Uva: fiano
Fascia di prezzo: 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Questo vino è tanto buono quanto lontano, lontanissimo, dalla stupenda bellezza dei bianchi a cui Antoine Gaita ci ha abituato dal 1997 in poi. E la prima cosa che mi viene in mente è la tesi secondo la quale non è l’uso dei lieviti indigeni che allontana dall’omologazione, ma lo stile del produttore e la sua capacità di interpretare il vitigno, l’uva e le caratteristiche del territorio in cui viene piantata.
La seconda è: cosa sta succedendo ad alcuni produttori? Mentre quasi tutti sembrano ormai incamminati su un percorso già definito, in alcuni casi, per un motivo o per l’altro, c’è quasi una sensazione di arretramento, di stanca.
Ora io capisco che ciascun produttore prenda una direzione e la rispetto perché il mio lavoro non è dire come va fatto il vino, ma raccontarlo.
Anche perché per salire in cattedra e spiegare cosa deve fare una commissione tecnica di verifica della Camera di Commercio (verso la quale il produttore non ha fatto ricorso) ci vorrebbe minimo una laurea in Enologia:-)
E i casini italiani nascono quando gli enologi vogliono fare i comunicatori e i giornalisti spiegare come si deve fare il vino e trasformarsi da critici a tifosi.
Il punto vero è che però non si può cambiare strada in continuazione. Vale nella vita (a parte i deputati che passano da un partito all’altro come fa la gente nei cessi dell’Autogrill) come nel vino.
Per dire: se io voglio un vino bianco naturale in Campania non ho dubbi, prendo l’auto e vado ad Ariano Irpino per sborracciarmi le magnifiche etichette di Antonio Di Gruttola.
Ma non era questo lo stile da cui era partito Antoine.
Quello che non capisco è perché nel mondo del vino il mezzo è diventata una discriminante, un punto ideologico, quasi, spesso, una divisione manichea tra buoni e cattivi. Come dire che chi usa Facebook è omologato e chi Twitter è figo (per un periodo c’è stata davvero anche questo sentimento) senza entrare nel merito del contenuto, cioé di quello che si dice e si trasmette.
Comunque, un dato è certo: spero che Antoine riprenda a fare Antoine. Per lui, ma soprattutto per noi.
Intanto ci beviamo il suo bianco buono, ma decisamente lontano dal Fiano di Avellino docg.
Niente di più facile che per i meccanismi perversi della comunicazione e del continuo bisogno di novità diventi un grande successo, e allora avrà avuto ragione lui.
Ma tra dieci anni quale dei suoi vini potremo ancora bere? Questi raccontati nella verticale di Vigna della Congregazione dello scorso anno a Radici
Sede a Montefredane, Via Toppole
Tel. 0825.30777, fax 0825.22920
Email: villadiamante.it@tiscali.it
Enologo: Antoine Gaita
Bottiglie prodotte: 10.000
Ettari: 3,5 in agricoltura biologica
Vitigni: fiano
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