La stanza di Carmen: Il tortano e l’ode allo strutto

Pubblicato in: La stanza di Carmen
Tortano

di Carmen Autuori

E’ iniziata la maratona gastronomica di Carnevale, l’occasione giusta in cui è “licet insanire”. Una sorta di viaggio ipercalorico, il più delle volte demonizzato dalle nuove tendenze nutrizionali, ma che conserva il fascino della trasgressione, retaggio di quell’albero di Cuccagna tanto caro al popolo campano (e un po’ a tutte le popolazioni meridionali) di cui diffusamente ci parla Matilde Serao nel suo Il Paese di Cuccagna

Lasagne, migliacci salati e dolci, salumi di ogni genere, chiacchiere e sanguinaccio    sono solo alcuni dei piatti che contraddistinguono la tavola di questo mese, febbraio, che pur essendo caratterizzato dalle temperature ancora rigide, già strizza l’occhio alla primavera e alla rinascita della natura.

Uno dei protagonisti del Carnevale popolare a tavola, soprattutto nelle zone rurali, è il tortano, complice il fatto che da poco è terminato anche il rito dell’uccisione del maiale. Ma il nome non deve trarci in inganno: a differenza di Napoli dove è pietanza squisitamente pasquale e comprende una maggiore ricchezza di ingredienti quali il salame, l’uovo sodo, il formaggio, nella cultura gastronomica contadina, invece, il tortano è composto sostanzialmente da due ingredienti, oltre alla pasta di pane: strutto e cicoli di maiale. Questi ultimi sono pezzi di grasso disidratato, friabili e gustosi,  da cui è stato estratto lo strutto o sugna. Essi rimandano ad un rito antichissimo, antecedente all’era cristiana: l’uccisione sacrificale del maiale, simbolo di fecondità e benessere, ma anche di rinascita della natura. Nell’antico Egitto, infatti, la scrofa che divora i suoi piccoli rappresenta Nut, la dea del cielo, i cui figli, le stelle, muoiono al mattino per rinascere la sera.

Ma torniamo al nostro tortano il cui ingrediente fondamentale è lo strutto chiamato anche sugna che non può mancare, tanto è vero che la peggior offesa che si possa fare ad una persona inutile è quella di paragonarla a : “nu tortano senza ‘nzogna”.

Oggi parlare di strutto sembra quasi una bestemmia per la linea e per la sana alimentazione. Mentre i grani antichi, il lievito madre, lo zucchero di canna grezzo, le farine integrali sono diventati le nuove divinità della cucina, lo strutto non viene mai menzionato se non per elencarne gli effetti deleteri, eppure esso è parte integrante di quella tradizione tutta italiana che cerchiamo in tutti i modi di valorizzare. Da Nord a Sud non c’è regione che non preveda l’uso di questo ingrediente: in Emilia Romagna per le piadine, in Campania nell’impasto della pizza e per friggere le zeppole, le chiacchiere o le patate, in Puglia nei pasticciotti, in Sicilia per i cannoli così come in tante altre ricette tipiche che oggi preferiamo con olio di oliva, burro o, peggio, molto più spesso con margarina.

Furono gli spagnoli dal Cinquecento in poi a diffondere questo grasso animale chiamato “saim” soprattutto in Sicilia. Il termine nel corso del tempo si è trasformato in “saìmi” ed è ancora in uso nel dialetto palermitano.

In realtà già in epoca pre- romana il grasso di maiale usato come condimento era molto diffuso. E’ vero che Apicio nel De Coquinaria parla soprattutto di olio d’oliva, vero simbolo della civiltà agricola latina, ma la sua era una cucina per ricchi, mentre quella contadina era già caratterizzata dall’uso di strutto in quanto in ogni casa si allevava il maiale.

A dispetto della sua nomea, fa molto meno male di quello che si crede. Ha un’elevata quantità di vitamina D e più grassi monoinsaturi (quelli buoni) di quanti ne abbia il burro, ma soprattutto ha un punto di fumo elevato per cui è adatto a cotture ad alta temperatura come la frittura.

La ricetta che segue ne prevede una quantità che potrebbe sembrare eccessiva, ma il tortano deve avere al taglio un aspetto sfogliato, in quanto si differenzia dal pane con i cicoli che invece è più compatto. Abbondiamo dunque con questo gustoso condimento e godiamocene una fetta, senza troppi sensi di colpa, perché di strutto non è mai morto nessuno.

Ingredienti per 2 tortani medi

1 kg di farina

400 g di strutto

15 g di lievito di birra

600 ml di acqua circa

Sale

Pepe

400 g di cicoli

Procedimento

Impastare la farina con il lievito disciolto in acqua a temperatura ambiente, 100 g di strutto precedentemente ammorbidito, il sale e una generosa dose di pepe. Lavorare fino a quando l’ impasto raggiunga una consistenza liscia ed elastica. Lasciar lievitare fino al raddoppio, ci vorranno circa 3 ore.

Dividere il composto in due parti uguali, allargare con le mani sulla spianatoia dando la forma di un rettangolo. Farcire con il restante strutto morbido, cospargere con i ciccioli ed arrotolare il tutto.

Mantenendo ben salda un’ estremità del rotolo, con movimenti circolari, dare ad esso la forma di una spirale. Chiudere a ciambella e, dopo averlo spennellato con altro strutto, lasciar lievitare per ancora un’ora. Infornare per circa 25 minuti a 200°. Consigliamo di consumarlo caldo per poterne apprezzare tutta la fragranza.


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