di Andrea Petrini
“Non è facile puntare su vini di qualità in Oltrepò Pavese ma mi sono messa in testa di provarci e, nonostante tutte le difficoltà, sono sicura che prima o poi questo territorio emergerà“.
Ottavia Giorgi Vimercati di Vistarino è caparbia e decisa quando mi ripete queste parole non prive di una certa amarezza visto che la ferita relativa al sabotaggio della sua cantina, con circa 5.300 ettolitri di pinot nero sversati di notte da “ignoti”, è ancora fresca e difficilmente rimarginabile anche in virtù del recente scandalo della cantina Terre d’Oltrepò che ha portato al rinvio a giudizio per
16 persone che accusate di aver messo in atto una truffa per produrre e vendere falso pinot grigio.
Questa immagine, non certo idilliaca, si scontra invece con un paesaggio vitivinicolo di rara bellezza, incastonato nel sud/ovest della Lombardia, che con la sua forma a grappolo d’uva lambisce altre tre Regioni: Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.
In questo territorio di confine il nome Giorgi di Vistarino è da oltre 300 anni legato al piccolo comune di Rocca de Giorgi (Alto Oltrepò) dove, a metà ‘800, il Conte Augusto Giorgi di Vistarino cominciò ad impiantare barbatelle di pinot nero convinto che queste zone, secondo lui molto simili nel terroir alla sua amata Francia, siano un habitat perfetto per questo vitigno le cui potenzialità cominciarono ad essere apprezzate già nel 1865 quando il Conte Vistarino, insieme all’amico Carlo Gancia, produssero con questa uva il primo Spumante Secco italiano.
Negli anni successivi, grazie anche alla lungimiranza di Carlo Giorgi di Vistarino, si è proseguito lungo questa strada ampliando la superficie vitata al fine di dedicare l’azienda alla produzione di basi Champenois di alta qualità in sintonia con l’evoluzione economica della zona che, negli anni sessanta, era prediletta dalle grandi aziende spumantistiche italiane (le così dette “sorelle piemontesi” tra cui Gancia, Martini, Cinzano, Contatto Riccadonna…). Un’attività che decretò il Pinot Nero di Rocca dé Giorgi il più rinomato del territorio.
“Agli inizi degli anni duemila, quando sono entrata in azienda, Conte Vistarino era leader nella produzione di vini sfusi e, nonostante la grande qualità delle nostre uve, mio padre non ha mai voluto “mettersi in proprio” in quanto, da grande signore com’è, non ha mai cercato di fare concorrenza ai nostri clienti. Con la crisi che stava subendo in quel periodo l’attività spumantistica dell’Oltrepò mi sono detta: perchè non cominciare a produrre finalemente il nostro vino?”
Ottavia mi parla della storia della sua azienda mentre ci troviamo sulla collina più alta della sua Tenuta che conta oggi 826 ettari di cui 200 destinati a vigneto. In questo ambito il pinot nero è il vigneto principale presente con oltre una decina di cloni diversi ed è coltivato su circa 120 ettari con una densità minima di 5000 piante/ha. Il 50% di questi vigneti è rivolto alla vinificazione in bianco ed il restante 50% a quella in rosso. Altri vitigni storici presenti sono: pinot grigio (28 ha), riesling italico (16 ha), chardonnay (15.5 ha), croatina (12 ha), riesling renano (10 ha), moscato (7 ha) e barbera (6 ha) oltre che cabernet sauvignon, vespolina e uva rara.
I terreni sono caratterizzati da marne argillose e si presentano prevalentemente calcarei (circa il 50% della composizione dei suoli) con percentuali variabili di argilla, sabbia e limo. Conte Vistarino conduce tutti i vigneti secondo un’agricoltura integrata a basso impatto ambientale al fine ottimizzare le caratteristiche naturali di ogni parcella.
“In generale –
continua Ottavia
– preferiamo utilizzare concimi organici, compreso compost urbano certificato e, quando proprio è necessario un ulteriore supporto, viene somministrato in dosi minime e per via fogliare per non disperdere nel terreno nessuna sostanza superflua”.
Accanto a Villa Fornace, la residenza di famiglia, sta nascendo la nuova cantina (la direzione tecnica è affidata a Beppe Caviola) con la quale si cercherà di migliorare ulteriormente i vini della azienda dove, come facilmente desumibile, il Pinot Nero, sia fermo che mosso, farà la parte del leone accanto ad interessanti interpretazioni di Riesling Renano, Pinot Grigio, Bonarda fino ad arrivare ai tipici Buttafuoco e Sangue di Giuda DOC.
Durante la mia visita in Oltrepò Pavese con Ottavia ci siamo soffermati quasi esclusivamente a degustare i suoi spumanti Metodo Classico assieme ai tre Cru di Pinot Nero fermo ovvero
Pernice, Bertone e Tavernetto.
Il Brut Cépage, cuvée di pinot nero (65%) chardonnay (30%) e riesling italico(5%) che affina almeno 30 mesi sui lieviti, è uno spumante metodo classico che unisce struttura e definizione aromatica per dar vita ad un prodotto molto agile e gradevole soprattutto come aperitivo.
Col “Saignée della Rocca” Cruasé Oltrepò Pavese DOCG, pinot nero in purezza, saliamo decisamente di gradino e il suo colore, rosa pallido ottenuto con breve macerazione sulle bucce, non deve confondervi visto che questo spumante incanta per eleganza, sapidità e lunghezza gustativa e, sono sicuro, alla cieca se la giocherebbe con molti champagne blasonati.
Un altro gradino più su troviamo il 1865, il metodo classico portabandiera dell’azienda ottenuto da pinot nero in purezza, che affina almeno 64 mesi sui lieviti prima di essere sboccato. Al naso si evidenzia subito l’X Factor di questo spumante caratterizzato da vellutato perlage, da un olfatto complesso di agrumi, fiori e frutta a polpa bianca a cui segue un approccio gustativo articolato ed impegnato dove, ad un primo abbrivio agrumato, segue un centro bocca sapido e succulento che sfuma, interminabile, in mille ritorni fruttati e minerali che richiamano continuamente la beva. Grande vino!
Per quanto riguarda il Pinot Nero, come già detto, Conte Vistarino produce tre vini da tre cru ovvero
Tavernetto, Bertone e Pernice.
Il Tavernetto, Pinot Nero IGT Provincia di Pavia, nasce in un omonimo vigneto di 1,7 ettari, posto a 350 metri s.l.m., esposto a Sud-Sud/est con viti di 15 anni di età circa. Con Ottavia abbiamo degustato l’annata 2013 che esprime gioventù e fragranza fruttata assieme ad una beva equilibrata e mai stancante.
Il Bertone, Pinot Nero IGT Provincia di Pavia 2013, prende il nome da una parcella di pinot nero di 12 anni di età di 1,5 ettari situata a 400 metri di altitudine proprio sopra a Villa Fornace. Questo appezzamento, isolato dalla boscaglia circostante, è dotato un microclima particolare caratterizzata da una piovosità anche del 30-40% più bassa rispetto alla media della proprietà, portando quindi le piante ad un minor vigore vegetativo e ed un leggero anticipo di maturazione. Rispetto al precedente il vino risulta più scuro, austero, ma con una maggiore raffinatezza al palato grazie ad una trama tannica calibratissima ed un finale succoso e fruttato.
Il Pernice, Pinot Nero IGT Provincia di Pavia, da sempre rimane il Cru più importante dell’azienda e deriva da vigne, reimpiantate nel 1995 a circa 400 metri di altezza, che si estendono per 3,5 ettari su terreno tendenzialmente calcareo (52%) con la presenza di argilla, sabbia e pietrisco. L’annata 2013 del Pernice, nonostante sia ancora un vino in grande evoluzione, già oggi esprime “tanta roba” grazie ad una complessità olfattiva di rara eleganza per un pinot nero italiano a cui segue una trama gustativo dove il tannino aristocratico si confonde egregiamente con l’avvolgenza del frutto e i suoi esemplari ricordi balsamici.
C’è speranza, tanta speranza, in Oltrepò Pavese!
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