di Antonio Di Spirito
Il primo maggio si è conclusa la 23^ edizione del Concours Monddial de Bruxelles. E’ un concorso itinerante: ogni anno si svolge in una località differente, generalmente in Europa, e quest’anno si è tenuta a Plovdiv, capoluogo della Tracia e seconda città della Bulgaria dopo la capitale Sofia. Come ogni anno i numeri sono in crescita: 8.750 campioni di 51 paesi di tutto il mondo; 320 giudici internazionali (noi italiani eravamo circa 35, il 10%) suddivisi in 54 giurie, ognuna composta da giudici di differente nazionalità.
Il maggior numero di campioni sono arrivati da Francia, Spagna e 1.324 campioni dall’Italia.
Le regioni italiane con il maggior numero di campioni sono, nell’ordine: il Veneto (209 campioni), la Sicilia (195 campioni), la Puglia (179 campioni), la Toscana (145 campioni), l’Abruzzo (105 campioni)
In tre giornate abbiamo completato i test ed abbiamo anche effettuato delle visite in cantine locali.
I test sono stati effettuati rigorosamente alla cieca e si conosceva, oltre al colore, solo l’annata. Alla fine della sessione ci veniva fornita una lista con il nome dei vini, il vitigno utilizzato, la zona di provenienza: spesso neanche il nome del produttore.
Tra i campioni esaminati non c’erano grandi nomi (almeno per quelli italiani e francesi); c’è scappato qualche voto molto basso al di sotto di 75/100, ma sono stati elargiti anche voti al di sopra di 90 punti; segno che la qualità media è un valore praticato e riconosciuto su tutti i vini, di qualsiasi provenienza; Argentini o spagnoli, cinesi o sudafricani hanno tutti una qualità elevata ed un prezzo molto più basso dei nostri vini. Possiamo compensare con la lunga tradizione e sull’unicità dei vitigni autoctoni, ma non dobbiamo mollare assolutamente sulla qualità.
Il concorso, per certi versi faticoso, si è svolto, come sempre, nei migliori dei modi; con una formula collaudata, dove tutto è ben organizzato da persone esperte, guidate da Thomas Costenoble, Direttore del Concours Mondial de Bruxelles, e Karin Meriot, è risultato, invece, leggero e piacevole.
I vini italiani sono stati premiati con 374 medaglie: 240 d’argento, 121 d’oro e 13 Gran Medaglia Oro; la Sicilia ne ha vinte 64, il Veneto, la Toscana 43 e la Puglia 41
Le 13 Gran Medaglie d’Oro sono così distribuite: in testa la Sicilia con 3 Gran Medaglie Oro, poi
Toscana, Molise e Veneto con 2, infine una Gran Medaglia Oro per Abbruzzi, Lombardia,
Piemonte e Puglia.
Oltre alle medaglie, sono stati assegnati anche dei premi speciali ai vini che hanno ottenuto il miglior punteggio nella loro categoria:
Rivelazione per tipologia di vino
Gran Medaglia d’Oro -Rivelazione Bianco 2016
Aquilae Grillo Bio, Italia, Terre Siciliane IGP, CVA Canicattì
Gran Medaglia d’Oro -Rivelazione Spumante 2016
Champagne Diogène Tissier et Fils Cuvée N°17, FranciaChampagne, SARL Diogène Tissier et Fils
Gran Medaglia d’Oro -Rivelazione Rosé 2016
Turasan Blush Rosé, Turchia, Turasan Bagcilik ve Sarapçilik LTD. STI.
Gran Medaglia d’Oro -Rivelazione Rosso 2016
Podere Brizio Riserva, Italia, Brunello di Montalcino DOCG, Podere Brizio
Gran Medaglia d’Oro -Rivelazione Vino Dolce 2016
Domaine du Mont d’Or Sous l’Escalier, Svizzera, Petite Arvine du Valais, SA Domaine du Mont d’Or
Nei momenti liberi da degustazioni o visite, abbiamo potuto beneficiare di alcuni seminari; uno di questi era dedicato al Marsala, tenuto dal presidente del Consorzio del Marsala, Diego Maggio e dall’enologo Luciano Parrinello, che hanno tracciato una breve storia del marsala e ci hanno illustrato le caratteristiche di alcuni delle 29 espressioni. Al contempo, abbiamo assaggiato 4 deliziosi marsala.
Quest’anno c’è stata una coda al concorso: l’Ufficio del Turismo Bulgaro ha invitato una folta schiera di giornalisti a fare un tour nelle varie zone vitivinicole della Bulgaria nei tre giorni successivi, non disdegnando altri siti di interesse turistico e culturale. Questo programma, poi, è stato variato più volte; e, così, alla partenza del tour abbiamo capito che nei primi due giorni avremmo visitato un antico monastero e tre produttori nella zona sud-ovest della Bulgaria, percorrendo oltre 700 chilometri di strade, spesso sconnesse, con un pulmino abbastanza vecchio e scomodo.
Alla fine del tour, siamo stati riportati in un albergo di Sofia in atesa del volo per l’Italia quasi 24 ore dopo.
Il tour non è stato granché piacevole, anzi, piuttosto massacrante. Sicuramente non erano queste le intenzioni dell’Ufficio del Turismo Bulgaro: ci hanno presentato il lato peggiore sia dal punto di vista organizzativo che logistico-infrastrutturale di un paese che vorrebbe entrare nella UE; abbiamo visto,invece, un paese arretrato e statico.
Naturalmente c’è del buono; abbiamo visitato delle aziende ottimamente strutturate, con personale adeguatamente specializzato, ben attrezzate tecnologicamente in cantina, anche grazie ai finanziamenti europei. In linea di massima fanno degli ottimi vini; i vitigni autoctoni non hanno caratteristiche organolettiche particolarmente attraenti in Europa, ma con i vitigni internazionali riescono ad ottenere dei vini notevoli.
I “signori del vino” sono persone di media estrazione sociale, che si è arricchita facendo altro nella vita e si è poi inserita ed affermata in questo settore; e non hanno neanche il vincolo di rispettare tradizioni locali, legate generalmente, appunto, ai vitigni autoctoni.
La prima azienda visitata è stata l’Orbellus; la costruzione, nella parte epigea, adibita al ricevimento e lavorazione delle uve, ha una bizzarra forma di barrique interrata per la metà longitudinale. E’ stata fondata nel 2004, ha 25 ha vitati (più altri sei in allestimento), condotti a regime biologico: siamo nel distretto di Sandansky, al confine con la Grecia e la Mcedonia (ex Jugoslavia), dove l’andamento atmosferico, fresco e ventilato, lo permette.
Nove etichette in tutto: tre bianchi, un rosato e 5 rossi. Il primo bianco è prodotto con uve di un vigneto autoctono, il misket, un’uva abbastanza aromatica, molto simile a nostro moscato; il vino è floreale e intensamente fruttato, abbastanza persistente, sapido e fresco. Gli altri due sono dei blend di chardonnay con pinot grigio o con viognier, abbastanza riconducibili ai varietali d’origine.
La seconda azienda visitata è stata Villa Melnik; cantina moderna e surdimensionata per la trasformazione delle uve provenienti dai 30 ha con vitigni internazionali ed autoctoni. Naturalmente spicca il vitigno locale melnik 55. Tra i vini assaggiati segnalo senz’altro la migliore etichetta: AplauZ Premium Reserve Cabernet Sauvignon, che ha vinto la Medaglia d’Oro al CMB di Plovdiv won a Gold Medal. Ma lo stupore maggiore l’hanno destato due etichette: il Bergulé pnot noir, semplicemente delizioso, ed un inaspettato Bergulé sangiovese, molto ben interpretato.
La terza azienda è una bellissima e moderna Wine & SPA: Uva Nestum. Poco più di un ettaro e mezzo di vigneto per produrre 10.000 bottiglie.
Fra i quattro vini assaggiati quello che mi ha impressionato di più è stato Uva Nestum Cabernet Franc & Merlot; un vino concentrato e aderente ai varietali utilizzati.
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