazione della variazione delle distribuzioni delle risposte a tutti i quesiti rilevanti dell’indagine, segnala come i valori a marzo rappresentino i livelli più bassi rispetto al periodo considerato e alle precedenti crisi economiche.
L’utilizzo dei big-data si dimostra utile in quanto fornisce informazioni a più alta frequenza sull’evoluzione della percezione della crisi.
I dati riferiti al Social mood on economy index1, datano al 18 febbraio l’avvio di una fase di peggioramento dell’indice, ancora in corso al 31 di marzo.
Dal punto di vista degli effetti economici, la chiusura delle attività produttive e i cambiamenti intervenuti in molte attività a seguito del progressivo aggravamento dell’emergenza sanitaria determinano forti preoccupa-zioni sull’impatto complessivo della crisi. Allo scopo di misurare i possibili effetti economici della crisi, l’analisi strutturale che segue propone una simulazione della contrazione dei consumi legato alle attività economiche oggetto di chiusura ovvero di fatto limitate dalla riduzione dei comportamenti sociali quali turismo, carburanti e servizi di trasporto terrestri. La stima è stata realizzata utilizzando le Tavole Input-Output dell’economia italiana che permettono di stimare sia gli effetti diretti sia quelli indiretti legati alle relazioni inter-settoriali .
Si propongono due scenari, il primo in cui la chiusura delle attività riguarderebbe solo i mesi di marzo e aprile; l’altro in cui la chiusura si estende-rebbe fino a giugno.
Nel primo caso la riduzione dei consumi sarebbe pari al 4,1% su base annua mentre nel secondo al 9,9%. La riduzione dei consumi determinerebbe una contrazione delvalore aggiunto dell’1,9% nel primo scenario e del 4,5% nel secondo.
Considerando il primo scenario, la limitazione delle attività produttive fino alla fine di aprile determinerebbe, su base annua, una riduzione dei consumi finali pari al 4,1%, con una diminuzione del valore aggiunto generato dal sistema produttivo italiano pari all’1,9%(1,5 punti percentuali direttamente connessi agli shock settoriali, 0,4 punti dovuti agli effetti indiretti, Figura 11a). Il maggiore contributo alla caduta del valore aggiunto com-plessivo proverrebbe dalla contrazione delle spese per altri servizi -al netto delle spese turistiche-(-0,9 punti percentuali), mentre il contributo della riduzione delle spese per beni e di spese turistiche sarebbe rispettiva-mente di -0,7 e -0,4 punti. In termini occupazionali, la caduta del valore aggiunto coinvolgerebbe 385 mila occupati (di cui 46 mila non regolari) per un ammontare di circa 9 miliardi di euro di retribuzioni.
Nella seondo ipotesi, caratterizzata dall’estensione delle misure restrittive anche ai mesi di maggio e giugno, la riduzione dei consumi sarebbe del 9,9%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5%”.