di Mimmo Gagliardi
Un sabato sera umidissimo. Piove neve disciolta da stamattina e per questo il freddo si avverte in misura maggiore rispetto agli effettivi 3-4°C registrati. Contrariamente al solito sono sul divano a scrivere al pc quando la mia figlia più piccola viene vicino, mi guarda e mi fa: “Papy, scendiamo? Ti porto a bere una birra”. Istantaneamente smetto di scrivere e comincio a ridere. Lei, imperterrita, continua: “Mangiamo una pizza e tu bevi la birra”. A una tale esortazione non potevo che rispondere positivamente, così spengo tutto e ci prepariamo in un attimo per scendere. L’altra figlia, la più grande, meno disinteressata al cibo, mi chiede la nostra mèta. Le sorrido e dico: “dai fratelli Salvo a San Giorgio a Cremano”.
Il locale è bello pieno e c’è la fila ma, per fortuna, avevo cordialmente prenotato via telefono e quindi la nostra attesa è di pochissimi minuti. Francesco e Salvatore Salvo, con il fratello Ciro, costituiscono l’ultima delle tre generazioni di pizzaioli che si sono succedute nella storica sede di Largo Arso e mi accolgono con un sorriso. Sabato sera non è la serata ideale per le chiacchiere e i convenevoli, quindi ci dedichiamo poco tempo e non dovrebbe essere neanche il momento migliore per la pizza, data l’affluenza. Vedremo in seguito.
Ci accomodiamo e, prima di ogni cosa, chiediamo un tris di fritti con frittatina di maccheroni, supplì e arancino. I fritti dei Salvo sono mitici. La frittatina è preparata con i bucatini di Gerardo di Nola e i latticini del caseificio Bellopede&Golino di Marcianise (CE), e gli stessi latticini sono presenti nel supplì e nell’arancino.
Ad accompagnare i fritti scelgo la birra artigianale Vesuvia, la rossa del birrificio Maneba di Nello Marciano a Striano, e la sua nota dolce non tradisce le aspettative accompagnando piacevolmente il sapore dei latticini.
Arriva il momento della pizza. Salvatore Salvo mi guarda. Io guardo lui e lo sfido, visto che sfogliando il nuovo menù ho subito adocchiato la pizza che fa per me: “Papaccelle del Vesuvio e Conciato Romano. Il mio spirito Slow Food mi ha indicato la via da seguire”.
Entrambi i prodotti sono presidi Slow Food , quindi inclusi tra i prodotti tradizionali da tutelare.
Appena mi viene portata la pizza vengo rapito da aromi meravigliosi. A tratti prevale l’aromaticità del conciato, a tratti la dolceamara essenza della papaccella. Senza indugio procedo con l’assaggio: la pasta è morbidissima, leggerissima e cotta a puntino (nonostante sia sabato sera. Onore al merito.). In bocca l’alternanza di sapori tra i due ingredienti è un vero piacere. Il finale, sia al palato che negli aromi retronasali, ovviamente, è tutto per il conciato romano, anche se la papaccella tiene botta fino alla fine. E’ una pizza irresistibile e una volta terminata ne vorrei ancora, a testimonianza della leggerezza dell’impasto e del perfetto incastro gustolfattivo degli ingredienti. Buono anche l’accostamento con la birra rossa di Maneba che non contrasta con i sapori e gli odori ma li affianca.
Una volta terminata la pizza ne vorrei ancora, a testimonianza della leggerezza dell’impasto, dalla buona cottura e dalla bontà degli ingredienti. Anche le bimbe sono state felici delle loro enormi pizze (finite tutte, ovviamente). Gustare una buona pizza è possibile anche fuori Napoli, e l’APP per I-Phone e i-Pad appositamente creata dal blog di Luciano Pignataro e Monica Piscitelli è un utilissimo strumento per orientarsi in tal senso e la consiglio a tutti.
Purtroppo è venuto il momento di andare, è tardi e fa freddo per le piccole, quindi salutiamo i gentili e bravi fratelli Salvo.
Mentre vado via mi sovviene un pensiero: non so se Manuel Lombardi e Vincenzo Egizio abbiano mai provato questo connubio tra i loro prodotti, ma ora entrambi sanno dell’accostamento fatto dai Salvo e quindi sarebbe interessante organizzare un incontro qui con loro. Beh, Luciano, io ho lanciato l’idea…
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