È fuor di dubbio uno dei formaggi più antichi e apprezzati, prodotto con gli stessi ingredienti di un tempo (latte crudo, caglio e sale), ma, oggi, seguendo un rigoroso disciplinare che si fonda su metodiche precise, una dieta particolare per le bovine e uno specifico regolamento di marchiatura.
Il Parmigiano Reggiano è, però, il re dei formaggi anche grazie alla sua straordinaria versatilità e a una complessità di aromi e sapori che non è da ascrivere solo all’alimentazione del bestiame e alla tecnica di lavorazione, ma anche ai lunghi tempi di maturazione. Sono, infatti, i fenomeni di proteolisi e lipolisi che avvengono all’interno di ogni forma, agevolati dalla temperatura e dall’umidità dell’ambiente di stagionatura, a far sì che, con il passare dei mesi, il formaggio assuma le caratteristiche organolettiche che gli sono proprie e che conoscono un’evoluzione senza sosta.
Tutto ha inizio con la messa in forma, quando la massa di formaggio cotto è posta in uno stampo e quindi, per due giorni, in fascere di acciaio per assumere l’aspetto caratteristico. Segue la salatura, con l’immersione delle forme in una soluzione satura di sale da cucina per una ventina di giorni, durante i quali il sale entra nel formaggio, per poi distribuirsi gradualmente in tutta la sua massa nei successivi dieci mesi. Per contro, dal formaggio verso la salamoia fuoriesce acqua: un processo che continua anche quando il Parmigiano Reggiano è portato nella cabina di asciugatura e nel magazzino di stagionatura, dove è mantenuta un’umidità relativa dell’85-90% proprio per evitare un’eccessiva perdita di acqua.
È grazie all’acqua che possono verificarsi i processi enzimatici che portano all’evoluzione strutturale e sensoriale del formaggio. I batteri lattici, che trasformano il lattosio in acido lattico, infatti, liberano enzimi impegnati in un processo proteolitico che, andando a scindere i legami tra gli amminoacidi, i costituenti delle proteine, rende queste ultime sempre più disgregate, determinando, nel tempo, evidenti cambiamenti nella struttura del Parmigiano Reggiano e nelle sue caratteristiche sensoriali.
Come cambia la struttura
Al termine del primo anno di maturazione nel formaggio prevalgono ancora, al tatto, elasticità e compattezza, sebbene inizi a essere apprezzabile una certa friabilità. Solo a 24 mesi, però, il formaggio si presenta friabile e granuloso. A dimostrazione dell’elevato grado di proteolisi raggiunto, inoltre (che si traduce in una maggiore digeribilità del prodotto), fanno la loro comparsa cristalli di tirosina, un amminoacido libero.
Ancor più friabile, asciutto e granuloso risulta un Parmigiano Reggiano che abbia raggiunto i 36 mesi. Ecco perché queste stagionature si prestano a essere grattugiate: grazie alla sua struttura il formaggio è già predisposto a essere frantumato.
Col tempo, però, ad aumentare è anche la solubilità. Dal momento che la componente proteica viene sempre più frazionata in amminoacidi liberi immediatamente solubili, un formaggio giovane nel brodo fa il filo, se, invece, è ben stagionato si scioglie. E lo stesso vale all’assaggio diretto. Un Parmigiano di 12 mesi necessita una lunga masticazione; uno di 24 o 36, invece, si frantuma e scioglie velocemente.
L’evoluzione sensoriale
Di pari passo con quelle strutturali, anche le caratteristiche gustative e aromatiche del Parmigiano Reggiano sono in continua evoluzione.
Un formaggio giovane di 12-15 mesi, per esempio, ha un sapore dolce con possibili punte di acidità e aromi che riportano al latte, al burro fresco e allo yogurt, accompagnati da note di verdura lessa (soprattutto cavolo e patata). Si può dire che il Parmigiano Reggiano di un anno è ancora inespresso, tende ad assomigliare ad altri formaggi più anonimi e non ha ancora raggiunto una struttura e un aroma caratteristico. Con la maturazione, al dolce si sostituisce gradualmente un’apprezzabile ed equilibrata sapidità, fino a che, a 24-28 mesi, il Parmigiano Reggiano raggiunge la sua espressione più tipica, sia al naso che al palato. Dal punto di vista olfattivo, accanto al latte e al burro compaiono allora note di burro fuso, aromi di frutta fresca (in particolare ananas e agrumi) o secca (noci e nocciole). Inoltre, inizia a farsi percepibile il sentore di brodo di carne, che diventa molto spiccato in una stagionatura di 36-48 mesi, accanto a un sapore e a una sapidità più decisi e ad aromi di spezie (noce moscata e pepe) e frutta secca. A determinare, in particolare, l’aroma di brodo di carne, che i giapponesi definiscono “umami”, sono gli amminoacidi liberati dalla proteolisi: tra questi figura anche l’acido glutammico che, andandosi a legare con il sale del formaggio, forma il glutammato di sodio.
Va infine detto che, proseguendo l’invecchiamento, il Parmigiano Reggiano potrebbe presentarsi non più così equilibrato come in precedenza.
Il valore del Parmigiano Reggiano per un pizzaiolo
Sono molte le pizzerie che propongono versioni di pizza con il Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti; in particolare nella Margherita autenticamente napoletana. Del resto, spiegano dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, “a volte ci sentiamo dire che il Parmigiano Reggiano è caro, non è così e crediamo sia importante un dialogo più stretto tra pizzaiolo/ristoratore e produttore, sia per un fattore economico sia per avere la possibilità conoscere meglio il prodotto per raccontarlo ai propri clienti nel modo più appropriato e intrigante, come sa essere questo formaggio sulla tavola”.
In ogni caso se prendiamo alcune tipologie di piatti in cui è previsto l’utilizzo di questo formaggio, l’incidenza sul food cost è la seguente: su un piatto di pizza una grattugiata o qualche scaglia di Parmigiano Reggiano di 10 grammi di un 24 mesi costa meno di 20 centesimi; su un carpaccio, 70 grammi di scaglie 24 mesi hanno un valore di inferiore all’euro; in una verticale con 40 grammi per le tre tipologie di stagionatura ha un costo complessivo nell’ordine di grandezza dei 2 euro.
“Si tratta di incidenze minime che, in compenso, garantiscono un elevato valore aggiunto all’offerta del ristorante. – proseguono dal Consorzio – Inoltre suggeriamo sempre di far vedere il prodotto, ad esempio grattugiandolo di fronte al cliente affinché possa verificarne l’autenticità. Si tratta di un gesto semplice ma che consente di raggiungere alcuni importanti risultati: la serietà del ristoratore o del pizzaiolo, la freschezza della materia prima, il risparmio di tempo nel riempire formaggere. Inoltre abbiamo notato che moltissimi clienti adorano fotografare il gesto di una spolverata di Parmigiano Reggiano sulla pizza o sulla pasta”.
A ogni stagionatura il suo utilizzo
- 12-15 mesi: il Parmigiano Reggiano ancora giovane può essere proposto come aperitivo e accompagnato da frutta fresca, in particolare pere e mele verdi, o sposato a una mostarda non troppo piccante.
Avendo ancora una buona umidità, tagliato sottile si può utilizzare sopra uova al tegamino o in involtini con fettine di carne o prosciutto. È ottimo in insalate di frutta e verdura.
- 24-28 mesi: tagliato a petali arricchisce insalate di frutta (pere, mele, pompelmo, arancia), condite con Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o di Reggio-Emilia. Si accompagna, inoltre, a frutta secca di ogni tipo: noci, nocciole, fichi e prugne, e a mostarde piccanti.
Per la sua solubilità e i suoi aromi, è il più adatto a entrare nei ripieni delle paste tipiche della via Emilia e non solo. È, inoltre, il più appropriato da utilizzare, grattugiato o in scaglie, sulla pizza.
- 36-48 mesi: dal carattere deciso e determinato, si può offrire a fine pasto con un vino da meditazione e abbinato a mieli o marmellate, che tendono ad attenuare la spigolosità apportata dalla lunga stagionatura.
Può essere miscelato al 24 mesi in ripieni di paste fresche.
- Crosta
Non dimentichiamo l’utilizzo della crosta, che si può aggiungere al minestrone o al brodo di carne, ed eventualmente tagliuzzare e servire insieme ai pezzi di carne del bollito. Prima dell’utilizzo, però, è indispensabile raschiarla bene, eliminandone almeno un paio di millimetri, in modo da ripulirla dalla patina di polvere che si è depositata su di essa nei magazzini di stagionatura.
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