Come si mangia la pizza napoletana |Stage on line, alias Non è mai troppo tardi in quattro capitoli e due segreti

Pubblicato in: La Pizza e basta

Non è certo un merito nascere in un luogo piuttosto che in un altro, ma può aiutare in alcune cose, come per esempio capire istintivamente il vino rosso in Piemonte, la pasta fatta in casa in Emilia, la cassata in Sicilia o la pizza a Napoli.

Negli ultimi trent’anni il numero di pizze offerte è cresciuto a dismisura perché non c’è più limite al reperimento dei prodotti e molti gusti, dai quarantenni in giù, non si sono più formati in famiglia ma indotti dalla televisione.

C’è comunque un percorso molto chiaro per capire il valore di un pizzeria.
Eccolo

1-In primo luogo provare i fritti

 

Se la frittura è pulita e asciutta, se la crosta è bella tosta e funge da involucro al pezzo, allora si può andare avanti.

2-Provare la marinara

La marinara è il vero banco di prova di ogni pizzaiolo. Indicativa della qualità del pomodoro e della capacità di cucinare l’impasto. Il trancio all’inizio è sottile pochi millimetri e questo in bocca si deve tradurre in un morso di perfetto equilibrio in cui il pomodoro e la pasta della pizza non devono sentirsi separatamente come capita al 99% delle pizze fatte fuori Napoli. Si devono fondere, in più bisogna vedere se non si è giocato troppo di sale, tipico di chi non fa un buon impasto o usa uno scarso pomodoro. Per tradurre a chi segue il vino: legno e frutto non devono distinguersi né al naso e né in bocca.
Si inizia a mangiare dalla punta della fetta e poi si risale piano piano verso il cornicione che deve essere ben alveolato. A quel punto la sensazione panosa prevale, ma serve a ripulire il palato e dunque alla fine bisogna avere la bocca in perfetto equilibrio, pulita ma non asciutta con ancora i rimandi del pomodoro freschi ai lati della lingua e la sensazione di dolce del pomodoro e del grano sopra. Non ci deve essere untuosità, l’olio deve servire non a condire ma come esaltatore di sapore.

 

3-La margherita

La margherita è la portata principale. I princìpi devono essere gli stessi della marinara, in più si aggiunge la difficoltà della mozzarella o del fiordilatte che deve essere anch’esso ben amalgamato e non un sapore distinto. Mai. Purtroppo in questi ultimi dieci anni c’è la tendenza a metterne di più ma questo, oltre ad aggiungere inutili calorie, serve spesso a coprire l’impasto fatto male o il pomodoro scarso. Se ci fate caso, tutte le pizze industriali o quelle degli Autogrill non lesinano formaggio. Il principio è: mangereste un pomodoro e una mozzarella da 200 grammi o dieci pomodori e una mozzarella da 200 grammi?
Naturalmente la devastazione del gusto provocata dalle multinazionali del cibo, a cominciare dallo svezzamento con gli omogeneizzati, tende a rendere tutto dolce e morbido per avere consenso palatale e vendere di più.
Ma il palato esercitato cerca il giusto equilibrio tra il dolce e l’acidità, la bocca non deve essere lasciata stanca e appagata prima dello stomaco, ma deve sempre chiedere il boccone successivo grazie alla salivazione. Per tornare al paragone con il vino: la bottiglia deve finire e non stancare al primo bicchiere con la dolcezza.
Ecco perché il vero intenditore, o la persona di una certa età, preferisce la marinara con la quale misura l’abilità del pizzaiolo alzandosi da tavola molto più leggero.

4-La pizza di fantasia

Solo a questo punto della degustazione si può chiedere una pizza espressione della fantasia del pizzaiolo per misurare la creatività. Non mancano cose oscene e rappresentazioni trash e in genere è meglio evitare. Solo quelli davvero bravi sanno aggiungere qualcosa senza scadere nel caricaturale. La cosacca dei Fratelli Salvo, con pomodoro San Marzano e pecorino bagnolese è un esempio di efficace semplicità.

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Ci sono poi alcuni trucchi per testare una pizzeria al meglio.
Il primo segreto, che ben conoscono tutti i napoletani, è mettersi il più vicino possibile al forno. Eduardo la mangiava in piedi appena sfornata: la pizza deve essere calda, deve scottare e la temperatura fa la differenza, soprattutto nella margherita perché il latticino tende subito a rapprendersi e a separarsi dal pomodoro.
La differenza tra la pizza napoletana e le altre è che la prima non può mai essere riscaldata a meno che non sei digiuno da una settimana, mentre le altre sì, a cominciare dalla pizza a metro di Vico Equense.

La seconda è andare in pizzeria quando il forno si è già equilibrato e ha già fatto un po’ di pizze. Molti del Nord provano la sensazione del poco cotto perché vanno al loro orario di pranzo o di cena:-)
A Napoli ci sono abitudini più spagnole e bisogna sempre splittare almeno di un’ora per cogliere il forno al meglio. Per capirci, tra le 14 e le 15 a pranzo e tra le 21,30 e le 23 di sera.

Ecco fatto. Alla prossima lezione


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