Aperetivisti rinforzati e indeboliti, imbucati alle feste patronali, ansiosi presenzialisti dello jet set (leggasi iett’ set), scopritori notturni delle feste piu esclusive, frequentatori assidui del Billionarie e di ogni discoteca più ambita dove farsi notare, voi che avete anche il potere di far fallire le feste (cit), modaioli forsennati, influencer ricercati, cacciatori notturni di spritz, animatori instancabili di bar fracassoni nei centri cittadini, voi con le chiappe azzeccate a tutte le sedie della Piazzetta di Capri, RASSEGNATEVI!
Il compleanno dei 50 anni di Luigi Tecce è stato il festone più cool dell’anno tra delizie gastronomiche, vino e la musica derviscia di Vinicio Capossela, le note di Roy Paci, il focone anti covid nel quale sono state bruciate janare e fatture nel cuore della notte.
Permette signorina? Sono il re della cantina. 50 anni festeggiati sulla collina anarcoide di Paternopoli tra volpi disturbate e gente libera da ogni modulo da firmare. Una festa che ha seguito il modello di altre simili organizzate nella sua cantina a Paternopoli, ma stavolta pensata alla grande in cui ogni dettaglio è stato curato nei minimi termini pur lasciando a chi ha partecipato, almeno trecento persone arrivate da tutta Italia e anche dall’estero, quel senso di libertà fisica sotto le stelle che rilasciano le colline dell’Alta Irpina e il Formicoso. Territori purissimi dove la realtà si fonde nell’irrealtà delle favole e delle leggende fatte musica da Vinicio, in prima linea per evitare che diventasse la discarica di chi non ha saputo risolvere il problema della munnezza a casa propria.
Luigi Tecce diventa un personaggio nel mondo del vino quando si prende in carico le vigne ereditate dal nonno e dal padre, perso quando era molto giovane. In quelle vigne, molte prefillossera, è cresciuto e nel produrre il suo Aglianico dimostra ben presto una sensibilità istintiva uguale solo, tra quelli che abbiamo conosciuto, ad Antoine Gaita, il suo alter ego bianco del Fiano. I suoi vini, appena qualche migliaio di bottiglie da circa 5 ettari di terreno, vengono ben presto notate da Luca Gàrgano che con la sua Triple A certifica uno stile di vino legato al territorio, rispetto dell’ambiente, ma soprattutto ben fatto. L’Aglianico di Luigi si nutre della sua cultura poltica e letteraria, ma anche di amicizie importanti, come quella di Vinicio Capossella: tra i due scatta una reciproca simpatia istintiva, si riconoscono, il musicista decide di disegnare l’etichetta del Poliphemo di Luigi che a sua volta si chiama così da una canzone.
La festa dei 50 raccoglie produttori ed enologi amici di sempre (Maura Sarno, Antonella Lonardo, Angelo Muto, Giovanni Ascione, Sabino Loffredo, Diamante Gaita, Fortunato Sebastiano, Carmine Aliasi, Luigi Sarno, Mario Notaroberto), enotecari, critici, giornalisti, musicisti (c’è anche Roy Paci a suonare la notte dopo la mitica apertura dell’organetto di Zi ‘Ntonio), ristoratori, importatori: insomma l’Italia che va e che ha resistito al Covid, il Diavolo del Medioevo arrivato sotto forma di virus nell’era moderna dopo essere stato Woland nell’ex Unione Sovietica e bruciato nel focone appiccato poco prima di mezzanotte.
Il fuoco si alza mentre dal palco giostra suona Vinicio Capossela, il vino scorre e la festa parte con i piatti dei ristoratori del luogo dopo i salumi di Ciarcia e le pizze a portafoglio dei forni Graziosi: Megaron e Il Caminetto di Paternopoli, il mitico La Ripa a Rocca San Felice, Il Vecchio Mulino di Castelfranci mentre la mescita è stata affidata alla Vineria La Posta di Grottaminarda.
Il vino si conferma in questa occasione davvero bevanda magica, nonostante la spinta commerciale e comunicativa, riesce ad andare al di là degli storytelling e dei packaging pensati da uffici di vendita e di comunicazione puntando dritto al cuore come forse il mondo della pizza e della gastronomia non è più capace di fare. Questo accade quando però alle spalle c’è un personaggio vero, non inventato, proprio come Tecce.
La festa di dieci anni fa
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