In questi anni ci siamo spesso occupati di viticoltori campani impegnati al lavoro fuori dalla regione: sono tanti e ovunque si sono affermati con i loro vini. Da Guido Zampaglione alla Tenaglia in Piemonte, da Olga Peluso di Tenuta Friggiali a Gianpaolo Motta in Toscana. E tanti sono nelle regioni limitrofe, in Puglia e in Lazio. In quest’ultima si può spaziare agevolmente senza legarsi troppo alla filosofia dell’autoctono che invece caratterizza in maniera ferma e indiscutibile la Campania e si può dunque sperimentare. Questa settimana vi parliamo di un rosso ciliegioso e ricco di sentori dolci come la liquirizia: si chiama Cominium, come l’azienda che lo produce nella Valle di Comino nel cuore della Ciociaria, siamo nel comune di Alvito che rientra nell’areale della doc Atina, ancora poco conosciuta. Qui si svolge l’avventura dell’imprenditore, da quattro generazioni, Giuseppe Pinto e del chirurgo universitario Angelo Cosenza che hanno avviato nel 1999 questa azienda in un territorio che in passato faceva parte a pieno titolo del Regno delle Due Sicilie, dove la viticoltura trae origini nell’800 quando l’agronomo e allora ministro dell’Agricoltura Pasquale Visocchi importò da Bordeaux i tre vitigni usati per il classico taglio bordolese: cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot. Circa 24 ettari tra olivi e ortaggi, 13 vitati su suolo argiloso calcareo compreso tra i 410 e i 500 metri. Il lavoro in campagna non fa sconti, la resa per ettaro raramente supera i 50 quintali. Dal 2006, anno della prima vendemmia, la gestione è nelle mani di Armando, figlio di Giuseppe, laureato in Economia e poi approdato all’agricoltura attraverso un master universitario a Firenze e numerose collaborazioni con diverse aziende italiane. Esce proprio in questi giorni il 2007 a poco meno di sette euro franco cantina, presentato ad Agnano al Centro Porsche: una cifra più che abbordabile pur se raddoppiata al ristorante, per bere un rosso di carattere e già in buon equilibrio grazie alla evoluzione del millesimo, in cui il legno è usato con parsimonia, come testimonia la freschezza vibrante su cui si sostiene la beva saporita. In effetti si procede per vinificazioni separate in acciaio, compresa la malolattica, prima dell’assemblaggio per poi procedere all’elevamento in legno grande per circa sei mesi e in bottiglia per altri cinque. Un vino semplice, immediato, godibile, buon compagno di molti cibi ma anche autoreferente con uno sfizio al winebar.